Con un approccio estetico ‘forense’ e attraverso una ricerca articolata e approfondita, Paolo Cirio trasforma grafici di dati economici e scientifici, documenti giudiziari e immagini satellitari in opere attraverso le quali leggere le responsabilità e le verità taciute dalle grandi compagnie energetiche globali, e gli effetti delle loro emissioni sul clima. Il pubblico a fine mostra è invitato a compilare un modulo esprimendo la propria opinione sulle accuse e le prove presentate e le loro opinioni sono esposte, creando una giuria democratica nel processo alle compagnie del carbone, gas e petrolio. Avvocati, esperti di giustizia climatica, di economia e di diritto ambientale intervengono come testimoni nelle audio interviste realizzate dall’artista e presenti in mostra.
La serie di opere create con il concetto di tribunale climatico è stata presentata per la prima volta nel 2021 e l’idea di giustizia climatica successivamente sviluppata attraverso un’estetica probatoria con installazioni, arte digitale e interventi pubblici. Inoltre, un recente saggio dell’artista sull’etica dell’arte, traccia le linee di un’estetica intorno al cambiamento climatico.
In concomitanza alla Biennale d’Architettura, l’opera di Paolo Cirio Climate Culpable, una selezione di sei bandiere delle principali società del fossile è installata all’ingresso della Fondazione Prada all’interno della mostra collettiva Everybody Talks about the Weather.
Informazioni e approfondimenti in fondo all’articolo.
Paolo Cirio: Climate Mismatch, veduta della mostra a Sale Docks, Venezia. | Courtesy l’artista e Sale docks, Venezia.
Perchè hai scelto di affrontare l’argomento del cambiamento climatico attraverso un tribunale climatico?
Paolo Cirio: Per almeno due ragioni. La prima è che questa scelta fa parte della mia estetica.
Negli anni mi sono occupato di questioni riguardanti temi dell’economia e della legge, quindi per me è stato un approccio intuitivo ed immediato. Poi, in particolare, perché questa mostra riguarda l’aspetto della giustizia climatica nel senso più stretto del termine, quindi inevitabilmente un tribunale. Un tribunale internazionale, democratico e utopico, anche perché mette in causa tutte le grandi compagnie fossili nel mondo.
Paolo Cirio: Climate Culpable, 24 bandiere, stampe in tessuto, 140x100cm. cad. | Courtesy l’artista e Sale docks, Venezia.
Quando hai iniziato ad occuparti di cambiamento climatico?
Paolo Cirio: Mi occupo della situazione climatica dal 2009, quando facevo ricerche per un progetto poi uscito nel 2010. Benché se ne parlasse già, forse il momento in cui questo argomento è diventato mainstream è stata l’uscita nel 2006 del documentario di Al Gore “An Inconvenient Truth”. Tuttavia non si sapeva allora tutto quello che sappiamo oggi. La questione del cambiamento climatico è cresciuta molto lentamente.
All’epoca ero a New York e realizzai un progetto sull’innalzamento del livello del mare sulla città, su quali aree saranno sommerse, cercando anche di interagire con gli abitanti di quelle zone: era un progetto partecipativo. Ancora non c’erano stati grandi allagamenti, il primo evento significativo fu nel giugno del 2013, e lo vissi direttamente. Avevo però già scritto un manifesto in cui menzionavo il peso nel cambiamento delle compagnie fossili internazionali.
Durante la pandemia nel 2020, ho ripreso a studiare l’argomento spinto dall’impressione direi fisica che il clima stesse velocemente cambiando, e ho comperato pubblicazioni recenti. Caso vuole, perchè noi artisti siamo a volte aiutati dalle coincidenze, che mi sia imbattuto nel libro intitolato “Tutte Le Colpe dei Petrolieri” di Marco Grasso e Stefano Vergine, che confermava le mie ricerche sull’economia e sulle questioni legali legate alle compagnie fossili. Il risultato è questa serie di lavori, che è stata presentata per la prima volta nell’ottobre del 2021.
Paolo Cirio: Climate Comparing Evidence, 2 tele dipinte 195x200cm.cad. | Courtesy l’artista e Sale docks, Venezia.
