Artalkers

Sara Piccinini racconta la Collezione Maramotti e il Max Mara Art Prize for Women, fra innovazione ed empowerment femminile

Sara Piccinini condivide la sua esperienza come curatrice di una straordinaria collezione d’arte contemporanea di fama internazionale, originata dal fondatore di Max Mara, Achille Maramotti e racconta l’edizione 2022-2024 del Max Mara Art Prize for Women, un’iniziativa lanciata nel 2005 dalla Whitechapel Gallery in collaborazione con il Max Mara Fashion Group.

Collezione Maramotti, Ingresso lato Nord

Collezione Maramotti, Ingresso lato Nord | Ph. Claudia Marini

L’artista britannica Dominique White è la vincitrice della nona edizione del prestigioso premio biennale con il progetto “Deadweight”, ispirato alla forza rigenerante del mare. Le sue sculture raccontano storie di trasformazione e riscatto, e sono ispirate dal concetto di Blackness.

Il Max Mara Art Prize for Women celebra la diversità che le artiste apportano all’arte contemporanea, sostenendo il talento femminile. Il premio offre alle vincitrici le risorse necessarie per realizzare un progetto che culmina in una grande mostra personale, presentata alla Whitechapel Gallery di Londra e alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, dove il lavoro entra a far parte della collezione.

La Collezione Maramotti ha sede nell’ex stabilimento della casa di moda Max Mara, concepito nel 1957 come uno spazio versatile. Nel 2003, la fabbrica si è trasferita e l’edificio è stato adattato per ospitare una collezione di livello museale, che comprende diverse centinaia di opere d’arte, riflettenti le principali tendenze artistiche italiane e internazionali dalla seconda metà del XX secolo a oggi, con oltre duecento opere in esposizione permanente.


Dominique White: ineligible for death, 2024 - Max Mara Art Prize for Women, Collezione Maramotti Reggio Emilia

Dominique White: ineligible for death, 2024 -Legname, ferro forgiato | Ph. Dario Lasagni

Potrebbe raccontare brevemente il progetto di Dominique White e quali opportunità concrete ha offerto la residenza italiana alla crescita dell’artista?

Sara Piccinini: White ha vinto Il Max Mara Art Prize for Women con una proposta di progetto articolata intorno ai concetti di afrofuturismo, afro-pessimismo e idrarchia e incentrata sul mare come possibile mondo alternativo di ribellione e trasformazione. Deadweight, il titolo del progetto, fa riferimento al tonnellaggio di portata lorda, l’unità di misura che calcola il peso complessivo che una nave può trasportare – la somma di merci, carburante, provviste, equipaggio, ecc. – restando a galla e navigando senza criticità.

A White interessava utilizzare questo parametro per capire invece il punto di ribaltamento della nave, esplorando l’ipotesi di affondarla, distruggerla e liberarne il carico. Metaforicamente certo, ma non solo, per creare un futuro in cui la Blackness possa diventare realtà, superati gli attuali sistemi politici ed economici.

Durante i mesi di residenza in Italia l’artista ha avuto l’opportunità di toccare diverse tappe (Agnone, Palermo, Genova, Milano, Todi) per fare ricerca, visitare fonderie e confrontarsi con accademici, specialisti di storia marittima ed esperti arrivando a sperimentare diverse tecniche, sia storiche che contemporanee, di lavorazione dei metalli. Con il nostro supporto, ha potuto anche realizzare qualcosa che desiderava da tempo: immergere le strutture in ferro che compongono le sue sculture nelle acque del Mar Mediterraneo – gesto fisico e poetico che ha dato corpo al potere trasformativo dell’acqua, conferendo alle opere ossidate un’apparenza arcaica, ma anche fragile e transitoria.

Dominique White nel suo studio a Todi / Dominique White in her studio in Todi, 2024

Dominique White nel suo studio a Todi, 2024 | Ph. Zouhair Bellahmar

Com’ è composta e quali criteri utilizza la giuria per valutare le proposte delle artiste per il premio? Ci sono elementi specifici che cercate nelle loro opere?

Sara Piccinini: La selezione delle finaliste e della vincitrice del Max Mara Art Prize for Women fanno capo a una giuria che cambia per ogni edizione del premio, sempre presieduta da Whitechapel Gallery e composta da donne protagoniste della scena artistica britannica.

Nel caso della nona edizione (2022-2024) la giuria di esperte era composta dalla gallerista Rozsa Farkas, dall’artista Claudette Johnson, dalla scrittrice Derica Shields e dalla collezionista Maria Sukkar, e presieduta dalla curatrice ospite del premio Bina von Stauffenberg, in collaborazione con Gilane Tawadros, direttrice di Whitechapel Gallery.

