Dalla poetica del dolore alla politica dell’amore è il titolo che Mona Lisa Tina (Francavilla Fontana, 1977, vive e lavora a Bologna) ha scelto per la propria monografia, edita da Vanillaedizioni in questo 2021.
Nel libro l’artista presenta il proprio percorso performativo, precisamente quello che attraversa il dolore per giungere all’amore, mettendo insieme le esperienze e le tappe evolutive di questa ricerca ancora in corso tra arte e arte terapia.
Identità e incontro, visione e azione, poetica e politica si rincorrono infatti nel corpo, dell’artista come degli spettatori, che è protagonista e al tempo stesso strumento di trasformazione, tanto individuale quanto collettiva.
Ecco che l’arte mette in moto un cambiamento e “diventa cura”, come dice Mona Lisa Tina, oppure “crea mondo”, come piace dire a me.
Ammetto di essere sempre abbastanza scettica a proposito di performance contemporanea, pur restando pronta a ricredermi o, ancor meglio, a lasciarmi stupire dall’inatteso.
Ora, finita la lettura, non vedo l’ora di immergermi in un’azione di Mona Lisa Tina, ma credo di dover aspettare ancora un po’…
Link di approfondimento in fondo all’intervista.
Ti sei diplomata in Pittura nel 2005 all’Accademia di Bologna.
Come sei arrivata alla performance per il tuo fare arte?
Mona Lisa Tina: La Performance è diventata una modalità di espressione privilegiata quando ho capito che gli altri mezzi estetici che utilizzavo rappresentavano un compromesso troppo alto per l’urgenza di immediatezza comunicativa di cui aveva bisogno la mia ricerca, dimensione che provo ad esprimere nel Corpo, nel mio corpo, attraverso la rivelazione della complessità delle sue tante istanze per giungere ad esprimere, attraverso di esso, lo splendore emotivo sia delle fragilità, sia delle risorse positive dell’essere umano.
E come sei arrivata a specializzarti in arte terapia, nel 2012?
Mona Lisa Tina: Dopo un lungo e travagliato periodo di riflessione, che coincideva proprio con l’ultimo anno di studio all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ho avvertito la necessità di indagare conflitti antichi personali attraverso una “conoscenza” di me stessa più intima e viscerale.
Successivamente all’aver conseguito il Diploma in Pittura, infatti, ho intrapreso il training formativo post laurea in arte terapia presso la Scuola di Art Therapy Italiana, che mi ha permesso di svolgere questa analisi. Si è trattato di un lavoro di individuazione profondo della mia identità, a volte doloroso, che ha sollevato aspetti per loro natura contraddittori e messo in discussione il significato delle scelte della mia vita.
Le discipline dell’arte e dell’arte terapia nelle loro differenti peculiarità, se utilizzate con cognizione di causa, possono incontrarsi e dialogare in alcuni rari e preziosi casi su un piano di contaminazione fertile ed efficace.
In fondo se è vero che l’atto creativo rappresenti di per sé un’esperienza salutare, quando esso si pone al servizio degli altri, come avviene in arte terapia, l’esperienza si completa e si arricchisce in modo considerevole.
Che cosa implica fare performance oggi, nell’epoca dell’istante come unità di misura e della spettacolarizzazione a tutti i costi?
Mona Lisa Tina: Auspico che questa straordinaria modalità espressiva non possa essere ridotta a pochi e brevi istanti di shock visivo, seppur a volte la percezione che ne abbiamo sia proprio questa…
Piuttosto, alla luce del trauma pandemico che stiamo ancora attraversando, si pone un altro problema: quello del contatto fisico e diretto con il pubblico e della fruizione dal vivo di un’azione performativa.
Credo sia assolutamente necessario ripensare e rimodulare la performance preservandone però quegli elementi che la rendono unica e irripetibile nel qui e ora del suo svolgimento, nel qui e ora della sua energetica comunicazione, qualunque sia il messaggio dell’artista. E questo non è un aspetto marginale per chi, come me, interagisce e coinvolge anche corporalmente chi vi partecipa.
Come nascono le tue performance, le fotografie e gli oggetti delle tue rappresentazioni?
Mona Lisa Tina: Tutto inizia da un’immagine mentale, considerala come una visione che emerge in sogno oppure durante un momento di quotidiana routine.
Successivamente tento di trasformare l’immagine visiva in un testo scritto che delinea la poetica e la dimensione più squisitamente tecnica del progetto generale.
Infine ricerco concretamente i materiali e metto in atto il confronto diretto con alcuni specifici professionisti di settore tecnico – del suono, delle luci, del video – che mi permetteranno di capire in ogni dettaglio le modalità di realizzazione del lavoro.
Un aspetto a cui dedico inoltre molta importanza è il lavoro di post produzione dei materiali prodotti che riguarda la selezione delle foto di documentazione e del montaggio del video del progetto specifico.
Quale ruolo assume la scenografia nel tuo processo creativo?
Mona Lisa Tina: Ai fini della realizzazione di ogni particolare progetto performativo, il contesto rappresenta per me un elemento di rilevante importanza.
Ritengo infatti che una scenografia funzionale possa essere definita tale solo se in grado di restituire in chi partecipa, in termini di stimolo e suggestione visiva, un valore aggiunto.
La scenografia creata ad hoc infatti accoglierà ogni istante dell’articolarsi della mia performance in relazione all’identità dello spazio, della poetica del progetto e del messaggio etico/estetico.