Hai detto che la questione climatica è cresciuta, nell’opinione pubblica intendo, molto lentamente. É stato intenzionale? Una parte della tua mostra evidenzia come già dagli anni ’80 le compagnie fossili sapessero in che direzione andavano le cose.
Paolo Cirio: Addirittura lo sapevano dagli anni ’60! Ciò che sto cercando di fare con questa mostra e con la ricerca attinente è scrivere una storia che non s’insegna a scuola ne è divulgata altrove. Storia che le compagnie fossili hanno cercato di negare fino a due, tre anni fa. Non tutte le compagnie fossili hanno questo atteggiamento, alcune hanno iniziato ad avere un approccio un po’ meno ostile all’apertura, o semplicemente hanno risposto alle accuse che ormai diventavano pesanti. Ogni compagnia ha la sua storia. C’è poi la storia scientifica. Gli scienziati sapevano benissimo di quanti gradi la temperatura sarebbe aumentata nei decenni, e queste informazioni erano state comunicate ai politici già negli anni sessanta.
Anche le compagnie fossili conoscevano molto bene la questione. Il primo documento, che ho incluso nella mostra perché in un certo senso è storico, del quale sono poi seguite altre versioni, che cerca di stimare le emissioni in modo preciso è del 2017. Solo quest’anno, nel 2023, incominciamo ad avere una visione ‘real time’ della situazione con i satelliti. L’Europa, e non solo, ha lanciato nuovi satelliti per controllare le emissioni. Proprio oggi su The Guardian internazionale sono pubblicate le immagini satellitari abbastanza scioccanti di alcuni pozzi per l’estrazione di gas in Turkmenistan, che rilasciano metano nell’aria in un anno pari a tutte le emissioni della Gran Bretagna nello stesso periodo.
In mostra sono anche presenti immagini satellitari, alcune storiche più conosciute come il ghiacciaio di Presena coperto da teli per rallentarne lo scioglimento, messe a confronto con fenomeni meno conosciuti che causano il riscaldamento globale.
Paolo Cirio: Climate Causes & Effects Evidence, 2 stampe su carta, 130×220 cm cad. | Courtesy l’artista e Sale docks, Venezia.
C’è qualcosa che ti ha particolarmente stupito durante le tue ricerche per la mostra?
Paolo Cirio: Tutto, ed è stato il traino che mi ha fatto continuare a leggere, ricercare e creare tutta questa mole di opere. Onestamente non conoscevo molte di queste aziende e mi sono stupito, pur avendo fatto molti lavori sulle multinazionali internazionali e sulla finanza, di trovare i nomi e i loghi di queste mega- società che non conoscevo e che hanno un impatto enorme sul cambiamento climatico. Molte informazioni fino a pochissimo tempo fa circolavano solo nel mondo scientifico.
Paolo Cirio: Climate Mismatch, veduta della mostra a Sale Docks, Venezia. | Courtesy l’artista e Sale docks, Venezia.
I tuoi progetti artistici implicano sempre ricerche estremamente approfondite e articolate, e a volte anche la diffusione di dati sensibili. Pensi che essere un artista faciliti o al contrario renda più difficile la ricerca, rispetto al giornalismo investigativo?
Paolo Cirio: Molte delle mie fonti arrivano dal giornalismo investigativo. Ma dipende naturalmente di che giornalismo stiamo parlando. In Italia ad esempio l’ENI controlla gran parte dei quotidiani, è presente nelle università e nei centri di ricerca. É molto difficile che informazioni di un certo tipo riguardanti ENI vengano pubblicate sul Corriere, si sa pochissimo sui suoi progetti e sulle banche che li finanziano, per i giornalisti anche volendo sarebbe impossibile pubblicarle. L’artista è in questo senso più libero anche se dipende dalle situazioni.
ENI finanzia anche tanti musei: a Torino un museo ha il logo di ENI davanti all’ingresso, ad esempio. Il mondo dell’arte in Texas e California è completamente dipendente da donatori proprietari di pozzi di petrolio. Sarebbe forse possibile fare una mostra sul cambiamento climatico in questi musei ma certamente non rivelare da dove arrivano i soldi.
