Nata a Isfahan, Iran, nel 1971 e residente a Berlino, negli ultimi vent’anni Nairy Baghramian ha ottenuto notorietà a livello internazionale per progetti che esplorano gli aspetti estetici e ideologici degli spazi espositivi. Concentrandosi principalmente sulla scultura, spesso accostata a disegno e fotografia, l’artista rivisita e interroga criticamente il Modernismo, attraverso un idioma personale astratto ma fortemente allusivo. Sovente le sue scelte espositive enfatizzano spazi trascurati e marginali e i confini fra privato e pubblico nella fruizione dell’arte.
Misfits, è stata quindi concepita per lo specifico allestimento urbano della GAM, ovvero un giardino all’inglese aperto agli adulti solo se accompagnati dai bambini. Il cortocircuito fra un contesto che unisce il mondo del gioco infantile a una limitata accessibilità, ha generato una riflessione sulle limitazioni del gioco come strumento educativo.
Baghramian riflette sull’idea che nell’ambito dei costrutti educativi, compresa la lettura delle forme tridimensionali, la gestione di errore e frustrazione dovrebbe essere apprezzata come momento di crescita, non solo in funzione del raggiungimento di armonia e funzionalita’. Con questa nuova serie di sculture, l’artista intende tradurre questo concetto in esperienza estetica. Con un approccio tipico del suo lavoro, il titolo ‘Misfits’ (disadattati) allude a chi non riesce ad adattarsi, restando ai margini della società.
Ecco cosa la curatrice Bruna Roccasalva ha raccontato della mostra.
Jumbled Alphabet, la bellissima opera fotografica che apre la mostra nell’atrio della GAM, anticipa la riflessione dell’artista sull’inadeguatezza e la frustrazione legati al mondo dell’infanzia, e all’idea di mancata (o carente) gestione del disfunzionale nei processi educativi. In che modo questo tema si manifesta nelle opere in mostra?
Bruna Roccasalva: Questo ritratto, all’ingresso della mostra, racchiude in sé tutti gli elementi che informano Misfits: dal riferimento all’infanzia all’idea dell’errore e l’imperfezione, fino alla volontà dell’artista non tanto – o non solo – di legittimare queste esperienze, ma di restituirne la formalizzazione, trasformandole appunto in un’esperienza estetica.
Il modo in cui lo ha fatto si riflette in ogni singolo aspetto della mostra: dalle soluzioni formali adottate, come le sculture dagli incastri impossibili o questo ritratto infantile “scorretto” che mostra una bambina dall’espressione corrucciata, fino alle scelte allestitive, che creano un’“interruzione” dunque un elemento di disturbo nel percorso espositivo, lasciando scorgere parte delle opere solo attraverso le finestre.
Ogni opera in mostra al GAM fa parte di un grande gioco a incastri. Com’è strutturato?
Bruna Roccasalva: Il gioco di incastri va cercato, per ogni singola opera, tra l’elemento che sta all’interno della sala e il suo corrispettivo esposto all’esterno. Ciascuna delle cinque sculture in mostra – una per sala – sono infatti costituite di due metà, ma solo una si trova nello spazio espositivo, mentre l’altra è sulla terrazza, posizionata in corrispondenza di quella che occupa la sala all’interno del museo.
L’artista si è ispirata ai giocattoli ad incastro il cui funzionamento è basato appunto sull’assemblaggio di due elementi, uno concavo e l’altro convesso, che combaciano alla perfezione. Le sculture sono formalmente concepite secondo questo meccanismo, così se uno dei due elementi di cui si compone l’opera ha delle protuberanze, l’altro ha delle cavità che ‘potrebbero’ accoglie queste protuberanze.
Se guardi ad esempio all’opera che occupa la sala centrale e alla sua metà esposta fuori, noterai che se la parte all’interno è costituita da tre grandi elementi dalle forme allungate, quella in marmo dalla forma circolare che sta sulla terrazza ha tre incavi. Queste supposte coincidenze di forme si ripetono in ogni scultura.
Al di là del rapporto estetico che lega le sculture alla cornice architettonica e paesaggistica che le ospita, potrebbe dirmi qualcosa sui colori e sulle trame astratte che compaiono su queste sculture? Quali le fonti d’ispirazione?
Bruna Roccasalva:Baghramian ha immaginato queste opere come oggetti ludici in scala monumentale che qualcuno ha sparpagliato nelle sale dopo averci giocato, e il loro aspetto colorato e giocoso nasce certamente da questa allusione all’universo infantile, ma non solo.
Le trame astratte a cui fai riferimento e in generale l’attitudine di matrice pittorica con cui sono dipinte le fusioni in alluminio, sono infatti legate anche alla volontà di restituire l’esperienza estetica dell’errore attorno a cui ruota tutta la mostra. È a questa intenzione che vanno ricondotte le pennellate veloci, le sbavature e le imprecisioni che connotano le superfici delle sculture.
La mostra organizzata da Fondazione Furla al GAM avviene in concomitanza con una mostra a Parigi presso la Galerie Marian Goodman, sempre sullo stesso tema. Le due mostre sono concepite come un unico progetto?
Bruna Roccasalva:La nostra mostra è stata il punto di partenza che ha generato questa nuova serie di opere, e l’idea di Misfits è nata dalla reazione di Baghramian alle specificità del contesto istituzionale milanese. La mostra di Parigi nasce come una sua naturale prosecuzione.
In un certo senso la completa. Mentre a Milano le sculture sono scomposte e le due parti di cui si compongono sono dislocate parzialmente all’esterno, a Parigi sono ricongiunte e abitano lo stesso spazio. Direi che le due mostre sono complementari e offrono nel loro insieme un’esperienza compiuta di questa nuova famiglia di opere.
In alcune opere in mostra, Baghramian utilizza legno di noce dal progetto Mc Namara di Dahn Vo, legno che contiene una memoria storica e che è diventato una cifra stilistica per l’artista vietnamita. Quale il significato di questa inclusione nel lavoro di Baghramian?
Bruna Roccasalva:La scelta di usarlo è legata proprio a questa memoria storica di cui parli. Baghramian ha un modo molto classico di lavorare e un approccio tradizionale ai materiali, che si fonda su una loro profonda conoscenza e comprensione. Impiegare uno specifico materiale per lei non significa soltanto avere a che fare con le qualità fisiche che lo contraddistinguono, ma anche con la memoria, la storia, la politica che sono parte integrante del materiale stesso.
Mi descrive la relazione di Baghramian con il Modernismo, cui fa spesso riferimento nelle sue opere, sovvertendone i canoni?
Bruna Roccasalva:Per rispondere a questa domanda, prendo in prestito le parole di Nairy stessa che in un’intervista di qualche anno fa ha affermato che il modernismo per lei “ha senso solo se lo si guarda attraverso la lente del Post-Modernismo.
Ma da questa contraddizione deve emergere qualcosa di nuovo. È solo attraverso la contraddizione che è possibile fare qualcosa. Non è importante la contrapposizione tra l’una e l’altra cosa, ma il modo in cui la contraddizione stessa è carica di potenziale”.
Fonti e Approfondimenti: NAIRY BAGHRAMIAN. Misfits a cura di Bruna Roccasalva Promossa da Fondazione Furla e dalla GAM - Galleria d’Arte Moderna, Milano GAM - Galleria d’Arte Moderna, Milano 26 maggio - 26 settembre 2021 da martedì a domenica dalle 10.00 alle 17.30 (ultimo ingresso ore 16.30)
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