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Chiara Arturo: fotografare e ricostruire il Mediterraneo

La fotografa e artista visiva Chiara Arturo racconta la sua pratica fotografica attraverso i temi del mare, dell’isola e del limite, fino all’ultima opera, realizzata con l’intelligenza artificiale e l’azione corale del pubblico.

Fino al 31 ottobre 2024 è possibile visitare “Non riesco più a guardare il mare”, la mostra personale della fotografa e artista visiva Chiara Arturo, presso la sede di Moon Gallery a Pistoia.

Con l’intento di diffondere una maggior consapevolezza del Mediterraneo e delle dinamiche connesse ai flussi migratori, l’artista ripone la macchina fotografica e fa un passo indietro, inerte e inerme, affidando la propria visione all’occhio artificiale dell’AI e relegando l’azione costruttiva al visitatore.

L’opera che ne risulta è infatti formata da 29.000 tessere, tante quante le persone scomparse nel Mediterraneo dal 2014, raffiguranti immagini fittizie di un qualunque mare sconfinato, realizzate man mano grazie all’intelligenza artificiale, che il pubblico dovrà assemblare e comporre in diversi momenti liturgici durante tutta la durata della mostra.

“Non riesco più a guardare il mare” si fa portavoce di un sentimento di umanità e di un necessario drastico cambiamento di rotta, di prospettiva, di approccio per ricostruire un mare che possa essere vissuto da tutti nella condivisione, nel rispetto, nella giustizia, nell’uguaglianza.

>> Fonti e approfondimenti in fondo all’intervista.

ritratto di Chiara Arturo, fotografa e visual artist

Chiara Arturo, fotografa e visual artist

Qual è il tuo personale concetto di fotografia?

Chiara Arturo: Per me la fotografia è uno strumento e un modo di pensare la realtà.

Attorno alla fotografia si costruisce la mia pratica artistica, ma spesso ne travalico i confini per sperimentare attraverso il mezzo questioni concettuali o l’ibridazione con altri media.

Di formazione sono architetta e sono arrivata alla fotografia come linguaggio artistico grazie al Laboratorio Irregolare di Antonio Biasiucci, una masterclass biennale focalizzata sulla ricerca personale che ha cambiato radicalmente il mio approccio alla materia.

Chiara Arturo: Insula, Insulàrio, 2015-18 - 76x114 cm

Chiara Arturo: Insula, Insulàrio, 2015-18 – 76×114 cm, giclée print on hahnemuhle photo rag® pearl, ed. /3 + 2AP

Il mare è il soggetto primario del tuo fare fotografia, strettamente connesso al tema dell’isola e del limite. Ce li racconti?

Chiara Arturo: Sono nata e cresciuta su un’isola, vulcanica. Questo credo abbia molto a che fare con i miei temi di ricerca. L’elemento acqua è per me da sempre qualcosa con cui misurarmi, così come il concetto di limite legato all’insularità, la percezione del paesaggio e degli spazi, l’archiviazione del ricordo e come percezione e archiviazione influiscono sulla costruzione dell’immaginario.

Nel mio primo lavoro, “18 miglia”, indagavo la mia condizione precaria e pendolare tra l’isola e la terraferma; nell’ultimo, “Non riesco più a guardare il mare”, metto in discussione il mio vedere e sentire in relazione al Mediterraneo degli ultimi dieci anni.

Nel tempo, infatti, le questioni di natura introspettiva sono andate a intersecarsi con la geografia, la geologia, le migrazioni e la libertà di movimento, i conseguenti naufragi, i diritti umani, l’ecologia e i cambiamenti climatici, l’idea di tempo.

Così l’acqua e lo stesso Mediterraneo sono diventati per me un corpo politico.

Il limite non è più esclusivamente margine immaginario o soglia porosa, ma pure barriera invalicabile.
Il mare in cui nuoto e navigo è anche un cimitero.
L’isola diventa esercizio geopolitico.
Il micro e macro mondo, con cui mi sono sempre confrontata, diventano specchio e metafora della società.
L’intero pianeta Terra è una trama complessa di relazioni multispecie che non possono essere ignorate.

Tutto questo stratifica il modo in cui approccio ai miei progetti e la complessità per me diventa sempre una forma di ricchezza.

C’è poi tutto l’aspetto legato alla presenza più o meno recente del mare e dell’acqua in dei luoghi in cui mi trovo a lavorare, che avverto spesso con i sensi, e allora l’acqua diventa anche unità di misura spazio-temporale per attraversare e leggere i territori.

