Chi non vorrebbe avere un’opera d’arte sempre con sé tutto il giorno, ogni giorno?
BABS Art Gallery, fondata nel 2018 da Barbara Lo Bianco, in pieno centro a Milano, è una delle pochissime gallerie d’arte al mondo, forse l’unica in Italia, ad aver costruito la propria missione su questo principio, grazie alla specializzazione sul gioiello d’artista.
Creato da artisti contemporanei selezionati con l’intento di sperimentare la propria ricerca a misura d’uomo e di donna, il gioiello d’artista assume la connotazione di opera d’arte da esporre direttamente sulla persona, in una dimensione umana che esula dalle pareti di casa.
La connessione tra opera e collezionista si fa contatto che più stretto non si può, diventando quasi la naturale prosecuzione, a doppio senso di marcia, di un corpo che va a completare un altro corpo.
In questo processo, BABS Art Gallery si pone come guida e supporto prezioso in ogni fase, necessario punto d’incontro tra la visione immaginifica dell’artista e la mano esperta del mastro artigiano che plasma la materia, piegandola alle necessità dell’arte.
Barbara Lo Bianco ci racconta la storia, le motivazioni e le vicende di BABS Art Gallery.
>> Fonti e approfondimenti in fondo all’intervista.
Barbara Lo Bianco, Fondatrice di BABS Art Gallery, Milano
Alex Pinna, How deep is your love?, 2018, Oro e legno ebano
Com’è nata l’idea di dedicare una galleria d’arte al gioiello d’artista contemporaneo? (ovvero da dove viene la tua passione per il gioiello)
(nota: la galleria è dedicata al gioiello d’artista, quindi quel gioiello creato da artisti, prevalentemente pittori e scultori, che generalmente esprimono la propria creatività con altri mezzi; il gioiello contemporaneo invece è quello creato da chi principalmente disegna gioielli, spesso hanno studiato arte orafa)
Barbara Lo Bianco: Vengo da una famiglia di appassionati d’arte e antiquariato, per cui fin da piccola ho visitato musei, gallerie, mostre, fiere.
A 19 anni mia madre mi regalò un paio di orecchini di Antonio Paradiso, e fu amore a prima vista.
A 50 anni, dopo diverse altre vite lavorative, ho deciso di dedicarmi a ciò che amavo.
Nel nostro Paese non c’era nessuna galleria dedicata al gioiello d’artista.
Da diversi decenni mancava inoltre chi si occupasse di questa forma d’arte che ha avuto un momento di grande interesse dagli anni ’50 alla fine degli anni ’70, ma poi è stata lentamente accantonata, principalmente per mancanza di editori/galleristi in grado di investire nella produzione.
Artisti da tutto il mondo hanno però continuato a produrre in Italia avvalendosi dei nostri orafi e artigiani.
Era, a mio parere, giunto il momento di rianimare la tradizione anche per gli artisti italiani.
Inoltre la galleria è un laboratorio di idee, dove il committente può vedere realizzati pezzi unici, immaginati insieme a un artista di cui desidera “un’opera da indossare”, pensata su misura.
Un aspetto questo che fa anche parte della mia storia personale, già mia madre chiedeva a degli artisti, pittori e scultori, pezzi unici per me per le ricorrenze importanti. La mia famiglia è siciliana, l’amore per il Bello è nelle nostre radici. Un’eredità che ci lega al Barocco, all’opulenza, alla ricercatezza dei dettagli e di conseguenza anche alla capacità di riconoscere e apprezzare la sapienza tecnica, le tradizioni, la perfezione esecutiva.
Antonio Paradiso, Pentagramma in volo, 2018, Argento bagnato in oro rosa e giada
BABS sta per “Beyond Art Before Sculpture”. In che senso un gioiello può essere oltre l’arte e prima della scultura?
Barbara Lo Bianco: Il gioiello è considerato “arte applicata”, per qualcuno “un’arte minore”. Io penso invece che si possa dire “minore” solo nelle dimensioni.
