Burtonnitta è uno studio londinese di arte e design che combina le fervide menti dei designer Michiko Nitta e Michael Burton per indagare il futuro della specie umana da una prospettiva transdisciplinare. L’ultimo post sul loro profilo Instagram riguarda il muschio di sfagno, una pianta che è stata usata per anni come medicinale per la sua grande capacità di trattenere l’umidità e di convertire gli ioni negativi in positivi. Il tipo di interesse che lo studio nutre per le caratteristiche di questa specie è quello del critical design, che si lascia ispirare dalla natura per speculare su una possibile co-evoluzione con l’essere umano, raggiunta con la mediazione della tecnologia.
Con questo approccio dal 2010 Burtonnitta sta confondendo i confini tra scienza, arte e tecnologia lavorando sulla struttura e la fisiologia del corpo umano con un approccio anticonformista e orientato al problem-solving che potrebbe tornare molto utile anche nell’affrontare l’Antropocene e il cambiamento climatico. La loro visione si potrebbe riassumere in una domanda: come sarebbe se invece di progettare la soluzione a uno specifico problema ripensassimo completamente il sistema che l’ha generato? Dal momento che si è reso necessario trovare una nuova simbiosi con il pianeta, cosa succederebbe se, invece di provare a modificare la natura, gli esseri umani iniziassero a pensare a come cambiare sé stessi?
La ricerca di Burtonnitta riflette soprattutto sull’alimentazione, sui metodi di produzione e sulla riprogettazione della nostra struttura corporea. I loro primi progetti Algaculture e The Algae Opera esplorano metodi di nutrizione alternativi per l’essere umano. In questi due lavori il duo guarda alle alghe per darci un’idea di che tipo di cambiamenti potremmo essere costretti a considerare per superare la crisi; prendendo come punto di partenza gli studi sui plantimali – nello specifico creature ibride tra animali e piante – di Debora MacKenzie e Michael La Page, Michiko e Michael suggeriscono che le alghe potrebbero insegnare al nostro corpo come trarre nutrimento dalla luce come esseri fotosintetici. The Republic of Salivation si concentra sull’aspetto politico ipotizzando un futuro dove il cibo sarà razionato e personalizzato, mentre New Organs of Creation propone una laringe creata in laboratorio per potenziare la capacità vocale umana e discutere gli effetti benefici del suono sull’attività cellulare.
Ho contattato Michiko e Michael per scoprire di più sulla loro pratica, speculare sul futuro dell’umanità e provare a chiederci se cambiare il nostro corpo significherebbe cambiare anche la nostra mentalità.
La maggior parte dei vostri lavori si basa su studi scientifici interdisciplinari – Algaculture sulla ricerca sui plantimali, The Algae Opera sulle ricerche sul potenziamento sonoro del cibo e dalla nutrigenomica, e New Organs trasforma una laringe coltivata in laboratorio in un pezzo da esposizione… Cos’è la scienza per voi e come può interagire con l’arte e il design in maniera proficua?
Il nostro studio porta avanti una pratica transdisciplinare; le collaborazioni che si creano producono opportunità stimolanti che ci aiutano ad andare oltre i limiti imposti e a lavorare al confine tra le varie discipline. Questo modo di lavorare valorizza le relazioni che stringiamo con gli altri ambiti e sviluppa ecologie di curiosità. Anche se lavoriamo spesso in ambito scientifico coinvolgiamo anche una serie di professionisti ed esperti in altri campi. A un certo punto della nostra carriera entrambi ci siamo trovati di fronte alla necessità di scegliere tra il percorso
scientifico o quello artistico. La nostra pratica ci permette di seguire entrambe le strade, di esplorare questioni e fare nuove scoperte dalle quali tracciare nuove traiettorie verso il futuro.
