Lacarpia racconta ad ArTalkers la sua visione di galleria e la ricerca orientata al ritorno dell’essenza fisica e sensuale dell’arte. La galleria, il cui nome enigmatico e accattivante, spiega il gallerista, accosta il dolce al profondo, si propone come un laboratorio per la scoperta di voci artistiche capaci di proporre visioni alternative della realtà, ed emerge come un osservatorio privilegiato su nuove generazioni di creativi.
Andrea Lacarpia con un’opera di Ilaria Fasoli | Courtesy Candy Snake Gallery
Quali sono i tratti distintivi della tua galleria, a partire dal nome così particolare?
Andrea Lacarpia: Quando, soprattutto nel periodo del covid, ho iniziato a immaginare un nuovo progetto in cui trasformare lo spazio indipendente Dimora Artica in una galleria più strutturata, ho pensato molto al nome, molto importante per dare un’impronta e un’identità al nuovo percorso.
Dare il mio nome alla galleria non mi piaceva, mi sembrava pretenzioso e forse anche banale. L’ispirazione è arrivata dal titolo di un’opera, Cotton Candy Snake di Pietro Di Corrado, artista che avevo presentato con una mostra personale a Dimora Artica.
Candy Snake accosta l’immagine del serpente, qualcosa di sotterraneo legato al mistero e all’inconscio, a qualcosa di dolce e accettabile: esprime l’idea di accettare e trasformare qualcosa di profondo.
Dal punto di vista simbolico funzionava come rappresentazione della galleria che avevo in mente. Poi, i Candy Snake sono anche caramelle: l’opera d’arte come qualcosa legato al piacere, al godimento estetico, che attrae e può far parte della vita quotidiana.
Hai parlato di archetipi e inconscio. Un aspetto filosofico era anche il filo rosso di molti progetti di Dimora Artica. Parte degli interessi all’origine di Dimora Artica è migrato nel progetto di Candy Snake dunque?
Andrea Lacarpia: Diciamo che rispetto ad altre gallerie o progetti curatoriali dove vi è un interesse legato principalmente alla dimensione sociale o politica, a me interessano la dimensione filosofica, la rappresentazione di una dimensione interiore e come questa si trasformi in qualcosa di estetico.
Dimora Artica era nata dalla volontà di sviluppare un progetto curatoriale autonomo rispetto a quelli su commissione che sviluppavo per le gallerie. Avevo l’esempio di MARS e di altri spazi indipendenti a Milano, che riuscivano a produrre programmazioni interessanti nonostante gli spazi minimi. Da subito ho contattato artisti con i quali trovavo affinità, soprattutto Luigi Massari, con cui ho condiviso la direzione artistica per alcuni anni.
Abbiamo incentrato il programma curatoriale sulla relazione fra cultura tradizionale, in particolare gli archetipi come elementi stabili nel tempo, e arte contemporanea, che tende al rinnovamento e alla rielaborazione creativa della realtà.
Non è stato semplice unire questi due mondi così diversi, ma è stato anche molto stimolante, e questo metodo ha accompagnato Dimora Artica nei primi anni, progetto che nel tempo si è evoluto e modificato.
Marco Mastropieri, Fragore di un naugragio, 2024, vista della mostra, Candy Snake Gallery
Hai iniziato l’attività di Candy Snake concentrandoti sul lavoro di giovani artisti se non sbaglio.
Andrea Lacarpia: Candy Snake era nata con l’idea di collaborare esclusivamente con artisti nati negli anni Novanta e Duemila; quindi, appena usciti dall’accademia o addirittura ancora studenti.
Dopo tre anni, oggi è nata l’esigenza di lavorare anche con artisti con più esperienza.
Nelle tue mostre sembrano esserci molti artisti che lavorano principalmente con pittura e ceramica.
Andrea Lacarpia: Non è una scelta che ho fatto a priori. Credo che ci sia una tendenza abbastanza chiara nei giovani artisti, ma non solo, ad avvicinarsi ad una dimensione “artigianale”, a lavorare manualmente senza timore di perdere l’aspetto intellettuale del fare arte. La ceramica è legata all’aspetto fisico e sensuale della materia. Lo stesso vale per la pittura.
Francesco Ardini: After Sabba, 2024 – vista della mostra Candy Snake Gallery
Hai studiato pittura presso l’ Accademia di Brera a Milano : quindi la passione per la pittura rimane?
Andrea Lacarpia: Si. In un certo periodo durato quasi dieci anni, tra gli ultimi anni di formazione e quelli immediatamente successivi, ho esposto in diverse gallerie e vissuto del mio lavoro d’artista. Quando ho deciso di passare alla curatela però c’è stato un taglio netto, non ho più realizzato opere come artista.
Come si svolge il tuo processo di scouting degli artisti e come arrivi a definire i progetti espositivi?
Andrea Lacarpia: La ricerca di nuovi artisti è soprattutto online. Faccio scouting attraverso Instagram, oppure frequentando mostre che vedo fisicamente oppure online. Poi, guardo sempre i portfolio che mi inviano gli artisti, e mi è capitato di selezionare qualche artista in questo modo.
