Realizzato nel 2008 per iniziativa dell’artista Piero Gilardi su una ex area industriale nel quartiere Filadelfia a Torino, PAV, Parco d’Arte Vivente, nasce con l’obiettivo d’ispirare dibattito e comunicare questioni ambientali e sociali attraverso arte contemporanea, eventi culturali e workshop interattivi, con una forte vocazione internazionale, grazie anche all’apporto di Marco Scotini, assistente alla curatela del PAV.
In mostra, INLAND, progetto a lungo termine di Fernando Garcia-Dory, racconta le politiche eco-sociali alla base della selvicoltura dell’eucalipto nella Cordigliera Cantabrica e di come queste abbiano alimentato il fenomeno degli incendi; To See the Forest Standing di Maria Thereza Alves da’ volto e voce con video interviste, a 34 agenti agroforestali indigeni dello stato di Acre, Brasile, che si battono per la conservazione della foresta amazzonica. Zheng Bo e Mao Chenyu raccontano diversi approcci delle comunità asiatiche al problema ambientale, mentre le questioni ecologiche dell’Australia e diritti indigeni sono il soggetto di un video di Karrabing Film Collective. L’australiana Yasmin Smith, propone un progetto dedicato all’indagine sulla bonifica ambientale nella Terra dei Fuochi, e la pratica sostenibile dell’italiano Michele Guido riflette sull’economia circolare. Raphaël Grisey e Bouba Touré e , raccontano attraverso un progetto a lungo termine la loro ricerca sull’esperienza di pratiche agricole alternative della cooperativa Somankidi Coura, nel Mali, e Free Home University Collective di Alessandra Pomarico presenta progetti artistici partecipativi con un focus sulle pratiche artistiche trasformative.
Abbiamo posto qualche domanda sui temi che emergono dalla mostra a Piero Gilardi, tra i principali protagonisti torinesi dell’Arte Povera negli anni sessanta-settanta, presidente del PAV e da sempre portatore di un forte impegno sociopolitico ed etico nell’arte.
Sustaining Assembly è descritta nel testo critico della mostra come ’Internazionale Ambientalista – internazionalista e non globalizzata’. Come definirebbe la differenza fra un approccio internazionalista e globalizzato, nell’azione artistica di denuncia della crisi climatica?
Piero Gilardi: L’approccio globalizzato si distingue perché i vari artisti e gruppi di artisti hanno delle pratiche “glocal”; agiscono localmente in modo comunitario ma con la consapevolezza che la crisi climatica investe l’intero pianeta.
Da quando ha iniziato a coinvolgere il pubblico su temi ambientali negli anni sessanta con i suoi ‘tappeti natura’, quali sono stati i maggiori cambiamenti, a suo parere, nell’attivismo artistico in campo ambientale?
Piero Gilardi: I primi artisti ecologisti degli anni ’60 erano dei pionieri profetici ma isolati. Oggi gli artisti ecologici sono integrati nei grandi movimenti ambientalisti e nel loro operare coinvolgono quasi sempre delle comunità plurime.
I progetti in mostra suggeriscono che per dare un contributo significativo al cambiamento, è necessaria una de-professionalizzazione e ibridazione dell’arte con altre pratiche. È questo che intende quando afferma che “L’Arte deve entrare nella vita, ma dato che la vita è alienata, occorre impegnarsi anche a liberare e disalienare la vita”?
Piero Gilardi: Esattamente, oggi non è più sufficiente per un artista realizzare dei gesti simbolici ma è necessario, oltre a condividere le manifestazioni di massa come quelle di Fridays for Future, operare con continuità a sperimentare delle alternative concrete – ad esempio una coltivazione biologica – con modalità comunitarie.
Oggi il sistema dell’arte è pienamente integrato nell’economia neoliberista, dai i prezzi vertiginosi, alla proliferazione di musei che competono per attrarre capitali. Come produrre e diffondere un sapere diverso – cito nuovamente il testo critico della mostra – “per realizzare il cambiamento nell’idea stessa di civilizzazione necessario per la totale conversione ecologica dell’attuale modello di sviluppo e di vita globale”?
Piero Gilardi: Il sistema neoliberista anche nell’arte cerca di assorbire le arti ecologiche per neutralizzarne la portata politica. Le pratiche ecologiche artistiche devono essere integrate strettamente ai movimenti e alle concrete esperienze di riequilibrio condivise e continuative.
La tecnologia ha avuto un ruolo importante nel suo lavoro. Oggi, come interpellare attraverso la tecnologia un pubblico giovane cresciuto fra web e social media, che sembra solo attratto da emozioni immediate?
Piero Gilardi: Negli anni ‘80/’90 ho partecipato da pioniere alla nascita della New Media Art perché le tecnologie dell’interattività e della comunicazione digitale aprivano nuove prospettive di interrelazione e democrazia. Oggi occorre ricollegare queste possibilità all’attivismo sociale, come avviene ad esempio attraverso i Flash-Mob.
Potrebbe anticiparmi qualche progetto futuro del Parco D’Arte Vivente?
Piero Gilardi: Il progetto del PAV consiste nel continuare a divulgare l’opera degli artisti ecologici in particolare di quelli che collegano la crisi ambientale al contesto sociale. Il prossimo anno faremo una mostra di 6 giovani artisti che lavorano sul tema del Neocolonialismo.
Fonti e approfondimenti: PAV Parco d'Arte Vivente, via Giordano Bruno 31, Torino T. +39 011 3182235 - info@parcoartevivente.it orari: Per scuole e gruppi, su prenotazione, da martedì a venerdì Per il pubblico: mercoledì giovedì e venerdì ore 16-19 sabato e domenica ore 12-19
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