I nostri lavori coinvolgono un ampio range di processi e collaborazioni. Molte opere si chiedono chi siamo e chi o che cosa potremmo essere nel futuro. La scienza è una fonte di ispirazione importante che rivela visioni alternative di noi esseri umani e di cosa potremmo diventare. Con il nostro lavoro miriamo a costruire trasformazioni e futuri possibili. Anche se spesso speculiamo su contesti a venire i temi che esploriamo testimoniano l’oggi e le pressioni, i sogni e i desideri attuali. Chiedendoci cosa potrebbe succedere possiamo invitare il pubblico a viaggiare nel tempo o in universi paralleli e offrire uno spazio di riflessione per esplorare visioni, percezioni e relazioni con il presente. Siamo affascinati da quello che chiamiamo la mescolanza e la confusione degli esseri umani e dal processo di formazione culturale. All’interno di questa confusione le nostre opere cercano di esplorare sfere di influenza interconnesse, il comportamento, i rituali e le credenze che danno forma al nostro mondo e che possono essere originate da fatti razionali o dal mito, dalla religione o da altre componenti intangibili. In definitiva il nostro lavoro mira a creare connessioni emotive. A volte il legame con la scienza si manifesta nell’uso non intenzionale delle invenzioni tecnologiche per offrire nuovi collegamenti tra noi stessi e il mondo.
Algaculture e The Algae Opera si ispirano ai plantimali per trasformare il corpo umano in un organismo fotosintetico. Potreste spiegare in cosa consistono questi progetti e cosa avete trovato più stimolante mentre ci stavate lavorando?
La nostra prima collaborazione come studio è stata il progetto Algaculture. L’abbiamo concepito per rispondere alla domanda: come nutrire una popolazione globale su un pianeta sovraffollato e sovrappopolato? Nell’affrontare questa domanda per noi è stato importante orientare la ricerca dalla domanda “cosa mangeremo nel futuro?” a “è possibile alimentare il nostro corpo in maniera diversa?”
L’Elysia chloretica, una lumaca marina che ospita le alghe nel suo corpo come base della sua dieta, ci ha enormemente ispirato. Offrendo un riparo sicuro per le alghe, questa lumaca si trasforma in un essere semi-fotosintetico che riceve energia dalla luce del sole come una pianta. Diversi organismi anche più grandi, come le salamandre, stabiliscono con le alghe questo tipo di legame. Noi abbiamo creato un apparato per la simbiosi con le alghe che permetta all’uomo una relazione altrettanto stretta con questa specie, da sperimentare in un potenziale futuro. La creazione di questo dispositivo ha fatto sorgere delle nuove domande come: “che potenziale può avere l’ampliamento dell’ecologia del corpo umano per trasformarlo in un essere simbiotico?”; “nell’aggiungere relazioni a questa rete, chi o cosa diventiamo?”; “come esseri umani che livello di trasformazione possiamo raggiungere?”, “quali pressioni dall’esterno potrebbero accelerare la nostra tolleranza all’adattamento?”, “che effetto avrebbe il nostro cambiamento sul resto del mondo?”.
Nello sviluppo del progetto Algaculture, il nostro secondo lavoro The Algae Opera crea uno scenario in cui il corpo di una cantante lirica viene modificato grazie alla biotecnologia in modo da poter stabilire una relazione unica con le alghe. Le alghe traggono nutrimento dall’anidride carbonica contenuta nel fiato della cantante. Come in Algaculture, le alghe della cantante possono essere a loro volta mangiate. Oltre ad ascoltare il suo canto il pubblico può anche gustare le sue canzoni. Per stimolare la crescita delle alghe, il corpo della cantante è allenato per usare la sua
straordinaria capacità polmonare in modo da produrre alghe della più alta qualità. La composizione del brano e la tecnica vocale sono riprogettate appositamente per coltivare le alghe e migliorarne il gusto. Per farlo il compositore e la cantante si sono basati sulla scienza del potenziamento sonoro del cibo, che permette di rendere il gusto del cibo più amaro o più dolce a seconda dei suoni impiegati. Questa pratica si basa sulla ricerca del professor Charles Spence. Quindi nell’era delle biotecnologie il pubblico può non solo ascoltare il suo talento ma anche assaporare l’aroma unico di alga che è alimentato dalla sua canzone.