Fortunatamente in Italia esistono spazi come Sale Docks che sono liberi e permettono di esprimere queste verità così importanti per tutti e per la storia. In realtà l’influenza delle compagnie fossili è infinita in politica e nell’informazione e uno dei loro principali obbiettivi è mantenere una legittimazione sociale, ragion per cui finanziano dallo sport alla cultura, e non si fermeranno.
Paolo Cirio: Climate Lawsuits, stampe B/W | Courtesy l’artista e Sale docks, Venezia.
In alcuni paesi, Gran Bretagna ad esempio, c’è una buona collaborazione fra attivisti e artisti. A tuo parere com’è la situazione in Italia?
Paolo Cirio: La situazione italiana è piuttosto triste ma anche un po’ paradossale. Si celebrano Pier Paolo Pasolini, i movimenti sociali degli anni settanta e i partigiani, ma l’ attivismo artistico oggi è praticamente è inesistente, anzi è un problema. Non ho sottomano una lista di artisti che fanno attivismo in Italia. Sale Docks è l’ esempio di uno spazio che deve vivere una situazione di confronto rispetto ad altre situazioni più organiche dove è possibile collaborare con curatori e istituzioni.
Il motivo di questo stato delle cose è sicuramente economico e politico, perché le istituzioni d’arte sono sempre più nelle mani di privati che non vogliono critiche. Ma la questione è anche culturale. Dopo tutto l’Italia è una nazione piena d’accademie d’arte, di professori e curatori, dove non viene contemplata la possibilità che l’arte possa essere anche politica, e anche quella di rapportarsi con la nostra storia artistica.
Paolo Cirio: Climate Mismatch, veduta della mostra a Sale docks, Venezia. | Courtesy l’artista e Sale docks, Venezia.
Nel febbraio 2023 hai creato il sito “ Climate Class Action” per promuovere azioni collettive contro le aziende maggiormente responsabili del cambiamento climatico e calcolare una compensazione per chi ne è stato danneggiato. Me ne puoi parlare?
Paolo Cirio: Ci sto lavorando, focalizzandomi anche sugli Stati Uniti, perchè le class action funzionano meglio lì. In Italia mi sto organizzando per promuovere il progetto. Al momento la strategia è promuoverlo nelle piccole città, particolarmente negli USA, che sono state colpite da eventi estremi dovuti al cambiamento climatico e capire se si riesce a creare una massa critica di persone che incomincia a seguire ed entrare a fare parte di questo movimento.
Questo è un lavoro più da attivista, non c’è molto di artistico in questa particolare campagna, benché sia anche stata lo spunto per scrivere un testo in cui riassumo, un po’ come atto finale della mia ricerca, tutte le accuse alle compagnie fossili, sempre coerentemente all’ idea di tribunale climatico. Le accuse, se la class action funzionerà, verranno poi espresse in un vero tribunale climatico.
Durante la Biennale di Architettura sara’ presente una tua installazione alla Fondazione Prada, di cosa si tratta?
Paolo Cirio: Climate Culpable, in mostra alla Fondazione Prada di Venezia e’ all’interno di una collettiva sul clima intitolata Everybody Talks About The Weather che resterà aperta durante la Biennale d’Architettura. Si tratta di un’opera composta da sei bandiere, parte di una serie di 24, che portano i loghi di alcune delle maggiori compagnie fossili, bandiere che ho annerito tingendole con olio di motore.
Anche Climate Mismatch si apre con bandiere decorate con i logo delle compagnie petrolifere. Quando ho visitato la mostra era passata qualche settimana dall’inaugurazione, ma si percepiva ancora l’odore di olio esausto e al tatto le bandiere erano untuose.
Paolo Cirio: Questo ti conferma quanto il petrolio sia purtroppo persistente nell’ambiente.
Paolo Cirio: Climate Jury | Courtesy l’artista e Sale docks, Venezia.
Fonti e approfondimenti:
Sale docks : Climate Mismatch, fino al 18 giugno 2023. Magazzini del Sale, Dorsoduro 265 Venezia.
info Everybody Talks about the Weather – Fondazione Prada Venezia
Add comment