Che cosa significa fare arte nel XXI secolo?
Questa è la domanda a cui sembra rispondere l’artista inglese Josh Rowell (Kent, 1990), perseguendo nella propria pratica di “pittore del digitale” continuamente alla ricerca dei tanti modi in cui la tecnologia possa influenzare, fino a modificarla, la realtà in cui oggi viviamo.
In particolare, nella mostra personale Rhizoma, esposta da Atipografia ad Arzignano fino al 20 gennaio 2024, l’artista esplora il concetto di rete mettendo in scena un parallelismo tra sistemi di comunicazione: quello naturale, il rizoma appunto, e quello digitale rappresentato da internet.
Un nucleo di dipinti, provenienti dalla sua produzione più nota (Painting Language) e dalle sue ultime evoluzioni (Walking Pieces), insieme alla sua prima installazione ambientale (Rhizoma), ci accompagnano così “nell’intricata danza tra natura e tecnologia” verso un altro livello di connessione, in cui non esistono gerarchie e confini, ma solo la dimensione corale della coesistenza.
Fonti e approfondimenti in fondo all’intervista.
Ritratto di Josh Rowell
Che cosa significa essere un “pittore del digitale”?
Josh Rowell: Suppongo che, in sostanza, quello di pittore digitale sia un concetto piuttosto semplice; si tratta di prendere ispirazione dal mondo digitale in cui tutti noi viviamo nel XXI secolo e di tradurne le idee attraverso la tecnica più tradizionale della pittura.
Spesso quando pensiamo ad artisti che trattano temi digitali, o arte “post-internet”, li associamo a nuovi media, video, installazioni e così via, ma mi sono sempre sentito ispirato ad affrontare questi temi contemporanei attraverso strumenti più tradizionali, fatti a mano.
Il mondo digitale esiste all’interno di uno spazio virtuale, non possiamo toccarlo, quindi rendendo i miei lavori come oggetti fisici, credo che si apra un’interessante area di indagine.
Il desiderio di esplorare questo aspetto deriva da una personale posizione di conflitto e dibattito interiore, che sospetto sia ampiamente condivisa tra le persone di oggi. Stiamo assistendo sempre più allo spostamento della nostra vita quotidiana in questo spazio virtuale intangibile, è una buona cosa?
Non conosco la risposta, ma alla fine è per questo che ho scelto di trasformare i codici in tele dipinte a mano invece di scrivere un programma di base e stamparli.
Sto cercando di imitare il computer per affermare che noi esseri umani abbiamo ancora una capacità e un’utilità all’interno di questa nostra avanzata società tecnologica.
Forse essere un pittore digitale gioca sull’idea di nostalgia, o forse è semplicemente un’estrapolazione della posizione in cui ci troviamo, a cavallo del confine tra reale e virtuale. Siamo costantemente in bilico tra i due, quindi per me ha perfettamente senso realizzare dipinti che occupino quella stessa posizione.
Josh Rowell: The Temptation of St.Antony, 2020 – acrilico su tela, 124×182 cm
La serie dei “Painting Language” è fondata su un processo traduzione.
Come sei arrivato all’elaborazione di questo tuo personale codice binario che diventa nell’osservatore un atto di lettura e di visione insieme?
Josh Rowell: Inizialmente ho creato la serie Painting Language in parte come risposta all’era dei dati di massa che stiamo attraversando attualmente.
L’idea che un dipinto possa anche incorporare dati, che i dati possano trasformarsi in codice, che il codice possa servire come rappresentazione del linguaggio e che il linguaggio possa essere trasmesso attraverso il colore mi sembrava, in qualche modo, un concetto circolare.
Credo che questa idea mi abbia permesso di rappresentare qualcosa che sia veramente indicativo della nostra epoca, pur continuando ad applicare le conoscenze maturate in quanto pittore.
Quindi, prendendo del testo, ho deciso di creare il mio codice, che fosse visivo e funzionasse attraverso il colore.
Tutto è contenuto all’interno del dipinto, comprese le maiuscole, la punteggiatura e le strutture dei paragrafi, ma proprio come farebbe un codice informatico, che opera all’interno di un insieme definito di regole e parametri per ottenere un risultato.
Queste opere sono il mio omaggio all’architettura invisibile dell’era digitale.