In un ipotetico sviluppo del progetto immaginiamo una vita umana futura in cui le alghe saranno integrate nei nostri corpi come organi progettati appositamente. Come tale la nostra realtà quotidiana è trasformata insieme con la progettazione delle nostre case, città, comportamenti, sensi e interazioni con l’ambiente.
Con questi progetti stiamo proponendo la trasformazione come una strategia di sopravvivenza ai cambiamenti ambientali (per rispondere ad un futuro di scarsità di cibo), ma in cambio stiamo chiedendo a noi stessi di sacrificare alcuni dei rituali e degli stili di vita a cui siamo abituati. Al pubblico proponiamo una domanda: fino a che punto siamo disposti a cambiare per sopravvivere negli ambienti estremi che noi stessi abbiamo creato attraversi il cambiamento climatico?
In questo momento diversi designer stanno testando le alghe come materiale: cosa può imparare l’uomo da questa specie?
Le alghe sono un affascinante organismo fotosintetico. Il loro aspetto varia da forme monocellulari a forme pluricellulari come quelle che si trovano nelle foreste del Giappone. Quando si trovano nelle condizioni ottimali crescono molto velocemente e possono essere coltivate in casa nei bioreattori. L’alga ha la capacità di catturare il carbonio dall’atmosfera, motivo per cui è impiegata anche in ambito industriale per assorbire CO2 dai gas di scarico delle fabbriche. Come fonte di cibo le alghe edibili sono nutrienti e richiedono una minima manutenzione. Siamo affascinati dalla grande varietà di animali che hanno stretto una relazione simbiotica con le alghe. Le relazioni reciproche che creano questi organismi gli permettono di adattarsi a fattori che diversamente sarebbero altamente limitanti dal punto di vista del consumo di energia. Le alghe sono anche altamente adattabili e possono vivere in luoghi inospitali; unite in simbiosi con i funghi ad esempio sono alla base della composizione dei licheni. Dal momento che gli esseri umani si trovano di fronte ad un futuro incerto e hanno la necessità di adattarsi ad un ambiente in cambiamento, le alghe sembrano la specie ideale per accompagnarci in questo passaggio.
Progetti come Republic of Salivation, Lunar Potato o Landscape Within, per citarne solo alcuni, mostrano che anche il cibo è politico. Che valore attribuite all’alimentazione e perché occupa un ruolo così importante nella vostra ricerca?
Il rapporto dell’uomo con il cibo dà degli spunti affascinanti su cosa significa essere umani. In quanto fonte basilare di energia per noi e per il mondo intero ha un valore sia emotivo che funzionale. Può anche essere visto come una forza trainante per una riprogettazione del pianeta che incontri le nostre esigenze alimentari. Quello che mangiamo ci dice davvero molto su chi siamo e chi vogliamo essere.
Per quanto ci riguarda noi siamo curiosi di capire cosa è successo 10 mila anni fa con la nascita dell’agricoltura. È in questo tempo così remoto, quando i nostri antenati umani hanno compiuto il
passaggio da cacciatori raccoglitori a coltivatori, che l’uomo ha iniziato a preoccuparsi per il futuro. Immagazzinare e conservare i semi per le coltivazioni incarnava la preoccupazione di questi primi agricoltori per un’eventuale carenza di cibo e il desiderio di controllare l’ambiente attraverso di esso. Arrivando ai giorni nostri l’agricoltura ci ha reso una specie con un’elevata percentuale di successo e una vasta popolazione a discapito delle risorse del pianeta. Anche in questo caso noi prendiamo in esame le nostre paure e i nostri desideri in merito alla sopravvivenza futura della nostra specie e ci chiediamo quali saranno le culture alimentari a venire.
Landscape Within mette in discussione l’idea che le diete del passato possano essere ancora rilevanti nel futuro, quando il nostro mondo si sarà evoluto. Come suggerisce la ricerca epidemiologica ambientale, la contaminazione e i rifiuti hanno cambiato alcuni aspetti della catena alimentare che viaggia su scala globale. L’opera ci pone di fronte alla scelta di come sviluppare il nostro sistema alimentare e le nostre abitudini in modo che possano adattarsi a questo mondo che abbiamo creato. Siamo affascinati da come il microbioma e il concetto di “super-organismo umano” possano portarci ad un adattamento che ci permetta di vivere in ambienti tossici e contaminati dove coltivare cibo. Di conseguenza abbiamo lavorato con esperti di biologia sintetica per modificare i batteri in modo che siano in grado di estrarre dal nostro cibo i metalli pesanti che lo contaminano. Abbiamo creato un sistema digestivo esterno che collega questi batteri con il nostro per potenziare la nostra flora intestinale.
