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Tra gioco e appartenenza: l’eccentrica “Casa” di Anna Galtarossa allo Studio la Città 

Allo Studio la Città, Verona, la mostra Casa presenta una nuova serie di opere di Anna Galtarossa che arricchisce l’allestimento di arazzi inaugurato il 15 giugno con una collezione di mobili fantastici e giocosi.

Al cuore del lavoro dell’artista veronese dagli esordi c’è un intreccio di relazioni e gioco, espresso attraverso sculture che combinano materiali naturali e riciclati in una tavolozza vivace di stoffe, lane, pompon, paillettes, frange e oggetti recuperati. Le sue opere, spesso pensate per coinvolgere, invitano il pubblico all’ interazione fisica e esperienze partecipative.

In Casa, i mobili-scultura di Galtarossa, surreali e coloratissimi, sono costruiti con materiali eterogenei, risultando al tempo stesso strani e familiari. Questi oggetti evocano feticci e figure totemiche, stimolando riflessioni sull’ambivalenza del nostro rapporto con gli oggetti quotidiani, che diventano sia contenitori di ricordi personali che simboli di storie lontane.

Anna Galtarossa: Montagna, 2023 -Studio la città

Anna Galtarossa: Montagna, 2023 – arazzo tessuto a mano con tecnica a pibiones in lana e cotone, 217×122 | Courtesy Studio la Città


Può raccontarmi delle nuove sculture con cui ha “arredato” la mostra inaugurata lo scorso giugno e spiegare il legame tra i due allestimenti?

Anna Galtarossa: ll riallestimento correda la parte precedente della mostra dedicata agli arazzi. Tre anni fa ho iniziato a lavorare con Mariantonia Urru, un’azienda dell’artigianato tessile sardo e ho registrato le storie che sono all’interno del mio lavoro degli ultimi vent’anni nelle opere tridimensionali e nelle sculture, trasferendole su una superficie tradizionale. 

Dagli arazzi poi sono uscite a loro volta altre storie: ad esempio, i tessuti jacquard di alcune delle installazioni, che riprendono i miei fantasmini, opere tridimensionali esposte in galleria una decina di anni fa. I fantasmi compaiono anche su una carta da parati prodotta per un’installazione che ho creato per la mia prossima mostra personale a Seul, in Corea. Sto esplorando lo jacquard nei termini legati al mio lavoro insieme ai tessitori sardi: il che significa che faccio tutto quello che loro ritengono un errore!

Quindi gli arazzi sono nati come evoluzione del lavoro tridimensionale, che poi è stato nuovamente trasformato e destrutturato con la creazione di nuove sculture.

Anna Galtarossa: Cercavo un equilibrio fra l’immagine stabile e la fatiscenza provocata dal trascorrere del tempo. Adoro la sensazione del tempo che passa attraverso cose che si disfano, che cadono a pezzi. A casa ho delle vecchie tende di seta dei miei nonni che mi rifiuto di togliere perché mi affascinano queste stoffe un po’ bucate che pian piano iniziano a polverizzarsi. 

Anna Galtarossa: Barbalunga, 2024 - Studio la città

Anna Galtarossa: Barbalunga, 2024 | Courtesy Studio la Città

Può parlarmi del Trono, ricoperto di fronzoli, sormontato da piante e palloncini, che domina al centro della mostra?

Anna Galtarossa: Dico che spesso penso di fare le opere per il mio gatto! 

In realtà il trono nasce come mio primo esercizio per imparare a usare il telaio, fatto un po’ con scarti di tappeti che porterò a Seul, con altri scarti dell’azienda di tessitura e piante che ho trovato in giro. 

Sul tessuto utilizzato per le sedute delle sedie in mostra invece, c’è una discreta collezione di graffiti, in parte moderni, ognuno con il suo supereroe, e in parte ispirati a graffiti preistorici e medioevali. 

A chi comprerà una sedia, probabilmente chiederò di scrivere sopra qualcosa: il concetto è sempre quello di appartenenza, dei segni che lasciamo, uno dei temi più antichi e importanti per l’uomo. Casa è anche appropriarsi di un luogo e sentirsi parte di esso. 

Anna Galtarossa: Trono, 2024 | Studio la Città

Anna Galtarossa: Trono, 2024 | Courtesy Studio la Città

Un arazzo intitolato Kamchatka, come la sua prima personale a Viafarini a Milano nel 2005, è un titolo che ricorre spesso nel suo lavoro, così come il soggetto dell’opera, i grattacieli. La passione per i grattacieli nasce dalla sua frequentazione di New York?

Anna Galtarossa: Sì, non essendo cresciuta tra i grattacieli, la mia percezione era simile a quella delle montagne, anch’esse un tema ricorrente nel mio lavoro, poiché sono cresciuta circondata dalla loro presenza. Per me, quindi, i grattacieli hanno per forza un aspetto “anziano”.

Il ricorrere del titolo Kamchatka, invece, nasce quando da bambina giocavo a risiko. C’era questo luogo, che non sapevamo neppure pronunciare bene, che è rimasto nella mia immaginazione. Mi ha stimolato a fare ricerca e a compiervi un viaggio molti anni dopo. 

E la sua passione per il colore da dove nasce?

Anna Galtarossa: Molto semplicemente per come mi fa sentire! Penso anche che l’effetto ‘caramella’ renda il lavoro più facile da avvicinare, è una prima porta; poi se ci si vuole fermare lì è già terapeutico, se invece si vuole approfondire ci sono altre cose da scoprire. 

Anna Galtarossa:  Installation view, Studio la Città, giugno 2024

Anna Galtarossa: Installation view, Studio la Città, giugno 2024 | Courtesy Studio la Città, foto di Michele Sereni

Il suo Mostro di Castelvecchio, performance itinerante che consisteva in un caleidoscopico gigante ricoperto di stoffe, lane, nastri e pon-pon, ha passeggiato per diverse città italiane, e ora è qui trasposto in un altrettanto allegro arazzo. Mi racconta com’è nato il Mostro?