Chiara Arturo: Fragmentum, 2019 - variable dimensions

Chiara Arturo: Fragmentum, 2019 – variable dimensions (12×18 cm, 54×81 cm, 76×114 cm, 92×138 cm), giclée print on hahnemuhle photo rag® pearl, ed. /5 + 2AP

Ci parli di Progetto Vicinanze, fondato con Cristina Cusani nel 2018 per costruire una nuova idea di Mediterraneo?

Chiara Arturo: “Progetto Vicinanze” nasce dalla volontà mia e di Cristina Cusani di indagare il concetto di confine e di spazio limite tramite la condivisione come modus operandi, unendo pratiche e linguaggi differenti, arti visive e arti performative, ricerca indipendente, scientifica e accademica, per tornare all’idea di Mediterraneo come luogo dell’attraversamento.

Nella primavera del 2018, all’epoca del primo decreto sicurezza che inneggiava ai porti chiusi, criminalizzava il soccorso civile e ostacolava la libertà di movimento, ci è venuto naturale provare a strutturare una riflessione collettiva sul Mediterraneo.

L’obiettivo del progetto è infatti creare un continuo spazio di dialogo, di riflessione e di mappatura delle pratiche e dei punti di vista possibili sul tema, attraverso una serie di progetti, tra cui residenze d’artista condivise, takeover online, mostre e opere corali.
Per noi il Mediterraneo deve tornare ad essere “una grande, sconfinata, pianura liquida”, citando Braudel.

Il 7 settembre, a proposito, inaugureremo la mostra “SPONDE” a Villa Albrizzi Marini – San Zenone degli Ezzelini (TV), vincitrice del bando Arcipelaghi di Sistema 3.

Chiara Arturo: immaginarti isola, 46°00′21′′N 9°00′07′′E, 2020

Chiara Arturo: immaginarti isola, 46°00′21′′N 9°00′07′′E, 2020 – 26×39 cm, giclée print on Hahnemühle Photo Rag®, ed. /11 + 3AP

Come nasce invece l’idea di questa nuova mostra?

Chiara Arturo: Da molto tempo sto ragionando sul tema delle migrazioni e dei naufragi, sulla necessità di ri-significare il numero, sull’azione di contare come strumento di consapevolezza, oltre che sulla necessità di ri-semantizzare il Mediterraneo.

Il primo lavoro su questo tema è stato “aritmia, 33.114519, 14.074476, 2021” del 2021.
Il 21 aprile 2021 un gommone con 130 persone a bordo affondò al largo di Tripoli (N33114519 E14074476).
130 come i battiti al minuto quando viviamo uno stato di forte ansia e agitazione – quel minuto che è il tempo minimo della commemorazione.
Allora sono 130 le foto che ho scattato, in sequenza, 130 volte Mediterraneo – fuori fuoco, 130 bagliori – bruciati, 130 foto-tessere, 130 ritratti di volti che non conosceremo più.

Poi c’è stato “367+1” del 2022, in cui scompongo un breve spezzone del video che documenta il recupero delle vittime del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 in 367+1 frame, 367+1 immagini lapidarie.

Con questi due primi tentativi ho provato a rendere visibile la tragedia in atto: se non capiamo cosa sono 130 o 368 vite perse, possiamo riprovarci guardando 130 o 368 immagini?

Chiara Arturo, “aritmia, 33.114519, 14.074476", 2021

Chiara Arturo, “aritmia, 33.114519, 14.074476″, 2021 – 4,5×3,5 cm, fotografia, stampa giclée

Avevo però la necessità di capire cosa succede se si ragiona non sui singoli naufragi, ma sulla strage umanitaria in atto.
Dal 2014 il progetto Missing Migrants ha registrato oltre 29.000 persone morte e disperse nel Mediterraneo. 

“NON RIESCO PIÙ A GUARDARE IL MARE” è il risultato del tentativo di ri-significare questo numero: nei mesi a venire 29.000 saranno infatti le immagini di mare, generate dall’AI e stampate in piccolo formato, che attraverso azioni corali riemergeranno dal rimosso nel tentativo di andare a costruire un memoriale effimero e temporaneo nella sua fisicità, ma non nella sua portata simbolica.
Ogni tessera sarà aggiunta alla parete in un’azione ripetitiva e meditativa che trasforma e rende visibile l’entità della tragedia.

Questo processo non solo rende il numero concreto, ma invita il pubblico a riflettere sulla portata della crisi in corso e sul modo in cui assistiamo da decenni alla trasformazione del Mare di Mezzo in un cimitero abissale. 

Chiara Arturo, “367+1”, 2022

Chiara Arturo, “367+1”, 2022 – 10×14 cm, still from video, stampa diretta su dibond spazzolato

Perché “non riesci più a guardare il mare”?