Le biotecnologie e la biologia sintetica sono state, e spesso sono ancora, considerate pericolose e dannose, asservite alla logica dell’iperproduzione e dello sfruttamento industriale (vedasi OGM eccetera). Di fronte al cambiamento climatico e alla catastrofe ecologica le stesse tecnologie potrebbero offrire alternative agli allevamenti intensivi e alla scarsità di risorse, e quindi una soluzione per salvare la nostra specie e il pianeta; voi in quale di queste due caselle le collochereste?
Strumenti come le biotecnologie e la biologia sintetica sono punti di partenza interessanti per farsi domande su ciò che muove l’essere umano, piuttosto che strumenti in sé stessi. Spesso testiamo le nuove tecnologie per chiederci chi siamo in quanto esseri umani, e attraverso applicazioni contrastanti questi strumenti ispirano diverse versioni di noi stessi e di conseguenza del nostro futuro. Quindi forse invece che utilizzarle per creare ulteriori alterazioni nell’ambiente che vadano incontro ai nostri desideri, dovremmo chiederci come le tecnologie possono aggiornare l’animale umano per limitare il suo impatto. Dopotutto, noi abbiamo già spinto l’ambiente e le altre specie oltre i limiti della sostenibilità, forse è arrivato il momento di cambiare radicalmente noi stessi? Forse non ci siamo evoluti abbastanza per prosperare nel modo migliore. Sentiamo che attraverso il nostro lavoro queste tecnologie ispiratrici potrebbero essere condivise per includere il grande pubblico nel dibattito su come e se dovrebbero essere impiegate, in modo da avere tutti la possibilità di scegliere e avere un’idea su come sarà il nostro futuro. Inoltre crediamo che tutti potremmo trarre beneficio dalla presenza di molte voci diverse che contribuiscono alla discussione sul futuro.
La maggior parte del vostro lavoro mette in discussione la scarsità di risorse alimentari e la nutrizione ma la cosa più affascinante è che invece di concentrarvi sulla ricerca di fonti di cibo alternative voi state facendo ricerca su come modificare direttamente il nostro modo di alimentarci. Qual è il vostro concetto di evoluzione e che ruolo giocherà quello che mangiamo in questo processo?
Nel nostro lavoro l’evoluzione è concepita come un continuo processo di adattamento e trasformazione. Ad un livello base il cibo ci sostiene e ci rende parte di un ecosistema globale. Ci piace osservare il modo in cui il nostro comportamento nel mondo viene alla lunga internalizzato nel corpo attraverso il cibo. Siamo veramente quello che mangiamo. Il nostro lavoro non propone soluzioni, ma specula su come un giorno la tecnologia modificherà sistemi come l’agricoltura. Le nostre opere riflettono sull’animale umano e sulle pressioni esterne che determinano il modo in cui la tecnologia potrebbe essere impiegata. Gli scenari risultanti che ipotizziamo in risposta a queste innovazioni tecnologiche servono a ricordarci che le azioni e le scelte che facciamo hanno delle conseguenze, spesso ignorate o interconnesse con altri agenti di cambiamento. Quando una nuova tecnologia e un’interazione biologica si creano noi ci chiediamo: esistiamo all’interno di un mondo complesso e interconnesso, con implicazioni di vasta portata su chi siamo e come pensiamo, che inavvertitamente ci spingono in percorsi verso mondi sconosciuti. Cercando di comprendere chi siamo in quanto animale umano ci chiediamo: possiamo evolvere in mondi futuri e sperimentare altre modalità di esistenza?