Dalla poetica del dolore alla politica dell’amore presenta le tematiche della tua ricerca più recente in un discorso che va dall’identità all’alchimia, passando per i luoghi fisici e gli spazi mentali, attraverso il corpo e la relazione in tutte le sue declinazioni.
Ci racconti di questo tuo percorso?
Mona Lisa Tina: Racchiudere in un volume le tappe più rappresentative di tanti anni di ricerca e di carriera artistica è stato un grande traguardo anche se non nascondo la complessità incontrata soprattutto nella selezione dei progetti e dei relativi materiali di documentazione.
Nel corso del tempo ho avuto l’opportunità di collaborare con tanti professionisti del nostro settore, dall’animo profondo e dalle menti brillanti, ma ho “affidato” l’analisi di essa, per scelta personale, a tre straordinari esperti che ne hanno restituito preziosamente una lettura lineare, coerente e completa: Livia Savorelli, Matteo Zauli e Stefano Ferrari, quest’ultimo recentemente scomparso con mio grande dispiacere.
Il volume dunque, suddiviso in tre aree sapientemente “interpretate”, propone al lettore un viaggio visivo che accoglie l’evoluzione di una poetica tuttora in progress che va: dall’uso del Corpo come luogo di continui processi trasformativi psichici e fisici nelle performance di Obscuratio (2008), Human (2009) e Into the core (2011) solo per citarne alcune, ad una dimensione più riflessiva, intima ed empatica attraverso le azioni di Io non ho vergogna (2014), Centrum Naturae (2017) ed alcune altre.
Nei progetti più recenti invece il Corpo si fa spazio di accoglienza del dolore, di cura, di trasformazione di stati emotivi difficili e di dispersione di senso come per esempio nelle azioni de: L’Albero delle Bugie (2017) e Di ogni buio, di ogni luce (2018).
L’ultima parte della monografia si apre alle riflessioni corali da parte di tanti professionisti coinvolti come storici dell’arte, curatori, galleristi e critici d’arte nella lettura sensibile del mio lavoro a partire dal titolo della monografia.
“Dalla poetica del dolore alla politica dell’amore”, oltre ad essere un libro d’artista edito da Vanillaedizioni, è un invito a rispondere al prossimo, oggi più che mai, attraverso un’apertura interiore che disponga di un cuore gonfio di tenerezza edi compassione.
Su tutto risulta centrale una pratica dell’ascolto rivolta al cambiamento.
Possiamo parlare di come essa si connota nella tua attività di artista visiva e di arte terapeuta?
Mona Lisa Tina: Tutta la mia indagine artistica accoglie riflessioni sui temi universali dell’identità, dell’incontro profondo con l’altro e della fiducia positiva nel cambiamento: un cambiamento che è possibile solo attraverso il dialogo e il confronto autentico tra le persone, al di là di qualunque tipo di differenza legata alla cultura di appartenenza, all’etnia, all’orientamento sessuale, all’età e al credo religioso e trae ispirazione dai miei vissuti.
Perciò anche le esperienze legate al mio essere arte terapeuta non fanno eccezione.
Lavoro in contesti clinici estremi con pazienti (adulti e bambini) affetti da patologia grave e a volte irreversibile.
Si tratta di dimensioni di assoluto dolore in cui gli equilibri psicofisici della persona sono seriamente compromessi dalla patologia. Attraverso trattamenti di arte terapia individuali e/o di gruppo, mediante l’utilizzo dei materiali artistici e di tecniche espressive, sostengo e promuovo le risorse psicologiche delle persone che incontro. All’interno di un percorso terapeutico delicatissimo, il paziente è stimolato nel processo creativo e incoraggiato a dare forma ai propri sentimenti, anche a quelli più difficili, così da poter essere accompagnato in un processo di integrazione.
La mia personale indagine artistica mi permette, a sua volta, di elaborarne ulteriormente i contenuti. Se, da un lato, nei miei progetti performativi è possibile ritrovare citazioni e riflessioni che rimandano al senso di perdita, di contenimento e di trasformazioni positive, dall’altro, nello svolgimento di un’azione, desidero aprire con il pubblico un momento di riflessione collettiva che può accogliere aspetti dell’esistenza profondamente sconvolgenti per la loro drammaticità.
Infine, quali prospettive per il corpo performativo, dell’opera e dello spettatore tra dematerializzazione, postumano e pandemia?
Mona Lisa Tina: La pandemia ha fatto emergere le fragilità dell’essere umano, nella complessità della sua natura diffondendo panico e sofferenza in modo orizzontale e totalizzante.
In un’epoca in cui la stiamo ancora attraversando, abbiamo assistito e continuiamo ad assistere anche ad intere rassegne performative che per causa maggiore sono ridotte ad eventi social in streaming.
Senza nulla togliere alla “comodità” e alla versatilità del mezzo tecnologico, credo che la risposta alberga nella libertà di scelta espressiva dell’artista.
Pur non essendo anacronista, sono dell’idea che la Performance, quella vera, quella capace di emozionarci ancora, deve avere la capacità di rendere concreto qualcosa che “succede”, “accade” qui e ora; deve avere la funzione di creare legami, di toccare sensibilmente le dimensioni più profonde e intime del pubblico.
E questo è possibile solo se la viviamo fisicamente ed emotivamente in presenza.
Non me ne vogliano i colleghi performers, ma non vedo alternativa.
FONTI e APPROFONDIMENTI: - sito web ufficiale dell'artista Mona Lisa Tina (link) - Mona Lisa Tina. Dalla poetica del dolore alla politica dell’amore - Vanillaedizioni, 2021 (link)
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