In senso più ampio, la pittura di Iva Lulashi riflette sull’importanza ‘politica’ della rappresentazione e sull’atto di guardare in un’epoca saturata d’immagini, prendendo spunto da frammenti di film e video prelevati dal web, da memorie personali ed esperienze collettive.
Quest’ultimo filone d’indagine fa seguito a un progetto sulle commistioni fra erotismo e propaganda politica durante il regime di Enver Hoxa in Albania, tema che ha ispirato Eroticommunism, una mostra del 2018 presso Prometeo Gallery Ida Pisani a Milano.
Nella mostra a Corniglia, a cura di Giuseppe Iannaccone ideatore e promotore del progetto, scene d’interni ed esterni sono rese con una paletta elegante e sobria, soffuse di una tensione erotica intrigante, a volte latente altre esplicita, quasi sempre ambigua, dove ogni situazione è il breve paragrafo di un racconto incompleto, che lascia agli spettatori il compito di immaginare una trama.
Libere e Desideranti, titolo della mostra, è di per sé un manifesto che parla della liberazione del desiderio femminile. Quando ha iniziato a esplorare questo argomento e come è progredito nel corso della Sua carriera artistica?
Iva Lulashi: Esattamente, è proprio per questo che l’ho scelto. Il titolo emerge da uno scambio di riflessioni con Cristina Masturzo, la quale ha scritto uno dei due testi (l’altro di Antonio Grulli) della mia recente personale alla Prometeo Gallery presente anche nel catalogo che racchiude mie opere degli ultimi 4 anni, con il medesimo titolo “Libere e desideranti”. Cristina nel testo scrive che la mia recente produzione pittorica “apre alla riflessione su una nuova e contemporanea contro-rappresentazione del desiderio, per un racconto delle traiettorie del potere e della storia dal punto di vista femminile.”
Dopo una lunga ricerca ispirata all’immaginario comunista, presentata in occasione della mostra Eroticommunism (Prometeo gallery, Milano, 2018), e alle commistioni tra propaganda ed erotismo, il mio sguardo decide di scartare e spostarsi sul coefficiente di seduzione dell’immagine erotica per indagare la rappresentazione del desiderio come dispositivo di liberazione e la carica eversiva di un capitale erotico ancora da esplorare.
Con che criterio ha selezionato i frame che hanno ispirato questi lavori? (se questa è stata la fonte). Nel concepire un dipinto, viene prima la figura o l’ambientazione? E in che modo la residenza a Corniglia ha indirizzato questa nuova serie?
Iva Lulashi: Non posso dire che ci sia stato realmente un criterio, quando scelgo i video da cui catturo i frame non comincio più da una parola chiave, cosa che invece prima capitava. Ciò che rimane delle ricerche precedenti suggerisce altri video quindi mi affido a qualcosa di fluido, in cui poi è ciò che vivo nel presente che mi fa scegliere l’immagine giusta.
Per questo è stato importante per un periodo dipingere a Corniglia. Mi sono infatti accorta successivamente delle tracce che la mia permanenza lì ha lasciato nel mio lavoro, come i colori, l’aria respirata ed il rumore del mare.
Figura e ambientazione arrivano contemporaneamente, quasi fondendosi…
Esplorare la sessualità dal punto di vista femminile è ancora relativamente recente nella nostra società. Prendendo ispirazione, come mi sembra di capire dal catalogo della mostra, da film, internet e immagini porno per i suoi nuovi lavori, significa lavorare con immagini create principalmente da una prospettiva maschile. Come si rapporta a questo punto di vista e come sovverte questa prospettiva?
Iva Lulashi: Questa è sicuramente una riflessione molto interessante su cui soffermarsi. Sono materiali facilmente accessibili e visionabili da uomini e donne, è vero però che la prospettiva è solitamente maschile. Io cerco di catturare ed estrapolare quel momento in cui posso riconoscere qualcosa che può riportare ad altro…
Uno spazio in cui inserirmi e rielaborare l’immagine rendendola pittura, una pittura che arriva poi ad un pubblico ampio, al quale permette a sua volta di inserirsi, indagare e coinvolgersi.
Sempre a questo proposito, crede che, almeno in parte o in parti del mondo, la rappresentazione del corpo femminile erotizzato da parte di donne sia oggi più libera da censure e meno controversa?
Iva Lulashi: Credo di sì e spero che si sviluppi nel tempo perché c’è ancora bisogno, molto più di quanto si pensi…
La mostra è ambientata in una chiesa. Considerato il soggetto, questo ha creato qualche tensione?
Iva Lulashi: Sicuramente dal momento in cui ho saputo quale sarebbe stato il contesto a quando ho finito l’ultimo quadro l’idea che l’ambientazione fosse una chiesa mi ha accompagnata nello svolgimento e sviluppo delle opere, incidendo su esse. Infatti il momento dell’allestimento è stato molto importante per me perché finalmente ho visto il mio lavoro collocarsi e dialogare con lo spazio.
Il giorno dopo l’inaugurazione è arrivata una telefonata dal parroco in cui chiedeva espressamente di rimuovere alcuni quadri perché alcuni abitanti del posto gli avevano riferito di aver visto qualcosa di offensivo, volgare ed esplicito.
Non mi sento rappresentata da questa chiave di lettura.
Mi sono venuti in mente diversi esempi di nudità in luoghi sacri, innumerevoli artisti nel corso dei secoli hanno popolato di donne e uomini senza veli le loro opere presenti in chiese cattoliche di tutto il mondo.