Chiara Arturo: Per questo, perché è diventato un cimitero per alcunə, un privilegio per altrə.

Credo sia necessario ri-pensarlo insieme, anche per digerire tutto ciò che da decenni accade sotto i nostri occhi.

Sono la prima ad avere o aver avuto una visione romanticizzata, esoticizzata, mitica del Mediterraneo. Ma credo sia necessario un ragionamento collettivo, un’azione che porti a una stratificazione densa e significativa dei livelli che compongono questo mare.

Chiara Arturo, “non riesco più a guardare il mare”, 2024

Chiara Arturo, “non riesco più a guardare il mare”, 2024 – 4×6 cm, ai photography, c-print

Che cosa significa portare avanti una dimensione relazionale nell’opera fotografica?

Chiara Arturo: Significa ampliarne il senso e il significato.

Lo avevo già fatto con “Immaginarti isola” (2020) e “Pălmus, 20.747km” (2020-21) dove avevo chiesto alle persone di donarmi delle foto su cui poi ho costruito l’opera.

Stavolta le foto le chiedo all’AI – perché sento di non avere o forse che noi tutti non abbiamo gli strumenti necessari al momento. Chiedo “un pezzo di mare aperto”, il mare di chi lo attraversa appunto, un mare senza punti di riferimento né terra all’orizzonte.

E poi chiedo alle persone di aiutarmi a ricostruire questo mare di senso, di pensare a ognuna di quelle tessere come a un gesto di cura per una delle migliaia di persone morte e disperse nel Mediterraneo.

In questo gesto del porre ogni singola tessera durante un momento collettivo, per me si può ri-costruire il significato del Mare in mezzo alle terre e la comunità necessaria ad affrontare questo fenomeno così complesso che sono le migrazioni.

installation view: Chiara Arturo, Non riesco più a guardare il mare, 2024 - Moon gallery, Pistoia

installation view: Chiara Arturo, Non riesco più a guardare il mare, 2024 – Moon gallery, Pistoia

Quali sono le azioni previste fino a fine ottobre?

Chiara Arturo: Dopo i primi due talk con Martina Morini e Alessia Rollo, sulla narrativa e la documentazione del processo migratorio nel Mediterraneo centrale e sulla manipolazione delle immagini fotografiche come strumenti di riappropriazione, da metà settembre, oltre alle azioni corali per la costruzione dell’opera relazionale, ci saranno altri talk con artistə, ricercatorə indipendenti e attivistə, delle visite guidate con le scuole primarie e secondarie e un laboratorio di autonarrazione per e con persone con background migratorio.

installation view: Chiara Arturo, Non riesco più a guardare il mare, 2024 - Moon gallery, Pistoia

installation view: Chiara Arturo, Non riesco più a guardare il mare, 2024 – Moon gallery, Pistoia

E quali sono i tuoi prossimi progetti?

Chiara Arturo: Intanto sto continuando a generare le immagini di mare con l’AI.

Il 2 agosto inauguro una mostra a Ischia (alla Colombaia di Luchino Visconti) sui progetti legati all’insularità, per cui al momento sono molto concentrata su quello.

Dopo l’inaugurazione di “SPONDE” di Progetto Vicinanze, a settembre, partirà la seconda parte di azioni ed eventi legati a “Non riesco più a guardare il mare” a Pistoia.

Dal 4 ottobre, sempre a Pistoia, sono stata invitata ad esporre a “Radure” alla prima edizione del Pistoia Visioni.

installation view: Chiara Arturo, Non riesco più a guardare il mare, 2024 - Moon gallery, Pistoia

installation view: Chiara Arturo, Non riesco più a guardare il mare, 2024 – Moon gallery, Pistoia

Che cosa sogni per il futuro del Mediterraneo e del mare?

Chiara Arturo: Di trovare nuovi occhi per guardarlo, che si crei una nuova coscienza collettiva fondata sull’empatia e sull’ardente desiderio che i diritti umani siano rispettati, che si capisca che ogni nostro piccolo gesto è in rete, tutto è collegato e bisogna avere una visione complessiva dei fenomeni per poterli affrontare anche solo nel proprio quotidiano.

Sogno che il Mediterraneo torni a essere luogo e non solo scenario.

installation view: Chiara Arturo, Non riesco più a guardare il mare, 2024 - Moon gallery, Pistoia

installation view: Chiara Arturo, Non riesco più a guardare il mare, 2024 – Moon gallery, Pistoia

FONTI e APPROFONDIMENTI:
sito ufficiale dell’artista Chiara Arturo (link)
instagram MOON Gallery, Pistoia (link)

Alice Traforti

Founder e Redazione | Vicenza
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