Sono affascinato dall’idea che tutti gli artisti stiano creando la propria forma di linguaggio visivo, e che ogni pratica individuale richieda una qualche forma di decifrazione o traduzione per arrivare al significato principale, e anche la serie Painting Language si inserisce in questo concetto.
Josh Rowell, dettaglio: The Temptation of St.Antony, 2020 – acrilico su tela, 124×182 cm
Nella mostra Rhizoma possiamo vedere l’ultima evoluzione del “Painting Language” nella grande opera Growth: Fibonacci // Internet (2023).
Quali sono i principali aspetti distintivi rispetto ad altri lavori dello stesso tipo, quale The Temptation of Saint Anthony (2020), esposta al piano superiore di Atipografia?
Josh Rowell: La distinzione tra questi due lavori evidenzia davvero l’ampiezza e la versatilità del significato che cerco di comunicare all’interno della serie Painting Language.
Uno riguarda la rappresentazione dei dati in una nuova forma, mentre l’altro tocca l’idea di “eredità artistica”.
Il pezzo intitolato “Growth: Fibonacci//Internet” era un lavoro che fermentava nella mia mente ormai da molto tempo. Sono diventato sempre più interessato ai parallelismi che esistono tra il mondo naturale e quello digitale, due regni che spesso liquidiamo come la totale antitesi l’uno dell’altro, e stavo cercando un modo per ritrarre questa corrispondenza attraverso la capacità limitata della mia serie Painting Language.
Ho deciso di rivolgermi ai modelli di crescita, poiché tutte le cose, create dall’uomo o altrimenti, si basano su una necessità di crescita profondamente radicata e intrinseca, letteralmente, concettualmente e metaforicamente parlando.
Le tre tele verdi nella metà inferiore dell’installazione contengono i numeri di apertura della sequenza di Fibonacci. Per chiunque non abbia familiarità, questa sequenza frattale è uno schema che appare intrinsecamente in tutto il mondo naturale, dal numero di petali che appaiono sui fiori, al modo in cui i rami degli alberi si espandono verso l’esterno.
Il mondo naturale è disseminato di numeri di Fibonacci e può essere inteso come l’ordine sottostante sotto la superficie del mondo organico.
In contrasto con ciò, sulle quattro tele blu nella metà superiore dell’installazione, ho mappato la crescita di Internet attraverso il numero degli utenti fin dal suo esordio nei primi anni ’90.
Internet è il simbolo dell’era digitale, l’unica cosa che più di tutte le altre ha cambiato le nostre vite in modo così drastico, il fulcro su cui oggi si fonda gran parte della nostra esperienza umana.
L’idea di creare l’opera come un gruppo di tele esagonali interconnesse è un altro riferimento ai modelli intrinseci che apparentemente esistono nel mondo naturale, come si vede nella struttura a nido d’ape, nei cumuli vulcanici che si raffreddano, negli occhi degli insetti, nei gusci delle tartarughe e così via. Il modo in cui si incastrano gli esagoni crea la più efficiente struttura e costituisce ancora un altro esempio di intelligenza naturale.
Allora, cosa significa affiancare questi due modelli di crescita e, ancora di più, cosa significa rappresentarli attraverso la serie Painting Language?
Fondamentalmente, questo lavoro mira a fornire la comprensione che tutte le cose, naturali o digitali, aderiscono a determinate regole, proprio come il mondo digitale si basa su codici e serie di istruzioni, così fa anche la sua controparte biologica.
Tutto ciò che è contenuto nell’universo è, a un certo livello, predeterminato da qualcosa di molto più grande. Ci sono leggi, struttura e ordine, anche in ciò che sembra caotico o spontaneo.
Il mondo digitale non è un’anomalia creata dall’uomo, è uno specchio di tutto ciò che lo ha preceduto e servirà come base per ciò che gli succederà nei secoli a venire.
Reti, sistemi e relazioni interconnesse, prive di poteri centralizzati, queste cose sono tutte antiche.
Al contrario, l’opera “The Temptation of St Anthony”, sebbene anch’essa appartenente alla serie Painting Language, tocca concetti leggermente diversi che ho soprannominato Legacy Series.
Sant’Antonio è un soggetto spesso ripetuto in tutta la storia dell’arte, la tentazione soprannaturale affrontata dal Santo è stata rappresentata nel corso dei secoli da artisti come Michelangelo, Bosch, Cézanne, Ernst e Dalí, solo per citarne alcuni.