La nudità in quel caso era anche una metafora per raccontare il risvolto umano e credo che l’umano oggi debba essere libero anche di desiderare e quindi di esprimere l’erotismo.
Due quadri siamo stati obbligati a rimuovere, “Più pallida dell’erba” (immagine locandina e copertina del catalogo) e “Conosci Greta?”. Entrambi i lavori sono collocati a casa di Giuseppe Iannacone a Corniglia, il quale mi ha fatto sapere successivamente del supporto della maggioranza degli abitanti del paese i quali sono contrari a questa censura.
Devo confermare che ho sentito anch’io una grande partecipazione e coinvolgimento da parte loro e Iannacone ha dimostrato anche in questo episodio di essere un pilastro su cui fare affidamento.
Lei è una donna che getta uno sguardo non privo di una certa carica erotica sulle donne. Che tipo di risposte suscita il Suo lavoro nelle Sue spettatrici e spettatori? Trova differenze?
Iva Lulashi: Devo dire che trovo sempre più persone a loro agio con questo argomento, delle volte i miei lavori diventano immagini che aprono delle finestre fatte di ricordi quindi anche di immedesimazione o voglia di scavare dentro l’immagine per comprendere cosa stia accadendo.
Certamente le donne hanno più facilità rispetto agli uomini nel ritrovarsi nei corpi e gesti delle figure femminili che rappresento e sento che in qualche modo delle volte percepisco una sana invidia nei confronti di ciò che vedono.
Spesso nei suoi dipinti la presenza maschile è solo accennata, a volte ambigua. Quale in generale, e più nello specifico nella rappresentazione della figura maschile, il valore dell’ambiguità nel suo lavoro?
Ho fatto diversi anni in Accademia dipingendo soli uomini, questo perché il primo anno mi sono accorta grazie al docente di pittura Carlo Di Raco di rappresentare la figura femminile in maniera stereotipata. La donna è stata di nuovo protagonista nel momento in cui è apparsa nel mio lavoro forte e combattiva.
Questo è accaduto durante il periodo in cui mi stavo confrontando con immagini della storia del comunismo in Albania, periodo mai vissuto consapevolmente ma che per le forti radici lasciate nel mio paese d’origine, ho voluto comunque affrontare.
L’uomo quindi nei miei ultimi lavori è sempre meno presente e se lo è appare velato ma non è una scelta ponderata, riprenderà probabilmente un suo spazio in futuro…
Può parlarmi del Suo rapporto con la tradizione pittorica del passato? Ci sono dei periodi, degli stili o degli autori a cui ha guardato in modo particolare?
Iva Lulashi: Sicuramente, però posso fare una lista di nomi che poi cambia continuamente. Ci sono quelli che mi piacevano allora e che mi piacciono tutt’ora ma non posso parlare di un riferimento stabile.
Ci sono opere di quattro artisti in particolare che quando ho visto dal vivo hanno amplificato il mio piacere nel guardare la pittura, essi sono El Greco, Gauguin, Casorati e Rembrant.
Lei ha scelto di usare frame d’ immagini prese a prestito da cinema e web, piuttosto che da ricordi personali o dalla Sua immaginazione. C’è un particolare motivo dietro a questa scelta?
Iva Lulashi: Inizialmente prendevo riferimento da foto di famiglia quindi c’era un ricordo personale, che poi è sfociata in una memoria sociale e politica albanese. La staticità che trovavo nelle fotografie mi riportava ad una tensione realmente vissuta in quei tempi e probabilmente il fatto di scegliere di catturare delle immagini dai video è stato anche un modo per liberarmi da quello e potermi inserire di più nella scelta dell’immagine. L’immaginazione può essere enfatizzata anche inserendo in un’immagine preesistente un dettaglio diverso.
Quali i Suoi prossimi progetti?
Iva Lulashi: Qualche mese fa sono stata contattata e invitata da Kasia Redzisz (Senior curator alla Tate di Liverpool e curator al Tate di Londra) che insieme a Mihnea Mircan (direttore artistico di Extra City Kunsthal Antwerpen) cureranno Art Encounters, biennale di arte contemporanea a Timisoara, con inaugurazione il primo ottobre.
Con la ripresa delle fiere parteciperò sicuramente, presentata dalla galleria Prometeo, mia galleria di riferimento, a Miart e Artissima. Inoltre il prossimo anno avrò di nuovo il piacere di fare parte del progetto espositivo dal titolo “Addomesticata: il corpo, il nostro palcoscenico” a Casa Testori.
Una mostra in cui i miei lavori dialogheranno insieme alle opere di altre tre artiste, con lo scopo di chiamare lo spettatore a riscoprire la storia del rapporto tra uomo e donna, creando racconti dove si mescolano carnalità e passione. Ci sono poi altri sviluppi i quali spero avrò presto modo di rendere pubblici.
Sempre nel 2022 durante ArcoLisboa parteciperò a una collettiva a Lisbona, curata da Carlo Sala, il quale segue dai miei esordi il mio lavoro e che ha scritto uno dei testi del catalogo che abbiamo presentato il 7 agosto a Corniglia.
fonti e approfondimenti: Dall’8 agosto al 30 settembre 2021 Oratorio dei Disciplinati di Santa Caterina- Largo Taragia - Corniglia (SP) Realizzata con il contributo di Fondazione Carispezia e in collaborazione con Prometeo Gallery di Milano e Lucca. Ingresso libero, accesso contingentato.
Add comment