Create per la prima mostra personale dell’artista francese, le Vedute di Eva Jospin ripercorrono con materiali e tecniche diverse, i principali temi del suo lavoro.
Figlia di Lionel Jospin, primo ministro di Francia dal 1997 al 2002, l’artista vive e lavora a Parigi ed è rinomata per le sue affascinanti installazioni di fitte foreste, grotte e follie architettoniche minuziosamente intagliate nel cartone e per i raffinati arazzi che intrecciano riferimenti alla storia dell’arte. Inizia i suoi studi con la la pittura, cui presto preferisce una pratica artistica originale.
Appassionata di storia, scenografia teatrale e di cultura rinascimentale e barocca, sceglie un materiale contemporaneo di recupero che le permette un uso artigianale, fra scultura e intaglio: il cartone multistrato.
Questo materiale da un lato richiama concettualmente i cartoni preparatori dei dipinti e degli arazzi rinascimentali, dall’altro si lega ai primi soggetti delle sue opere, le foreste. Tra le sue installazioni permanenti, spiccano “Folie”, presso il Domaine de Chaumont-sur- Loire (2015), “La Traversée” a Beaupassage, Parigi (2018) e Microclima” (2022): concepita come un giardino d’inverno in una serra all’interno del negozio Max Mara, l’opera e’ in dialogo con l’architettura di Piazza Liberty a Milano.
Eva Jospin: veduta della mostra Galleria Continua, San Gimignano | Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA. Photo by: Ela Bialkowska, OKNO Studio
Le “Vedute” alla GALLERIA CONTINUA individuano alcuni passaggi fondamentali del suo lavoro. Può parlarmene?
Eva Jospin: Per la prima mostra di questa nuova collaborazione con Galleria Continua ho scelto un titolo che riprende uno stile di pittura. Una mia scultura del 2019, s’intitolava Capriccio, un genere abbastanza vicino alle ‘vedute’: entrambi raccontano un legame con il paesaggio trasformato dallo sguardo del pittore.
Il paesaggio nasce inizialmente negli sfondi delle pitture rinascimentali, come nella Vergine delle rocce di Leonardo da Vinci, e in tantissimi altri dipinti. Quando ho iniziato a fare le prime foreste mi sono soprattutto ispirata a questi dipinti e agli arazzi; per questi ultimi, in particolare, alle scene di caccia.
Non amo molto lavorare usando l’immagine fotografica. I miei riferimenti sono la pittura, l’architettura, il paesaggio naturale delle foreste, delle grotte, delle rocce e dei minerali. Quindi il paesaggio arcaico, oppure quello trasformato dalla visione di pittori, scultori e scenografi.
Eva Jospin: Grotte 2023, cardboard, wood, shells, mixed media, 115 x 88 x 57 cm (without base). | Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA. Photo: Ela Bialkowska, OKNO Studio
Un altro riferimento importantissimo per il mio lavoro sono i giardini barocchi, mia grande passione. Lo spirito dei giardini barocchi italiani si è poi diffuso in tutta Europa, ha influenzato lo stile rocaille in Francia nel ‘700 fino al Parc des Buttes-Chaumont di metà ottocento a Parigi, per arrivare ai giorni nostri.
A San Gimignano era importante mostrare non solo le tecniche ma i temi del lavoro. Quindi ci sono un altorilievo, una foresta in cartone che nasconde una piccola grotta, un disegno e la scultura di una grotta. Mi piacerebbe trovare un giorno qualche monetina in una delle mie grotte gettata da qualcuno per esprimere un desiderio, come si fa per le grotte e i monumenti antichi! In Esposto c’è anche un arazzo, il primo che faccio di questa dimensione con una cornice.
Il ricamo è una parte importante del suo lavoro. Ha già lavorato con arazzi su grande scala per la scenografia dell’ultima collezione autunno inverno 2021 di Dior intitolata Chambre de Soie (camera di seta), ispirata alla Sala dei ricami di Palazzo Colonna a Roma e al romanzo del 1929 di Virginia Woolf Una stanza tutta per sé…
Eva Jospin: Gli arazzi realizzati per la scenografia di Dior erano molto grandi, misuravano, in totale, novanta metri di lunghezza. I tre arazzi esposti nella mostra intitolata Palazzo al Palais des Papes di Avignone (fino al 07/01/24 N.d.A.) misurano complessivamente trenta metri.
Eva Jospin – Galleria 2023 (detail), silk thread embroidery on silk canvas and cardboard frame, 160 x 240 cm unframed, 176 x 256 cm with frame.| Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA. Photo: Ela Bialkowska, OKNO Studio
Anche questi ultimi arazzi sono una collaborazione con gli artigiani dell’atelier Chanakya in India?