In un saggio del 2018 il filosofo italiano Roberto Marchesini teorizza un nuovo modello di postumano proponendo un’eco-ontologia in cui l’uomo non sia più identificato come un’unità decentrata ma piuttosto come una relazione con il resto della materia vivente e non vivente. Guardando il vostro lavoro sembra che il vostro approccio al design e all’arte assuma la stessa prospettiva, è così?
Sì, crediamo che si possa dire così. Non conosciamo il lavoro di Roberto Marchesini e gli daremo un’occhiata. Uno dei nostri eroi è Lynn Margulis, che è stata una biologa evoluzionista e fautrice del concetto di simbiosi.
Che il nostro futuro sia un’esistenza interplanetaria o solo un post-Antropocene l’unico modo che avremo di sopravvivere sarà davvero riconfigurare la nostra biologia? Il bisogno continuo di sviluppo tecnoscientifico renderà l’uomo un essere incompleto?
Noi consideriamo gli umani come esseri in continua evoluzione. Invece di vederci come incompleti, ci approcciamo alla nostra specie come a un qualcosa in un costante processo di adattamento e trasformazione. I precedenti stadi della nostra umanità erano adatti per la loro epoca. Come si può vedere dall’estinzione di altre specie, se non saremo in grado di cambiare in risposta alle pressioni esterne smetteremo di esistere. Con il tipo di pressioni con cui abbiamo a che fare nell’Antropocene, le nuove capacità strumentali e i cambiamenti di percezione nell’accettare di vederci in maniera diversa che creeremo saranno determinanti per la nostra sopravvivenza.
Avete pubblicato un quadrimestrale e di recente un ebook, Alter You: qual è lo scopo e l’idea alla base della vostra attività editoriale?
Lo facciamo per sviluppare e condividere ricerche e progetti in fieri. Le pubblicazioni ci aiutano a riflettere sulla nostra ricerca e sui lavori che stiamo portando avanti, che di solito si sviluppano in più ampi progetti di collaborazione. La nostra attività editoriale è anche un modo per condividere il nostro lavoro, le metodologie, i processi e le idee con un pubblico più ampio. In questo modo possiamo raggiungere persone che si trovano al di là della nostra immediata sfera di interazione. Le pubblicazioni servono per invitare nuove persone a entrare in contatto con noi. Siamo anche su Patreon che usiamo per condividere contenuti e come strumento per testare idee e avere un
feedback dai nostri members. Il nostro coinvolgimento nella piattaforma è ancora allo stadio iniziale e amiamo già le interazioni che ci permette di avere con gli altri utenti.
Il vostro ultimo lavoro The Reality Coach è (cito dal vostro sito) “uno strumento di ispirazione e pensiero guidato per stimolare il cambiamento” e mostra come la capacità della mente di immaginare futuri diversi sia cruciale per voi. In che modo l’immaginazione può essere utile al presente?
The Reality Coach è l’esito del primo lockdown. Abbiamo costruito un set di carte come il risultato finale di un progetto chiamato Altered Ways of Being e creato in seguito alla nostra collaborazione con un gruppo di ricerca chiamato OktoLabs. Questi ricercatori hanno studiato quell’animale sorprendentemente intelligente che è il polpo e le sue strabilianti capacità. Il polpo rivela allettanti possibilità per lo sviluppo futuro dell’essere umano. L’opera che abbiamo creato in relazione a questi studi si concentra sullo spingere oltre la nostra percezione della realtà per mostrare le limitazioni dei sensi e delle abilità umane. The Reality Coach fornisce strumenti, spunti e ispirazioni per far emergere il potenziale della realtà. Da questo punto di vista privilegiato troviamo affascinante il gioco tra la mente umana (la realtà interiore) e la capacità umana di costruire mondi (la realtà esterna). Ci chiediamo: se potessimo essere al meglio del nostro potenziale, potremmo andare incontro alle sfide globali del cambiamento climatico e dell’estinzione di massa? Come potremmo lavorare su noi stessi e sulle nostre menti per apportare dei cambiamenti significativi nelle nostre prospettive future?
LINK e APPROFONDIMENTI: - sito web ufficiale
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