Raccontando nuovamente questa storia attraverso la serie Painting Language, utilizzando una trascrizione dalla pubblicazione del XIII secolo di Jacobus de Varagine, la “Legenda d’oro”, sto tentando di esplorare l‘importanza del patrimonio artistico e come alcune narrazioni storico-artistiche possano essere ampliate all’interno di un quadro contemporaneo.
L’opera risultante è sia una “risposta” che un’”interpretazione” dell’eredità artistica che esiste attorno alla Tentazione di Sant’Antonio. Come Michelangelo o Dalì furono ispirati a dipingere “La Tentazione” in stili pertinenti al loro periodo, genere, movimento, ecc., così anch’io sono ora ispirato a dipingerlo attraverso gli occhi di un artista che vive nel XXI secolo.
Questo lavoro è pensato sia per riflettere sul passato che per commentare il contemporaneo; prendendo ispirazione dalla stessa fonte letteraria dei suddetti colossi della storia dell’arte, ma reinterpretata secondo la mia pratica.
Il mio sogno è che tra 500 anni gli storici dell’arte dell’epoca guardino indietro a eredità artistiche come quella che esiste intorno alla Tentazione di Sant’Antonio, e spero che la mia versione del 2022 sia citata nelle stesse conversazioni insieme alle versioni che l’hanno preceduto e alle versioni che sicuramente seguiranno.
Questi due lavori mostrano la versatilità della serie Painting Language ed evidenziano l’importanza del testo tradotto.
Exhibition View: Josh Rowell – Rhizoma, 2023, Atipografia (Arzignano-Vicenza) | work: Growth: Fibonacci // Internet, 2023 – acrilico su tela | Ph. Luca Peruzzi
“Virtually Fragile” è una serie basata su immagini di schermi rotti come pretesto per creare nuovi paesaggi visivi, applicando un approccio geometrico e ordinato alla struttura casuale di partenza.
In che modo il virtuale è fragile?
Josh Rowell: “Virtually Fragile” è una serie che trae ispirazione da immagini di schermi rotti per dipingere paesaggi digitali di colori e forme complessi, allo stesso tempo geometrici e spontanei nella loro composizione.
Partendo da immagini ritrovate di una varietà di dispositivi rotti, ho cercato di evidenziare il fatto che il mondo digitale, nonostante il suo potenziale apparentemente illimitato, non è ancora immortale.
Come tutte le cose, il nostro rapporto personale con il regno virtuale è temporale; quando entriamo nel mondo digitale attraverso i nostri schermi, la porta attraverso la quale viaggiamo può esserci portata via con una sola mossa falsa, una semplice caduta del nostro cellulare.
In definitiva, possiamo qui capire che il mondo digitale risponde ancora al mondo fisico.
La funzione dello schermo nella società contemporanea si presta naturalmente al mio lavoro.
Gli schermi rappresentano il confine tra la nostra naturale, tangibile e potenzialmente limitata realtà e l’immateriale ma espansivo regno del virtuale.
Dipingendo schermi rotti, il mio obiettivo è allontanare la concezione comune di “perfezione digitale” e creare invece un dialogo che sia presumibilmente più accurato, o “reale”, rispetto alla falsità della perfezione.
In questo senso la serie “Virtually Fragile” può essere intesa come iperreale, sia a livello concettuale che estetico.
Il titolo della serie è ispirato alla posizione in cui ci troviamo, anche se investiamo sempre più tempo ed energie in noi stessi su Internet, non siamo mai lontani dal perdere tutto, da qui la “fragilità” della situazione, correndo parallelamente alla fragilità dei dispositivi stessi.
Per me, a un livello primordiale, finché puoi ancora prendere in mano una roccia e distruggere un computer con essa, c’è una sorta di livello intrinseco di autorità che il mondo reale, fisico, ha sulla sua controparte virtuale!
Exhibition View: Josh Rowell – Rhizoma, 2023, Atipografia (Arzignano-Vicenza) | work: Virtually Fragile (serie) – acrilico su tela | Ph. Luca Peruzzi
Nella nuova serie dei “Walking pieces” (dal 2023) la rappresentazione del paesaggio diventa esplicita.
Perché hai introdotto un discorso sulla natura all’interno della tua indagine sulla tecnologia?