Alle finaliste è stato chiesto di elaborare una proposta di progetto in relazione all’Italia, nel contesto di una residenza itinerante di sei mesi organizzata dalla Collezione Maramotti.
Il premio è aperto a qualsiasi tipo di espressione artistica, dalla pittura alla scultura, dalle immagini in movimento all’installazione, ma è nato per supportare artiste emergenti a realizzare un progetto ambizioso e significativo, mettendo loro a disposizione risorse e visibilità.

Quindi ad esempio una condizione importante è che le artiste, indipendentemente dalla loro età, non abbiano ancora avuto mostre personali di rilievo. Il legame con il Regno Unito, dove le artiste selezionate hanno la loro base, deriva, naturalmente, dalla partnership di lungo corso con Whitechapel Gallery. 

Emma Talbot : The Age/L’Età, 2022 – veduta di mostra  | Collezione Maramotti, Reggio Emilia

Emma Talbot : The Age/L’Età, 2022 – veduta di mostra | Collezione Maramotti, Reggio Emilia | Ph. Dario Lasagni

Potrebbe condividere alcune storie di successo di artiste vincitrici degli anni precedenti e come il premio ha impattato le loro carriere?

Sara Piccinini: Tante artiste, dopo aver vinto il Max Mara Art Prize, hanno ottenuto riconoscimenti molto importanti e, credo, nel lavoro successivo di tutte loro questa esperienza ha lasciato una traccia profonda.

Laure Prouvost, vincitrice della quarta edizione, ha vinto il Turner Prize alla fine del 2013 e negli ultimi dieci anni è stata invitata ad esporre il suo lavoro nelle maggiori istituzioni internazionali (tra cui il New Museum, il Museum Für Moderne Kunst di Francoforte, High Line, Palais de Tokyo, M HKA, Bonnefanten…), arrivando a rappresentare la Francia con il suo padiglione nazionale alla Biennale di Venezia del 2019.

La vincitrice dell’ottava edizione, Emma Talbot, è stata invitata da CIRCA a concepire un’opera originale per i grandi schermi su Piccadilly Circus nel 2021 e le sue opere – prodotte tra l’altro a Reggio Emilia, nello stesso studio dove l’artista ha creato il progetto per il Max Mara Art Prize e dove tuttora lavora, dopo essersi trasferita da Londra – sono state scelte da Cecilia Alemani per la sua 59a Biennale di Venezia, Il latte dei sogni.

Collezione Maramotti: Veduta di sala, open space 1° piano | opere di Anselm Kiefer, Ettore Colla

Collezione Maramotti: Veduta di sala, open space 1° piano | opere di Anselm Kiefer, Ettore Colla | Ph. Cesare Di Liborio

In che modo il premio contribuisce al discorso sulla diversità e sull’inclusione nel panorama artistico contemporaneo?

Sara Piccinini: Il premio esiste da vent’anni. L’empowerment femminile, insieme alla stretta relazione con l’arte e la creatività, fa parte della storia, del dna di Max Mara. Le specificità del premio, nato per sostenere il lavoro di donne artiste (e, dal 2019, artiste che si identificano come donne) in un momento cruciale della loro carriera, lo rendono unico, e in qualche modo pioneristico, nel panorama internazionale.

Oltre al sostegno economico, la residenza di sei mesi in Italia, organizzata a partire dal progetto dell’artista, offre un grande dono di tempo e di spazio per la ricerca, la scoperta, la sperimentazione. È un’esperienza significativa, che ha lasciato segni profondi e duraturi nel percorso (e, a volte, nella vita) delle vincitrici. Naturalmente la mostra che ne risulta, presentata alla Whitechapel Gallery e alla Collezione Maramotti, dà ampia visibilità all’artista, le cui opere entrano poi a far parte della nostra Collezione – chiudendo così il cerchio del supporto dato dal premio. 

Penso che il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro delle artiste, pur in un contesto culturale sempre più sensibile alle questioni legate alla parità di genere, continui a essere fondamentale: le cose fortunatamente stanno cambiando, si stanno muovendo in questa direzione, ma non ovunque e non alla stessa velocità.

Collezione Maramotti, Veduta di sala | opere di Krištof Kintera

Collezione Maramotti, Veduta di sala | opere di Krištof Kintera | Ph. Dario Lasagni

Quali criteri utilizzate per selezionare nuove opere da aggiungere alla collezione Maramotti, e come si pianifica l’inserimento di opere contemporanee in un contesto che è già fortemente ancorato ai movimenti del passato?