Le mostre collettive spesso sono finalizzate a presentare artisti nuovi, magari associati ad artisti già presentati in precedenza, mentre le personali tendenzialmente sono dedicate ad artisti che hanno già partecipato almeno una collettiva. Anche se non c’è una regola fissa.
Paulo Arraiano: Sensorial Divinities,-2019 -Exhibition view, Dimora Artica | foto Cesare Lopopolo
I social media, in particolare Instagram, hanno rivoluzionato il modo di lavorare di gallerie e artisti, mi sembra anche il tuo caso.
Andrea Lacarpia: Sicuramente. Instagram, che io utilizzo anche per tenere i rapporti con gli artisti e seguirne il lavoro, ha i suoi pro e contro: si resta aggiornati in tempo reale sulla ricerca degli artisti ma si perde il gusto di scoprire l’opera durante la mostra, inserita in un contesto che te la fa comprendere appieno, magari accompagnata da contenuti testuali e all’interno di un gruppo di opere che rivelano un progetto e una processualità.
Che cosa cerchi oggi principalmente nel lavoro di un artista?
Andrea Lacarpia: In questo periodo m’interessano soprattutto gli artisti che dedicano la propria vita ad elaborare opere tecnicamente complesse. Mi piace vedere della capacità tecnica, per esempio l’abilità nel rappresentare correttamente soggetti classici come la figura e il paesaggio. Oggi ho recuperato l’amore per l’opera preziosa perché fatta bene, con processi lunghi ed elaborati.
Poi, per appassionarmi, nella ricerca di un artista ci dev’essere anche una forza immaginativa, è importante che attraverso l’opera si creino visioni alternative della realtà, dei mondi nuovi.
Quali aspetti del lavoro di gallerista ti piacciono e quali invece affronti meno volentieri?
Andrea Lacarpia: Amo l’aspetto progettuale, la ricerca di nuovi artisti, gli allestimenti delle collettive dove sono più libero di disporre le opere nello spazio: sono attività che conservano una dimensione creativa e curatoriale. Anche seguire gli artisti nella loro crescita e i rapporti con i collezionisti sono aspetti che m’interessano e mi danno soddisfazione, soprattutto quando si creano sinergie positive.
La parte più fastidiosa, che devo dire capita di rado, è quando s’incrina il rapporto con gli artisti, soprattutto con i giovanissimi alle prime mostre. A volte non c’è consapevolezza dell’importanza del lavorare insieme, artista e gallerista, e a volte manca quel minimo di riconoscenza che ci si aspetterebbe. Ma per fortuna si tratta di casi isolati.
Oltre alla tua attività di gallerista, continui quella di curatore indipendente per altri spazi?
Andrea Lacarpia: Continuo la mia collaborazione come curatore con la Galleria Arrivada, uno spazio molto particolare aperto dalla collezionista Luisa Ferrario, che negli anni ha sostenuto la produzione delle opere di diversi artisti e dà loro la possibilità di realizzare progetti sperimentali. La galleria è nata in Svizzera ma è oramai da diversi anni con sede a Milano.
Daniele Carpi: L’imperatore era un vecchio, 2016 – veduta dell’installazione, Edicola Radetzky Milano | foto Maurangelo Quagliarella
Qualche rimpianto per Dimora Artica?
Andrea Lacarpia: In realtà sono felice di aver trasformato Dimora Artica in Candy Snake Gallery. Ho sempre nel cuore Dimora Artica e anche Edicola Radetzky, edicola storica affacciata sulla Darsena, un luogo davvero speciale in cui ho curato le mostre del primo anno di attività espositiva.
Però per quanto riguarda la libertà di gestire i miei progetti non è cambiato nulla. Forse Dimora Artica si sviluppava in una dimensione più spensierata, perché non si rapportava con il mercato e non partecipava alle fiere, ma Candy Snake mi sembra un progetto maggiormente completo, in cui mi sento realizzato.
Come avvicini i collezionisti alla tua galleria?
Andrea Lacarpia: Principalmente alle fiere. Poi persone con cui ci si segue su Instagram e naturalmente il passa parola fra conoscenti e collezionisti.
Progetti per un prossimo futuro?
Andrea Lacarpia: L’attività si divide tra mostre in galleria e partecipazione alle fiere, in cui mi impegno a presentare lo stand come fosse una mostra in galleria. Il prossimo appuntamento è Arte in Nuvola a Roma (22 al 24 novembre 2024), poi Bergamo Arte Fiera (10 al 12 gennaio 2025).
In galleria, la prossima mostra sarà una collettiva, con le sculture di Gloria Tomasini e i dipinti di Agostino Rocco e Elen Bezhen (dal 12 dicembre). Poi ci sarà la mostra personale dedicata a Marco Sandreschi, un giovane artista che interpreta la pittura di paesaggio attraverso una particolare stilizzazione delle forme e una dominante cromatica blu.
Daniele Carpi: L’imperatore era un vecchio, 2016, particolare dell’installazione – Edicola Radetzky Milano | foto Maurangelo Quagliarella
FONTI e APPROFONDIMENTI:
Sito di Candy Snake Gallery
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