Josh Rowell: Durante il mio percorso artistico ho sempre tratto ispirazione dal regno virtuale, sia attraverso l’adozione della programmazione nei miei dipinti, sia attraverso l’esplorazione delle culture emergenti su Internet; prendere ispirazione dal digitale è sempre il mio punto di partenza.
Attraverso i Walking pieces e la mostra Rhizoma in generale, per la prima volta sto andando oltre il concetto di digitale opposto al fatto a mano e sto iniziando a guardare alle relazioni preesistenti tra il mondo digitale e quello naturale.
Spesso diamo per scontato che il mondo naturale che ci circonda sia la totale antitesi della società ossessionata da Internet in cui viviamo, ma sto cercando di comunicare una percezione alternativa.
Avendo trascorso gli ultimi anni, ovvero a partire dalla pandemia di Covid19, immergendomi nella natura, mi sembra sempre più chiaro che il mondo naturale e quello digitale sono, in effetti, molto simili nel modo in cui operano.
Entrambi si basano su insiemi di reti e sistemi interconnessi attraverso i quali viaggiano informazioni e messaggi.
Proprio come incommensurabili quantità di dati viaggiano da un luogo all’altro all’interno dello spazio internet; allo stesso modo le informazioni si muovono liberamente nel mondo naturale da una pianta all’altra attraverso reti complesse.
Per quanto mi riguarda, voglio sfidare il presupposto secondo cui le reti e i sistemi sono invenzioni create dall’uomo, e suggerire invece che stiamo semplicemente copiando ciò che è sempre esistito.
Questi temi sono nati come risultato di un cambiamento nella mia vita personale negli ultimi 2 anni. Ho preso la decisione di trasferirmi da una città frenetica a una località molto rurale, è stato un momento estremamente significativo nella mia vita e ha avuto un impatto naturale sul mio lavoro, diventando da allora il motore principale della maggior parte della mia pratica.
In particolare, la differenza tra vivere in una città frenetica e uno stile di vita più rilassato in campagna è molto marcata.
Molte delle mie prime idee sono arrivate quando vivevo a Londra, una mega-metropoli in cui ci si affida alle app per attraversare le complesse reti di trasporto, in cui 10 milioni di esseri umani vivono confinati in un’area spaventosamente piccola e molti altri arrivano ogni giorno per lavorare.
C’è un’incessante routine quotidiana che è peculiare della vita in città, di un ambiente che non dorme, non si ferma e richiede sempre più l’uso della tecnologia per sopravvivere. App per prendere un taxi, app per dividere il conto con gli amici, app per spostarsi in metropolitana, app per acquistare i biglietti; senza tecnologia sei perso in questo ambiente. Amavo la mia esperienza in città, ma sapevo di non riuscire a sostenerla.
Dall’anno scorso, io e la mia compagna viviamo in una fattoria nel sud-est dell’Inghilterra.
Il nostro vicino più prossimo è una stalla a circa 250 metri lungo la strada agricola e, quando apro la finestra della mia camera da letto al mattino, tutto quello che riesco a vedere sono i campi fino a South Downs.
Questo è uno stile di vita molto diverso, quello che abbiamo scelto intenzionalmente.
Non ho bisogno di prendere la metropolitana per andare alla ricerca di uno spazio verde, semplicemente esco dalla mia porta. Posso coltivare le mie verdure, il mio cane può correre liberamente, l’aria è fresca, il cambio delle stagioni è molto più evidente. Mi piacciono tutte queste cose e ce ne sono molte altre che potrei elencare; ma, soprattutto, è questo passaggio dalla vita tecnologicamente guidata della città allo stile di vita più lento della campagna che ha ispirato gran parte della mostra Rhizoma.
Nell’ultimo anno ho trascorso gran parte del mio tempo perdendomi nei boschi intorno a casa mia ed è proprio la crescente comprensione del mondo naturale che mi ha davvero colpito. Il senso di connettività che esiste in questi luoghi, percorsi che possono essere calpestati da piedi umani solo una volta alla settimana, questo è ciò che voglio esprimere attraverso il mio lavoro.
Nel XXI secolo abbiamo tutti un rapporto tira e molla con la tecnologia, suppongo di trovarmi in un periodo della mia vita in cui sto cercando (non necessariamente riuscendoci) di allontanarmi da quello stile di vita frenetico e tecnologico.