Eva Jospin: Si, sono bravissimi e ho un ottimo dialogo con loro. Per un’artista è molto importante stabilire buone relazioni con gli artigiani. Più la collaborazione va avanti, più entrano nel tuo mondo, nel tuo gusto. Generalmente quando ci si trova bene subito significa che hanno capito il lavoro e la collaborazione diventa sempre più precisa.
In mostra alla GALLERIA CONTINUA sono anche tre bassorilievi in cemento. Quale l’ispirazione dietro a questo nuovo lavoro?
Eva Jospin: L’attrazione che provo per il mondo minerale. Sono lavori più astratti, calchi di sculture in cartone ottenuti sovrapponendo moltissimi strati di carta, lavori che richiedono un intervento di scultura complesso e un lungo tempo di esecuzione.
La stratificazione delle rocce mi affascina: ci mostra uno spaccato del tempo. Ed è l’unica cosa che permette a noi esseri umani di leggere il passato del pianeta e delle stelle. I fossili ci insegnano che prima di noi c’era vita sul pianeta.
Tornando alle grotte barocche, è interessante come spesso in esse venissero inserite conchiglie e pezzi di corallo, perché allora non si conoscevano ancora esattamente i processi di formazione delle rocce. Si pensava che nascessero molli, un po’ come il corallo, e che si pietrificassero nel tempo, cosa vera solo per le rocce vulcaniche.
Trovo interessanti i momenti in cui la comprensione del mondo progredisce, ma in parte è ancora misteriosa e vaga, come nell’epoca barocca. Sono momenti in cui l’immaginazione s’insinua negli anfratti della conoscenza, per fertilizzarla.
Eva Jospin – Stratification (Vedute) series 2023, acrylic cement and pigments, 170 x 125 cm. | Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA Photo: Ela Bialkowska, OKNO Studio
Lei ha iniziato lavorando da sola un materiale che reperiva facilmente in strada, il cartone. Ora ha commissioni importanti e lavora su grande, o addirittura grandissima scala, penso ad esempio all’installazione architettonica per la Cour Carreè del Louvre. Come ha vissuto il passaggio da un piccolo studio a un grande “bottega” artistica, per usare un termine rinascimentale?
Eva Jospin: È successo tutto abbastanza velocemente. La prima volta che ho lavorato con più assistenti è stato proprio per il progetto del Louvre nel 2016, e da allora mi sono abituata ad avere una squadra più ampia per portare a termini progetti di grandi dimensioni.
Il mio è un lavoro che divora il tempo, e oggi necessariamente lavoro con una squadra. Quando le persone iniziano a lavorare con me non hanno la minima idea di come eseguire il lavoro, devono scoprire una tecnica che ho inventato io. Per il ricamo, o il bronzo, lavoro con artigiani bravissimi e non mi sento frustrata se non so fare un calco o ricamare, perché sono completamente assorbita dalle altre parti del mio lavoro. Nel mio studio organizziamo letteralmente tutta la produzione.
Eva Jospin:Balcon, 2015 – metallo e cartone, 250 x 330 x 35 cm – Exhibition Panorama, Fondation Thalie, Bruxelles, Belgium, 2023 | Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA. Photo by: Jan-Kees Steenman
A proposito di storia, in conversazione con lo storico dell’arte Pierre Wat lei ha parlato del suo interesse di come il fare arte abbia sempre radici nel passato, e spesso in narrazioni oppure opere di cui si sono perse le origini.
Eva Jospin: Di una gran parte delle cose che noi vediamo, non conosciamo l’origine e questa è una cosa che trovo intrigante, cose ripetute di cui si è perso l’inizio, ma che attraverso la parola o i gesti sono potute arrivare fino a noi. Spesso anche il ‘dove’ si perde: è anche per questo che mi piace mettere a confronto la memoria umana con quella minerale, della roccia, dove quest’ultima vince sopra a tutto.
Eva Jospin: Lustre, 2023 – metallo, cartone, vetro, elementi vari, 252 x 185 x 185 cm | Courtesy of OTresson / Avignon Tourisme / the artist and GALLERIA CONTINUA
Ha affermato che l’invenzione della prospettiva e ha creato un approccio alla rappresentazione del paesaggio molto specifico.
Eva Jospin: È vero. Ad un dato momento, su tutti i sensi abbiamo privilegiato la vista: per noi in Europa l’occhio è diventato centrale. Per molto tempo il modello e il disegno non sono stati gli unici strumenti per ‘costruire’ il mondo. C’erano altre tecniche.