Spesso verso l’arte si prova un timore reverenziale. Nei musei e nelle gallerie si percepisce una barriera, quasi una paura di avvicinarsi ai lavori esposti, sfiorarli è impensabile.
Nel nostro caso invece, con il gioiello d’artista, chi guarda è chiamato a toccare, a indossare le creazioni.
L’Arte diventa parte di te e tu diventi superficie dell’opera.
La particolarità del gioiello d’artista è la sua connessione con la persona che lo sceglie.
È la stessa imprevedibile “chiamata” che ci inchioda davanti ad un’opera in un museo.
Indossare una collana, un bracciale o un anello disegnati per essere unici significa esporsi nel veicolare, col proprio corpo, un messaggio d’arte.
Indossarli è parte di un personale percorso esistenziale.
Come per la scultura inoltre la preziosità di questi lavori non è affidata al materiale, ma al processo creativo e all’innovazione stilistica della firma che lo ha ideato.
Davide Bramante, Pentagon Obsession, 2021, Bronzo, quarzo e ossidiana
Ci racconti il tuo particolare modo di lavorare fianco a fianco con gli artisti, dalla selezione al processo creativo fino alla realizzazione del gioiello stesso?
Barbara Lo Bianco: Li aiuto a sviluppare il progetto sin dalle prime fasi, cerco di invitarli a guardare le opere più significative del loro percorso con occhi nuovi e a capire come potrebbero esprimersi in un gioiello.
Molti di loro si accostano a questa forma d’arte per la prima volta, un aspetto che può essere molto stimolante per entrambi perché il processo creativo si nutre principalmente di scambi.
Io cerco di contribuire con una visione diversa rispetto alla loro, aggiungendo un punto di vista che magari prima non avevano considerato.
L’artista si confronta così con aspetti nuovi, progetta tendendo a mente caratteristiche e proporzioni che si riferiscono anche a parametri di vestibilità.
Si tratta di oggetti che devono essere funzionali, indossabili con piacere.
Io penso sempre a un uso quotidiano, informale e disinvolto del gioiello d’artista, non relegato solo alle grandi occasioni.
Per arrivare a questo risultato seguo tutto il percorso produttivo nei laboratori degli orafi o in fonderia: la realizzazione dei prototipi, le modifiche e la produzione dei pezzi finali.
Questa parte del lavoro è l’aspetto che prediligo in assoluto.
Chiara Dynys, Anelli Love Hate e Tutto Niente, 2019, Argento, bronzo e rubini
installation view: Chiara Dynys, Sculture da indossare, BABS Art Gallery, 2019
Come si arriva invece al progetto espositivo?
Barbara Lo Bianco: Quando siamo nella fase della produzione dei prototipi iniziamo a ragionare sulla mostra.
Il progetto espositivo segue alcune regole che ci siamo dati – e che ci distinguono dalle altre gallerie che trattano gioielli d’artista (già pochissime al mondo a dire il vero).
L’esposizione infatti, insieme alla nuova collezione, presenta sempre una selezione di opere per cui l’artista è conosciuto e che sono state importanti per la realizzazione dei gioielli, condividendo la stessa poetica.
In mostra si vedono quindi anche quadri, sculture, disegni, fotografie.
I gioielli – tutti esemplari unici, o in edizione limitata numerata e certificata – non sono mai da soli, pur restando al centro della scena.
Loris Cecchini, Wave Bracalet, 2024, ottone verniciato a polvere
Loris Cecchini, Waterbones (sequence 59), 2024, collana, argento e oro
installation view: Loris Cecchini. Body Sculptures, BABS Art Gallery, 2024
Come si inseriscono in questo contesto attuale i pezzi storici realizzati nel secolo scorso o creati da artisti che comunque fanno già parte della storia dell’arte?
Barbara Lo Bianco: Tutti i più grandi artisti del ‘900, Picasso, Calder, Man Ray, Cesar, Dalì, Afro, Fontana, Arnaldo e Giò Pomodoro, Consagra, solo per citarne alcuni, si sono prima o dopo cimentati con il gioiello.