Exhibition View: Josh Rowell – Rhizoma, 2023, Atipografia (Arzignano-Vicenza) | work: Walking pieces (serie) – acrilico su tela | Ph. Luca Peruzzi
Il tempo diventa un elemento centrale nei Walking pieces, ma è sempre stato fondante nella tua pratica. Ce ne parli?
Josh Rowell: La nuova serie di opere d’arte basate sul camminare si fonda su una serie precedente, approfondendo la divisione temporale tra il mondo reale e quello digitale sperimentata nel XXI secolo.
Mentre intraprendevo varie passeggiate nella pittoresca campagna che circonda casa mia, ho raccolto con cura una serie di dati per mappare e illustrare la crescente intrusione del regno digitale nella nostra vita quotidiana.
Le opere risultanti iniziano con una fotografia scattata durante ogni passeggiata, l’immagine viene poi meticolosamente divisa in precisi segmenti rettangolari, in cui ogni segmento simboleggia un minuto del viaggio.
Alcuni segmenti sono coperti con una vivida vernice fluorescente, a significare i minuti in cui ero assorto nel mondo digitale, mentre scrivevo un messaggio, scattavo una foto, facevo una telefonata e così via.
Questi lavori trasmettono vividamente il concetto a cui mi riferisco come “distrazione digitale”, un fenomeno con cui tutti noi abbiamo a che fare nella società tecnologicamente avanzata di oggi. Più tempo investo nel mio telefono, più viene oscurato il mondo naturale un tempo incontaminato; evocando la sensazione che il mondo reale stia gradualmente scomparendo, e sollevando dubbi su come tutti noi scegliamo di investire e utilizzare il nostro tempo.
Questi lavori affrontano il concetto di tempo in modo abbastanza letterale, i quadri stessi diventano linee temporali; ma la mia pratica più ampia utilizza il tempo e le sue contraddizioni come un filo continuo.
La mia serie di mosaici, ad esempio, trae ispirazione dalla cultura di internet, dai meme, dai tweet virali e così via, e li ricrea come mosaici fisici. Si tratta di un’inversione della natura fugace di internet, un meme virale ha una durata di vita molto limitata prima di essere sostituito dalla prossima cosa popolare. Il desiderio di ricrearli come mosaici riguarda un’inversione di quella temporalità; i mosaici sono oggetti fisici molto permanenti e tattili, che possono durare secoli o più.
Exhibition View: Josh Rowell – Rhizoma, 2023, Atipografia (Arzignano-Vicenza) | Ph. Luca Peruzzi
La relazione tra natura e tecnologia è leggibile anche nelle parole luminose “never alone / always connected” che accompagnano l’installazione di tre alberi, uniti tra loro da un cavo luminoso.
Ci racconti il concetto che sta alla base dell’opera?
Josh Rowell: Rhizoma è un’installazione su larga scala composta da tre alberi sopraelevati con le radici esposte, delicatamente collegati da strisce LED pulsanti che si estendono verso le pareti adiacenti, proiettando frasi che recitano “sempre connesso” e “mai solo” in tonalità vorticose di luce blu e verde.
Attraverso questa installazione invito gli spettatori a intraprendere un viaggio che esplora la complessa interazione tra il regno naturale e quello digitale ed è il mio lavoro più ambizioso fino ad oggi.
La contraddizione intenzionale tra la natura organica degli alberi e la crudezza dell’illuminazione a LED funge da ponte simbolico, collegando le funzioni del naturale e del digitale. Questo abbinamento deliberato sfida gli spettatori a considerare la coesistenza e l’interdipendenza di questi regni apparentemente disparati.
Exhibition View: Josh Rowell – Rhizoma, 2023, Atipografia (Arzignano-Vicenza) | work: Rhizoma | Ph. Luca Peruzzi
“Sempre connesso”, “mai solo”, sono frasi aperte, lasciano allo spettatore spazio di interpretazione, ma per me sono altamente specifiche e accuratamente selezionate. Quando parliamo di connettività nel XXI secolo tendiamo a farlo in termini di mondo digitale, sei connesso al wi-fi? Sei connesso ai tuoi dati mobili? Se non accedi alle tue app di social media da un po’, le persone iniziano a chiedersi perché, c’è quasi l’ansia di essere sempre connessi a internet. Ma non è questo il motivo per cui uso questa frase, per me si tratta molto più di liberazione da questa pressione costante, una libertà che provo quando sono nella natura e il risultato della realizzazione che non hai bisogno del tuo dispositivo o di Internet per essere di fatto connesso.
