A cura di Vicente Todoli’, NOw/here presenta due serie di opere di grande formato: Ritratti (2022), quattro dipinti in oro e ruggine installati su strutture di in tubo giunto e NOw/here (2023), dieci grandi campiture di carboncino bianco su tela sospese al soffitto, che illuminate dall’alto, creano coinvolgenti giochi di ombre e luce.
Romano di nascita, residente a Napoli, Gian Maria Tosatti lavora principalmente con progetti complessi a lungo termine su temi legati a identità, sia sul piano politico che spirituale. Si è formato artisticamente tra Pontedera, Varsavia e Roma nell’ambito della performance, ed ha a vissuto a New York tra il 2009 e il 2018.
Le grandi installazioni ambientali site specific che hanno guadagnato notorietà internazionale sono concepite per edifici o intere aree urbane, dove l’artista coinvolge nel lavoro le comunità̀ di residenti. Giornalista e scrittore di saggi sull’arte e la politica, Tosatti dal 2021 è direttore artistico della Quadriennale di Roma.
Abbiamo parlato di alcuni punti chiave del suo pensiero.
*note e approfondimenti in calce all’intervista
Gian Maria Tosatti : “NOw/here”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023 |
Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio.
Come emerge chiaramente da questa mostra, la luce è un cardine estetico e concettuale del suo lavoro. Per questo, e per l’oro che impiega nei Ritratti, queste opere mi hanno fatto pensare in prima battuta a pale d’altare o fondi oro bizantini, complice anche l’atmosfera meditativa dell’installazione. Molto spesso il suo lavoro tratta di questioni socio-politiche e storiche attingendo a cultura e metafore del misticismo cattolico, dall’idea di luce come rivelazione, alla citazione di Santa Teresa d’Ávila che ha ispirato il progetto Le sette stagioni dello spirito a Napoli, al riferimento a figure angeliche. Cosa l’ha portata a riflettere da questa prospettiva?
Gian Maria Tosatti: Il tema non è tanto il misticismo quanto la portata simbolica dei gesti. Abbiamo una tradizione ricca di elementi simbolici consolidati che ci aiutano ad entrare con maggiore confidenza all’interno di questioni complesse e luoghi filosoficamente accidentati.
All’interno del progetto che ha citato, mi sono dedicato alla figura di Lucifero per poter affrontare il concetto di male attraverso una strada familiare. Affrontare il concetto di male filosoficamente diventa complesso.
Questa è la ragione per cui mi sono molto dedicato molto al linguaggio del cristianesimo, che al di là di essere una confessione è anche una mitologia della nostra civiltà. Abbiamo sempre utilizzato miti e archetipi che vengono da quella particolare narrazione come elementi attraverso i quali confrontarci.
Gian Maria Tosatti: Il mio cuore è vuoto come uno specchio – Episodio di Catania, 2014. Installazione ambientale Site-specific in Palazzo Biscari, Catania | Courtesy l’artista e Galleria Lia Rumma, Milano e Napoli.
Poi potrebbe esserci un punto di vista personale, ma questo non riguarda il pubblico, perché un’opera deve essere buona per tutti. Gli elementi linguistici e le figure simboliche che uso sono comuni anche ad altre confessioni che conoscono quei miti e li hanno visti svilupparsi nei vari scenari che abitualmente dipingiamo nella cultura di massa.
Rispetto ai lavori attuali, la possibile somiglianza con pale d’altare o ori bizantini, è data dal fatto che comunque sia, assorbiamo un certo tipo cultura e non necessariamente solo noi italiani, anche chi l’ha conosciuta durante la sua formazione o una permanenza in Italia.
Gian Maria Tosatti: NOw/here, #002, veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023 |
Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio.
A me dispiace quando le persone pensano che riferirsi al passato sia uno scivolone. È ovvio che quando usiamo un’immagine la usiamo nella pienezza del suo arsenale di significati, forme e potenzialità. Tutto può assomigliare ad altro, anche io uso parole che hanno usato Sandro Penna piuttosto che Manzoni o Boccaccio, e queste parole hanno forza evocativa proprio grazie al loro portato iconico, all’essere state pronunciate in un determinato contesto, in una certa frase. Pensare che ci si debba sempre inventare tutto è semplicemente naif.
Il problema vero, al contrario, è conoscere tutto il portato delle parole e usarle sapendo cosa si portano dietro, a volte denunciandone anche il significato tragico. Ogni cosa che maneggiamo in una civiltà che è arrivata ai suoi duemilaseicento anni, da quando la democrazia è uscita dalla tenda di Pericle, è un oggetto complesso.
Non uso certe immagini con l’idea di citare uno o l’altro, perché sarebbe derivativo, ma se utilizzo l’oro so perfettamente quale sia il portato storico che si trascina dietro. L’idea che questi miei lavori echeggino fondi oro bizantini mi sembra naturale, così come è stato naturale per me nel mio ultimo libro parlare delle opere degli anni settanta e ottanta di James Turrell e quelle di Gregor Schneider e Christoph Büchel degli anni duemila, partendo dagli ori bizantini della Cattedrale di Torcello.