L’invenzione della prospettiva ha influenzato l’architettura, il modo di costruire i giardini, le scenografie di teatro. In architettura, penso ad esempio ai giochi prospettici Palazzo Farnese a Roma, all’inquadratura di pietra delle porte al piano terreno che creano una finta prospettiva con un punto di fuga alterando la percezione dello spazio.
Per me dunque il disegno può creare dei mondi, può diventare gigantesco e lo stesso vale per il modello. Ed è vero che nel mio lavoro mi piace molto trasformare la scala della rappresentazione.
Eva Jospin – Forêt 2023, cardboard and wood, 170 x 240 x 36 cm. | courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA. Photo: Ela Bialkowska, OKNO Studio
Il suo lavoro sembra negare una visione prospettica del paesaggio: le foreste e soprattutto i bellissimi disegni che sono qui in mostra si distinguono per la ricchezza di dettagli in cui l’occhio si perde, non c’è un punto di fuga.
Eva Jospin: Sì è vero, uso molto il dettaglio per decentralizzare la visione, i miei disegni sono super sottili, quasi trasparenti, bisogna avvicinarsi. Sono opere decisamente meno drammatiche delle foreste. Queste ultime ti catturano, un po’ come una donna vistosa, mentre il disegno richiede concentrazione e pazienza.
I disegni e il ricamo non giocano mai sulla prospettiva, tutto è piatto, sullo stesso piano. Amo lavorare o con la scultura, che si può aggirare, dove poter entrare in un ambiente. Ma anche per quanto riguarda le foreste, lo spettatore resta sempre sulla soglia.
Eva Jospin: Côté Cour Côté Jardin, 2021 – legno e cartone, 350 x 500 x 360 cm. Exhibition Palazzo, Palais des Papes, Avignon, 2023 | Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA
Come direbbe che si declina, nel suo lavoro, il rapporto fra cultura e natura?
Eva Jospin: Lo spazio che io immagino ancora non è reale, ma spero che lo diventi: spero di creare il mio giardino. Lo spazio del giardino è quello dove natura e cultura s’incontrano, e si mischiano.
Un’altra cosa che amo del giardino, e che anche i più belli spesso sono effimeri. Sono pochissimi i parchi o giardini storici che si sono mantenuti intatti nel tempo: cambiano proprietario e vengono alterati. Nel mio lavoro metto in relazione il giardino con il materiale che uso, il cartone. Un giardino non è mai invasivo, se non lo mantieni, la natura riprende il suo corso.
Anche il mio rapporto con l’architettura è quasi sempre riferito alla “Follia” o al “Palazzo” più che ad altri tipi di architettura. Anch’essi sono legati all’idea di giardino.
Eva Jospin: Nymphées, 2022 – legno e cartone, pietre, conchiglie, carta colorata,
1000 x 800 x 700 cm. Exhibition Panorama, Fondation Thalie, Bruxelles, Belgium, 2023 | Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA. Photo by: Camille Lemonnier
Il giardino come luogo di cultura è anche un concetto molto orientale.
Eva Jospin: Non necessariamente. Credo che tutte le epoche e le civiltà abbiano creato dei giardini: potevano essere orti, paesaggi rurali, frutteti o parchi per la caccia. In origine il significato di Paradiso è giardino recintato [dal persiano pairidaēza N.d.A.], ma è anche vero che questi parchi furono creati per la caccia. Poi c’erano i giardini di Epicuro, che faceva filosofia in giardino.
Nel nostro rapporto con il giardino, trovo particolari le idee d’artificialità e illusione. I cinesi, che hanno un rapporto molto forte con il giardino, hanno una vera devozione per le pietre, ma non costruiscono finte grotte. Prendono pietre in cui vedono qualità speciali, e possono addirittura spostarle così come sono, o minimamente modificate, da una parte all’altra della Cina, che è sicuramente più costoso di costruire una finta grotta. La roccia diventa per sé elemento di devozione verso la natura.
Al contrario noi abbiamo ricreato delle finte rocce, un inganno molto semplice e ingenuo, perché il trucco è palese. Ma per un momento, questo semplice inganno ci fa tornare bambini. Nel mio lavoro mi pongo delle domande, ma non ho le risposte. Non so perché ricreiamo la natura attraverso l’illusione, ma questo mi affascina molto e forse il fatto di riprodurre l’illusione mi farà un giorno trovare una risposta.
Eva Jospin. Photo by Lorenzo Fiaschi.
Fonti e approfondimenti:
Eva Jospin: “Vedute”
GALLERIA CONTINUA -Arco dei Becci- San Gimignano dal 27/05/2023 al 10/09/2023
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