Anna Galtarossa: Da diverse dinamiche. Nel 2008 mi era stato commissionato un lavoro per Art Verona a Castelvecchio e nel cortile erano in corso degli scavi. Allora avevo immaginato una creatura mitologica scoperta durante gli scavi, perché a Verona, ogni tanto, quando si scava salta fuori qualcosa.  Avevo elaborato una storia attorno a questa scoperta. Volevo però dargli vita, integrandolo nelle attività amate dai veronesi: così anche il mostro andava a fare le ‘vasche’, a farsi vedere sul Liston in Piazza Bra nell’ora dell’aperitivo. 

L’avevo costruito mettendo insieme tanti amici, cui davo dei materiali come un vocabolario materico, e delle corde sulle quali inserire verticalmente questi materiali. C’erano dei parametri da seguire ma anche molta libertà espressiva. Poi, ovviamente, c’erano atti anarchici, che andavano ancora meglio. Anzi, durante una passeggiata il momento più bello è stato quando dei ragazzi sono corsi a comperare una decorazione luminosa e l’hanno attaccata al mostro. Ho pensato: questo è lo spirito giusto!

Anna Galtarossa Il Mostro di Castelvecchio, Verona 2008

Anna Galtarossa: :Il Mostro di Castelvecchio, Verona 2008, performance itinerante.

I suoi viaggi, dal Messico al Sudest Asiatico, sono stati fonte d’ispirazione per il suo lavoro, mi racconta qualcosa in proposito? I colori e i materiali di molte sue sculture ricordano manufatti e costumi del folklore messicano.

 Anna Galtarossa: ll Messico è stato sicuramente fonte d’ispirazione. In Messico chi non frequenta il mondo dell’arte mi apprezza; al contrario chi frequenta le gallerie molto meno. Per loro sono troppo folcloristica, ma mi viene naturale! 

I viaggi sono essenziali per il cambio di prospettiva e perché mi capita di ritrovarmi in alcune situazioni nei posti più impensati. Ad esempio: spesso uso le decorazioni di Natale per fare cose che non c’entrano nulla con il Natale. Mi trovavo in Papua Nuova Guinea in un villaggio dove avevano organizzato una danza tradizionale per darci il benvenuto, e per arricchire i loro costumi tradizionali fatti di paglia e conchiglie, poco colorati, avevano indossato delle decorazioni natalizie, coloratissime e luccicanti. Anche questa mescolanza di materiali artificiali e naturali mi appartiene.

Anna Galtarossa: Casa letto, 2024 | Courtesy Studio la Città

Recentemente per la Fondazione Ermanno Casoli ha organizzato un workshop rivolto ai bambini dei dipendenti dell’azienda Elica che produce cappe per cucine. Il workshop era intitolato The smell factory ed esplorava il mondo degli odori. Come si lega al suo lavoro il senso dell’olfatto? 

Anna Galtarossa: Quando posso cerco sempre di stimolare il maggior numero di sensi possibile, usando ad esempio la paglia, a volte inserendovi erbette profumate, uso lana che è poco trattata e il legno al naturale. 

Qui gli odori sono appena percettibili, ma altre volte ho caricato molto la parte olfattiva nel lavoro. Nella seconda versione di Kamchatka per la fondazione svizzera La Fabbrica del Cioccolato, una vecchia fabbrica riconvertita nella Valle di Blenio nel 2016, ho utilizzato scarti di pellame (nella fabbrica c’era una pelletteria ancora attiva), poi una zona interamente dedicata alla paglia e all’interno di una specie di grotta dove avevo installato uno spirito da venerare, candele al burro e offerte di Rum.

Dal 2007, ha collaborato più volte con l’artista argentino Daniel González. Fra i progetti pubblici che avete realizzato vi sono Chili Moon Town Tour, una città utopica galleggiante presentata per la prima volta in Messico e Homeless Rocket with Chandeliers a Milano Lambrate, una gru/città verticale in acciaio ricoperta di neon, luci, tessuti, vinile, paillettes e pittura acrilica, omaggio alla cultura di strada creativa. Collaborate ancora? 

Anna Galtarossa: È un po’ di tempo che non facciamo opere a quattro mani, ma ci aiutiamo a vicenda costantemente. Chili Moon Town Tour è stata la prima collaborazione, poi a New York una mostra con una performance che era una protesta artistica per cercare di ottenere i permessi per portare nella città americana la nostra città galleggiante… ci metteremo probabilmente altri vent’anni per ottenerli!

Daniel parte da un mondo bidimensionale come pittore per approdare al tridimensionale, io invece al bidimensionale sono arrivata molto dopo, partendo dalla scultura. Nonostante usiamo spesso gli stessi materiali e ci assomigliamo per tanti versi, le nostre differenze creano attriti di linguaggio interessanti, poi entrambi abbiamo due ego belli grossi! Però spero che torneremo a fare delle cose insieme.

E che importanza hanno i progetti collaborativi nel suo lavoro?

Anna Galtarossa: Tantissima. Ho anche molto bisogno di solitudine, ma la collaborazione con altre persone è altrettanto importante per me .

Anna Galtarossa: Casa 2,  Studio la Città

Anna Galtarossa: Casa 2, parco giochi per ragni, 2024 – poltrona in rattan, tessuto jacquard,slitta, ramo, lana,bigodini,calze,carta velina, fili,specchietti, pompon di tulle, cartone,perline,lampada,avena selvatica, bottoni | Courtesy Studio la Città

Alessandra Alliata Nobili

Founder e Redazione | Milano
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