Gian Maria Tosatti NOw/here #008 (particolare), veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023 | Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio.
Nella bella corrispondenza con Anton Giulio Onofri presentata recentemente in un volumetto alla Fondazione Mudima insieme agli scatti della sua casa Napoletana fotografata da Onofri in sua assenza (*1), lei dice: “quello che tu mi mostri sono io senza di me, io che scompaio davanti allo specchio…Perché scomparire è l’unica cosa che conta, levarsi da davanti allo specchio che sto costruendo da tanti anni ormai”. Che importanza ha per lei fare un passo indietro anche alla luce delle opere esposte qui in Bicocca, che lei ha definito i suoi ‘sudari’.
Gian Maria Tosatti: È essenziale, perché le persone non vengono a vedere me, ma se stesse. Se mi metto davanti allo specchio il pubblico vede la mia nuca, che non è particolarmente interessante. Il pubblico va a una mostra per vedere il lavoro, non l’artista. E il lavoro è uno specchio, questo è l’elemento nodale di come la penso io.
Ha lavorato a progetti con diverse comunità, dagli immigrati della Jungle di Calais agli abitanti del quartiere curdo di Tarlabaşı a Istanbul. C’è stata un’esperienza che ha particolarmente inciso nella sua vita o nel suo modo di fare arte, e perché?
Gian Maria Tosatti: Tutte quante, ben oltre quelle che ha nominato. Da ragazzo occupavamo palazzi a Roma per poter dare una casa alle famiglie in difficoltà, che fossero migranti o italiani. Per me la legge è molto importante, è il fondamento della costruzione dello Stato ed è il momento della fine della sopraffazione. Però il rapporto fra legge e giustizia non è semplice, come evidenzia Sofocle nell’Antigone, c’è sempre un elemento di giustizia che si trova al di fuori della legge.
Non occupavamo solo per non lasciare in strada chi non aveva una casa. Lavoravamo da una prospettiva socialista, che penso valida ancora oggi, anche per dare un’‘educazione politica’ alle persone. Per emendare la forzatura della legge, cercavamo di insegnare cosa sono la democrazia e cos’è lo Stato, come interloquire con esso, e quali altre prospettive di stato potrebbero esistere, al di là di ogni sovversione.
Occupare luoghi pubblici abbandonati era un modo per contribuire al cambiamento delle leggi, perché un principio di giustizia venga incluso nella legge, e non certo in una prospettiva anarchica che non ho mai apprezzato e verso la quale nutro tutto il sospetto del mondo.
Gian Maria Tosatti: “Damasa,” veduta della mostra, Galleria Lia Rumma, Napoli, 2017 | Courtesy l’artista e Galleria Lia Rumma, Milano e Napoli Foto Danilo Donzelli.
Quando i miei impegni sono diventati più pressanti, ho cercato di portare questo tipo di impegno anche all’interno dei lavori, con modalità del tutto differenti. A Calais l’idea non era quella di occupare ma di consolidare l’esistenza di un luogo attraverso la narrazione di un’identità. Io in fondo faccio questo. I poeti costruiscono l’identità attraverso il linguaggio e la narrazione. A Tarlabaşı il discorso era ancora diverso.
Non c’è un’esperienza che conta più delle altre, talvolta è l’incontro anche con una singola persona. Abbiamo lavorato molto con dei ragazzi napoletani che venivano dall’Africa, cercando di dare loro delle possibilità attraverso un processo culturale, d’introdurli al mondo del lavoro. Uno di loro, ad esempio, è diventato una figura di riferimento a Napoli fondando la sua associazione che sostiene i migranti nelle interlocuzioni col mondo del lavoro.
Gian Maria Tosatti: Histoire et destin – New Men’s Land (Star), 2016 Vernice oro su rovina
Site-specific in The Jungle of Calais | Courtesy l’artista e Galleria Lia Rumma, Milano e Napoli.
Dietro a un’opera d’arte c’è molto, non soltanto il suo valore poetico ma civile, che porta elementi positivi all’interno della società. A Napoli, con il progetto Le sette stagioni dello spirito abbiamo messo in sicurezza e riconsegnato alle istituzioni, in condizioni di poter essere riutilizzati, sette edifici monumentali storici danneggiati dalla guerra o dal terremoto dell’80. Un processo culturale ha riconsegnato alla città dei nodi storico-architettonici importantissimi.
Ogni esperienza di questo tipo ha avuto un peso importante nel farmi capire quale sia il vero valore dell’arte. Il problema della mia generazione è che stata educata al fatto che l’arte è una specie di minuetto di corte per una piccola parte di borghesia, che la usava come momento di decorazione del loro status, e noi artisti come truccatori per farla sembrare intellettuale, cosa che la borghesia italiana, luminose eccezioni a parte, ha sempre faticato ad essere, come ritroviamo nel bel cortometraggio di Pasolini La ricotta.
