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L’obiettivo intimo e testimone dell’Arte. Intervista a Fabrizio Garghetti

Fabrizio Garghetti è fotografo di spicco nel panorama dell’arte contemporanea, documentarista di eventi artistici e delle figure che ne animano la scena. Con una carriera che abbraccia oltre cinque decenni, Garghetti ha sapientemente catturato le recenti stagioni dell’arte e della creatività attraverso la sua lente distintiva.
Mi è capitato di incontrarlo spesso in occasione di mostre e performance, ricordo in particolare la prima volta che lo conobbi personalmente a Milano nello studio del gallerista Paolo Barozzi. Da quella volta in poi l’ho rivisto sempre in occasione di eventi artistici importanti, l’ultimo alla Fondazione Berardelli di Brescia.

Le sue fotografie hanno contribuito a creare una documentazione storica di eventi artistici e culturali significativi. Qual è il suo punto di vista sull’importanza della fotografia come strumento per la preservazione della memoria culturale e artistica? In che modo crede che il suo lavoro possa influenzare la narrazione storica e culturale del futuro?

Può innescare una curiosità guardando il mio lavoro fotografia ma non influenzare le generazione future. Le mie fotografie rappresentano un qualcosa che c’è stato.

Giuseppe Chiari. Archivio Garghetti

Quali sono gli aspetti che ritiene più importanti da evidenziare quando si fotografa una performance o un evento artistico?

Solitamente si dice che il fotografo non deve essere in scena ma deve stare un po’ dietro le quinte. Diciamo che io ho sempre fatto il contrario. L’aspetto fondamentale è capire cosa fanno gli artisti e per farlo ho sempre avuto un rapporto quasi corporeo con loro. Ho sempre prestato particolare attenzione nell’osservare i movimenti e questa analisi e questo studio dell’azione mi permetteva di scattare nel momento giusto.

Il suo lavoro ha spesso una forte componente di intimità e vicinanza con gli artisti che ritrae. Può parlare del rapporto che si sviluppa tra lei e gli artisti durante le sue sessioni fotografiche? In che modo questo rapporto influenza il risultato finale delle sue foto?

Se conosci un artista, la sua poetica e il suo atteggiamento anticipi il suo movimento. Bisogna entrare in empatia con l’artista per capire il suo linguaggio corporeo, la sua gestualità. Ogni artista ha una sua poetica e un modo di muoversi e un modo per esprimere la propria interiorità.

Philippe Corner. Archivio Garghetti

Può condividere con noi qualche aneddoto interessante o curioso legato a una delle sue mostre fotografiche più celebri che sono state richieste in tutto il mondo?

Durante le mie ultime mostre fotografiche ho messo in scena delle opere di Philip Corner, George Maciunas, Daniel Spoerri ecc… L’aspetto importante in queste performance era coinvolgere il pubblico.

Qual è stata la reazione più sorprendente o significativa che ha ricevuto dal pubblico riguardo al suo lavoro espositivo?

Nel corso degli anni ho ricevuto diversi apprezzamenti. Ovviamente fanno sempre piacere. È un continuo scambio quindi non saprei rispondere a questa domanda.

Hermann Nitsch. Archivio Garghetti

Ricorda qual è stata la prima esperienza fotografica nel panorama artistico?

Ricordo di aver usato per la prima volta il mezzo fotografico per registrare un momento che riguardava la musica essendo un appassionato di jazz. Negli anni sessanta lavoravo per l’istituto ottico Viganò e dato che mio padre era il dirigente avevo libero accesso a tutte le macchine fotografiche. Era esattamente l’anno 1961: un giorno avevo in tasca una Gami 16mm e passavo casualmente davanti al teatro lirico di Milano. In quel momento erano in corso le prove di uno spettacolo jazz e in un modo o nell’altro sono riuscito a infiltrarmi. Da quel momento non ho più smesso di scattare e non avrei mai immaginato che quelle fotografie potessero entrare a far parte della storia e della memoria del mio archivio.

Oltre alla sua importante attività di documentazione fotografica, Lei ha spesso partecipato attivamente a performances e collaborato con vari artisti, come Sarenco per la prima biennale di arte africana di Joannesbourg e con Nanda Vigo per ‘Toponomastica di Gibellina’, solo per citarne alcuni. Quali di queste collaborazioni ricorda con particolare affetto e in che modo hanno influenzato la sua prospettiva artistica e arricchito il suo percorso professionale?

È difficile raccontare in poche righe il mio lavoro ma ricordo in particolar modo un le esperienze in Africa a partire dal 1979 con Sarenco. È stato estremamente significativo per me entrare in contatto con gli artisti africani tra cui Chev Musi che è un guerrigliero dei Mau Mau in Kenya.
L’artista ha lottato per anni contro la colonizzazione inglese. È stato un grande sculture. Mi trovavo in quel periodo a Malindi nel parco marino in cui si trovava il villaggio artistico. Da li sono partito insieme a Chev Muai con i matatu stracarchi di sculture per Nairobi. Quando siamo arrivati nel museo di arte moderna e abbiamo iniziato a smontare ho visto una signorina che di colpo ha iniziato a correre perché erano arrivate dieci persone per rendere omaggio a Chev Muai. Ciò che mi ha emozionato è stato questo gesto di umanità da parte di queste persone che hanno reso omaggio a Chev Muai che per un lungo periodo ha vissuto sottoterra con le cannucce per sopravvivere dagli inglesi.

John Cage. Archivio Garghetti

Lei possiede un archivio prezioso per l’arte contemporanea. Quali sono i suoi piani per il futuro di questo archivio? Come intende preservare e condividere questa preziosa collezione con le generazioni future e il pubblico interessato all’arte contemporanea?

È fondamentale esserci. Se non fossi andato in giro a scattare ora non esisterebbe questo archivio. Per questo motivo ho trascurato la questione archivio. Oggi posso dire che insieme alla mia collaboratrice Tonia Paladini ci stiamo occupando di archiviare le valanghe di fotografie che ho scattato nel corso degli anni. Inoltre, stavo pensando di aprire un’associazione per salvaguardare la memoria dell’archivio anche se è necessario avere un supporto economico e le persone adeguate attorno. Non è semplice.

Da quando ha iniziato la sua attività di fotografo, quanto pensa sia cambiata la scena artistica fino ad oggi?

La scena artistica è in continua evoluzione. È normale che sia cambiata sarebbe strano il contrario.

Yoko Ono. Archivio Garghetti

Fonti e approfondimenti

ARCHIVIO GARGHETTI

Emiliano Zucchini

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