In effetti, ho sentito un maggiore senso di connettività nei luoghi più isolati, sperduto in una foresta o vicino a un lago, rispetto a quando mi trovavo nel mezzo di una città frenetica.
Byron una volta scrisse: “C’è piacere nel bosco senza sentieri, c’è estasi sulla riva solitaria, c’è società dove nessuno si intromette, accanto al mare profondo e alla musica nel suo ruggito. Non amo di meno l’uomo, ma di più la natura”. È questo il concetto e la consapevolezza che esiste un senso di connettività tanto nel mondo naturale quanto in quello digitale. Sei sempre connesso, la vita stessa è un insieme infinitamente complesso di interconnessioni e noi ne facciamo parte.
Exhibition View: Josh Rowell – Rhizoma, 2023, Atipografia (Arzignano-Vicenza) | work: Rhizoma | Ph. Luca Peruzzi
“Mai solo” parla della stessa idea; non importa quanto tu possa essere isolato o perso nel mondo naturale, non sei mai veramente solo. Per quanto lontano dal contatto umano tu possa essere, puoi trarre conforto dal fatto di essere circondato da milioni di anni di evoluzione. Il tuo corpo biologico è in armonia con gli altri che lo circondano e se te lo permetti, puoi sentire un senso di connessione molto più profondo in questo ambiente di quello che puoi ottenere attraverso qualsiasi dispositivo.
Rhizoma è un lavoro autobiografico, una manifestazione personale che traccia un viaggio da una vita che non funzionava per me a una in cui mi sento totalmente in pace.
Per me simboleggia il fatto che nella vita dobbiamo correre dei rischi e seguire il nostro istinto quando necessario. Ma attraverso il lavoro incoraggio gli spettatori ad abbracciare la vita riconoscendo la bellezza sia negli aspetti organici che tecnologici dell’esistenza in egual misura.
L’installazione sfida le nozioni preconcette di connettività, suggerendo che la vera connessione si estende oltre il panorama digitale.
Promuovendo l’apprezzamento per la ricchezza della vita sulla Terra e incoraggiando momenti di libertà al di fuori dei vincoli digitali, Rhizoma parla dell’essenza stessa del sentirsi vivi!
Si tratta di capire che tutti gli esseri viventi sono così strettamente connessi che è impossibile sentirsi veramente soli. È una celebrazione visiva e concettuale della profonda interconnessione che definisce la nostra umanità, invitandoci a esplorare, apprezzare e sentirci veramente vivi nell’intricata danza della natura e della tecnologia.
Exhibition View: Josh Rowell – Rhizoma, 2023, Atipografia (Arzignano-Vicenza) | work: Rhizoma | Ph. Luca Peruzzi
Nella sede di Atipografia ti sei confrontato per la prima volta con la dimensione installativa.
Com’è andata?
Josh Rowell: Sono molto soddisfatto del risultato dell’installazione di Rhizoma! Penso che, come artista, ogni volta che fai qualcosa di nuovo e lo metti in un ambiente pubblico, c’è sempre un elemento di vulnerabilità o ansia su come verrà accolto dal pubblico.
Ma sono incredibilmente felice del risultato e anche del riscontro che ho ricevuto.
Ha anche ampliato enormemente la mia pratica e mi ha dato una base per lavorare su installazioni sempre più estese in futuro, è una sensazione emozionante andare oltre il 2D!
Sono sempre alla ricerca di modi per espandere ed evolvere la mia pratica, e sono sicuro che l’installazione giocherà un ruolo fondamentale andando avanti.
Mi piace particolarmente il modo in cui è possibile occupare uno spazio attraverso il lavoro di installazione, qualcosa che non può essere ottenuto altrettanto facilmente con dipinti e altre opere a parete.
FONTI e APPROFONDIMENTI:
– sito ufficiale dell’artista Josh Rowell (link)
JOSH ROWELL – Rhizoma (link)
a cura di Andrea Maffioli
Atipografia, Arzignano (Vicenza)
06/10/2023 – 20/01/2024
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