Alcuni di loro li realizzavano per potersi permettere i costi impegnativi delle grandi sculture, altri come dono per l’amata o per la collezionista, o su invito di un editore o di un orafo.
Il gioiello ha la capacità di raccontare la società e i gusti del tempo in cui sono stati disegnati, quello d’artista è insieme una sintesi di storia dell’arte.
Amo avere in galleria anche questi pezzi storicizzati perché aiutano il pubblico a capire che questa forma d’arte c’è da sempre (anche se noi abbiamo iniziato a considerarli come tali solo più o meno dagli anni ’20, con Picasso e Calder), aiutano gli artisti dandogli forza e ispirazione, ed infine fanno bene a me che mi sento circondata da splendidi mini-capolavori.
In galleria mi piace ‘mischiarli’ alle opere dei contemporanei per evitare che i visitatori siano catturati solo dalla vetrina del materiale storicizzato, e si sentano invece liberi di spaziare con curiosità, lasciarsi attrarre da un ornamento a prescindere da chi lo ha realizzato.
Arnaldo Pomodoro, Collana Arnaldo Pomodoro, 1974, Argento patinato
BABS Art Gallery è nata nel 2018. Quali sono state le avventure e le soddisfazioni di questi primi anni?
Barbara Lo Bianco: Direi che ce ne sono state tante.
Un aspetto è sicuramente quello di poter lavorare con artisti che apprezzo. Conoscerne le opere partecipando attivamente, da vicinissimo, al loro processo creativo è un privilegio.
Si scopre così che un millimetro di materia in più o in meno in un’opera può effettivamente fare la differenza, si impara sempre qualcosa di nuovo.
Altra avventura, che inizia a dare soddisfazioni, è certamente il far conoscere questi lavori a un pubblico italiano fino ad ora impreparato rispetto ad altri mercati europei come la Francia, il Belgio, l’Inghilterra, la Germania o a quello statunitense.
Tania Pistone, Rongorongo, bracciale oro e smalto, 2022
E quali saranno i sogni e le sfide del futuro del contemporaneo e della galleria?
Barbara Lo Bianco: I miei maggiori desideri sono sicuramente poter lavorare con artisti che apprezzo e vedere sempre più persone, donne e uomini (penso che il gioiello d’arte sia abbastanza genderless) indossare opere d’arte invece di monili banali che rispondono a un gusto omologato.
Non demonizzo la gioielleria classica, ci mancherebbe, esistono gioielli di grande gusto, qualità e raffinatezza. Ma ahimè spesso ci si conforma verso il basso e si vedono in giro tanti prodotti fatti all’estero, che hanno qualità mediocre e sembrano solo voler rispondere a un’esigenza di appartenenza, di riconoscimento di gruppo.
Con il mio lavoro mi impegno anche a creare una maggiore conoscenza e riconoscenza del gioiello d’artista nel settore dell’arte.
Jessica Carroll, Bracciali vari, 2018, Bronzo
E ora spazio agli spoiler sulla prossima programmazione di BABS Art Gallery.
Barbara Lo Bianco: Abbiamo davanti un anno impegnativo, ma il bello è proprio questo!
La prossima mostra sarà dedicata a un artista italo-francese Faust Cardinali che espone per la prima volta a Milano.
Stiamo lavorando poi con due artiste italiane bravissime, non è stato facile convincerle a fare questo progetto, ma sono certa che seguiranno esiti interessanti: Grazia Varisco e Letizia Cariello.
Poi ospiteremo un designer-artista americano Misha Khan.
Chiuderemo la stagione con Sophia Vari. Un’artista scomparsa di recente che ha tenuto mostre molto importanti all’estero. Ho ritenuto che fosse opportuno dedicarle una mostra anche qui, la prima in Italia, che sarà degno omaggio alla sua persona e alla sua arte.
Ugo Nespolo, Pennelli, 2019, Argento, bronzo e smalti
FONTI e APPROFONDIMENTI:
– sito ufficiale BABS Art Gallery, Milano (link)
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