Non siamo i decoratori della borghesia, questo l’ho imparato non solo attraverso gesti di poetica. Rientrando Italia dagli Stati Uniti, dove mi ero trasferito perché il ministro dell’economia aveva detto che con la cultura non si mangia, con la cultura abbiamo rimesso in piedi un pezzo di Napoli senza un centesimo di fondi pubblici. Era un modo per rispondere all’idea limitativa della cultura che la mia generazione si era fatta.
Gian Maria Tosatti: My dreams, they’ll never surrender, 2014, Installazione ambientale site-specific in Castel Sant’Elmo, Napoli |Courtesy l’artista e Galleria Lia Rumma, Milano e Napoli.
A proposito degli Stati Uniti, li ha descritti come un Paese che non ha accettato sé stesso, “fa outing ma poi si odia”, “un luogo con un sogno ucciso”. In questo senso trova l’Europa diversa?
Gian Maria Tosatti: Trovo l’Europa immensamente diversa, al di là della schiuma di qualche modello arrivato con il cinema e quant’altro. Gli Stati Uniti ad un certo punto hanno fatto la guerra contro l’Europa e si sono divisi culturalmente e politicamente. Benissimo, è giusto che ogni paese trovi la sua strada, ma non abbiamo niente in comune.
L’America è un paese che non e mai stato realmente costruito, si fonda su grandi città che galleggiano sul nulla, fornaci che bruciano l’esistenza dei giovani. Noi abbiamo invece una rete neurale estremamente fitta e sottile, in Italia si può vivere in provincia senza sentirsi ‘in the middle of nowhere’, senza avere bisogno di una grande città per fare la propria strada e la propria storia.
Esiste un concetto di comunità in Europa che non è quello farlocco e violento presente oggi negli Stati Uniti di comunità di orgoglio che si odiano. Da noi esistono comunità di prossimità. Napoli ad esempio è una città poverissima, che si basa sull’economia del vicolo dove alcune persone passano l’intera vita in una microeconomia precaria ma mutuale, di gente che si conosce e si capisce.
L’Europa è profondamente imperfetta, ma non ritengo che ci sia un vuoto che si riempie di slogan che mi fanno un po’ paura basati sull’idea di imporre e imporsi sempre. Penso di essere l’ultimo al mondo cui si possa dire che non ho simpatia per comunità che hanno altre storie e altri colori, però una comunità si costruisce con la reciprocità, non con l’orgoglio e la conflittualità.
Dietro ai movimenti che oggi ribadiscono il valore dei diritti di alcune comunità negli Stati Uniti c’è un alto livello di conflittualità e credo che questo non porti a nulla se non a scontro. Ci arrivano dei venti che dobbiamo respingere perché quella non è la nostra cultura, rifiuto drasticamente questo tipo di logica.
Gian Maria Tosatti: “NOw/here”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023.
Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio.
In un’intervista del 2022 con Claudia Santeroni (*2) , alla domanda se crede che l’editoria di settore dell’arte offra una ricostruzione imparziale del panorama italiano lei risponde che non viene presentata una visione organica ma piuttosto una lista personaggi separati. La cito: “ricostruire (o costruire) vorrebbe dire tessere un filo organico che metta a sistema i vari fenomeni dando loro un profilo coerente e leggibile”. Intende portare questa visione all’interno della sua ricerca in Quadriennale?
Gian Maria Tosatti: L’ho già fatto. Da un anno e mezzo stiamo cercando di costruire una rete di connessione fra i fenomeni. Pensare che le cose siano scollegate, che esistano solo individualità, è una strana di patologia. Il problema è che incredibilmente la critica italiana degli ultimi trent’anni è ammalata di questa patologia.
Ovviamente in un dato periodo storico le individualità non sono tutte così strettamente collegate. Ci possono essere alcuni artisti che portano avanti una linea, altri un’altra, magari sono quelle due linee ad essere collegate in qualche modo, anche più indirettamente, ma comunque inevitabilmente connesse.
Anche le stelle in cielo non sono solo puntini ma costellazioni, galassie, e dietro ad esse ci sono le leggi della fisica. Siccome da un anno e mezzo dirigo una struttura dello Stato che si occupa di fare ricerca sull’arte italiana, abbiamo ripreso in mano i fondamenti della fisica per spiegare che ci sono leggi nell’universo, e non tanti puntini sospesi per aria.
Gian Maria Tosatti Ritratto | Foto Serge Domingie
Fonti e approfondimenti:
Gian Maria Tosatti. NOw/here, Pirelli HangarBicocca Milano – fino al 30 luglio 2023
info: https://pirellihangarbicocca.org/mostra/gian-maria-tosatti/
sito ufficiale di Gian Maria Tosatti
(*1) NON MI TROVERAI. Due appuntamenti mancati con Gian Maria Tosatti. Fotografie di Anton Giulio Onofri. A cura di Davide Di Maggio- Fondazione Mudima Milano, in collaborazione con la Fondazione Pastificio Cerere di Roma. Fino al 31 maggio 2023 Info: https://www.mudima.net/portfolio-items/non-mi-troverai/
(*2) Claudia Santeroni: conversazione con Gian Maria Tosatti (giugno 2022) in La Scuola Delle Cose VIII, Lyceum.
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