Sara Piccinini: Le logiche di una collezione privata sono ovviamente differenti da quelle che guidano un’istituzione pubblica. Il percorso di visita della nostra esposizione permanente è introdotto da una citazione di Walter Benjamin: “Il motivo più profondo del collezionista può essere forse così circoscritto: egli intraprende una lotta contro la dispersione. Il grande collezionista originariamente è colpito dalla confusione, dalla frammentarietà in cui versano le cose di questo mondo (…)

Il collezionista riunisce ciò che è affine, in tal modo può riuscirgli di dare ammaestramenti sulle cose in virtù della loro affinità o della loro successione nel tempo”. Riunire ciò che è affine, far emergere legami e suggestioni tra le opere della Collezione è, dagli anni Sessanta e ancora oggi, il principio che accompagna l’esplorazione della famiglia Maramotti nell’arte contemporanea e l’acquisizione di nuove opere – che, in gran parte, derivano dai progetti temporanei che presentiamo nei nostri spazi.

L’attenzione all’evoluzione del linguaggio pittorico, insieme a un interesse per momenti espressivi particolarmente innovativi e di sperimentazione nel percorso degli artisti, sono fili rossi che attraversano tutta la Collezione. E la rendono coerente.

Collezione Maramotti. Veduta di sala  | opere di  Peter Halley

Collezione Maramotti, Veduta di sala | opere di Peter Halley | Ph. Dario Lasagni

Ci sono artisti o movimenti artistici che ritenete non siano stati adeguatamente rappresentati nella collezione e per i quali state cercando opportunità di inclusione futura?

Sara Piccinini: Non c’è una volontà di esaustività, di necessaria completezza. Ogni opera della Collezione racconta un incontro con un artista o con la sua opera, non sempre programmato o programmabile. Anche per questo nessuna opera della Collezione è mai stata venduta: ognuna rappresenta un tassello, il nodo di una storia.

Dato che la maggior parte delle opere che oggi entrano a far parte della raccolta sono legate ai progetti temporanei che presentiamo, cerchiamo di mantenere un equilibrio tra diverse necessità: una programmazione espositiva regolare, la possibilità di scoperta – anche serendipica – di nuovi artisti di interesse dei collezionisti, il tempo necessario per lo sviluppo di un corpus organico di nuove opere. 

Claudio Parmiggiani: Caspar David Friedrich, 1989 - Collezione Maramotti Reggio Emilia

Claudio Parmiggiani: Caspar David Friedrich, 1989 | Ph. Dario Lasagni

Potrebbe parlarci delle sfide e delle opportunità legate alla curatela di una collezione che mira a rappresentare tendenze artistiche sia nazionali che internazionali, come vi impegnate a rimanere pertinenti e attuali in un panorama artistico in continua evoluzione?

Sara Piccinini: Nel rispetto dell’approccio di Achille Maramotti (primo collezionista dalla Famiglia e fondatore di Max Mara) collaboriamo con artisti emergenti o mid-career, spesso alla loro prima esposizione personale nel nostro paese. Sarà questo il caso, ad esempio, di Roméo Mivekannin, con cui siamo in conversazione da circa due anni e che presenterà la sua mostra qui a marzo 2025.

In effetti ciò che abitualmente fa un curatore, nel nostro caso, circola fluidamente tra gli artisti che invitiamo, la famiglia Maramotti e il team della Collezione. Cerchiamo di mettere al centro gli artisti, e di coinvolgerli nella definizione di tutti gli aspetti di una mostra, anche l’allestimento, la pubblicazione editoriale, fino al design dei materiali di comunicazione.

Nel processo di conoscenza reciproca e di elaborazione di un progetto – che può prendere anni e spesso prosegue oltre la realizzazione della mostra – si genera una rete di relazioni, discorsi, pensieri che danno profondità al lavoro e ne ampliano la narrazione. Penso che questo, insieme agli orientamenti con cui procediamo, sia ciò che ci consente di mantenere un’identità forte e peculiare.

Sara Piccinini. Ph. Bruno Cattani - Foto Superstudio

Sara Piccinini. Ph. Bruno Cattani – Foto Superstudio

Fonti e approfondimenti:

Collezione Maramotti, Via Fratelli Cervi, 66, 42124 Reggio nell’Emilia RE

info: https://www.collezionemaramotti.org


Alessandra Alliata Nobili

Founder e Redazione | Milano
#donnenellarte #Iondra #sudestasiatico #cina #postfeminism #visualculture #videoart #artepartecipata #artepubblica #installazione #mediatechnology #arteambientale #arteambientata

Add comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.