Michele Chiossi è un artista e designer italiano, nato a Lucca. Ha prodotto la sua prima personale a New York nel 1996, seguita da altre mostre, progetti site-specific in Svezia, Svizzera, Amsterdam, Berlino, ha partecipato alla 54° Biennale di Venezia, alla Prague Biennale nel 2011 e ha al suo attivo numerose mostre in Italia.
Ho avuto modo di vedere le sue opere a Livorno alla Galerie 21 e al Museo della Città. I suoi lavori di matrice digitale e il suo modo di lavorare il marmo come fosse un “blocco di pixel” mi ha colpito ed ho deciso di incontrarlo per approfondire il suo lavoro.
Quando hai elaborato il tuo tratto distintivo a zig zag? Da dove deriva?
Michele Chiossi: Il mio tratto a zigzag è nato quando vivevo a New York agli inizi degli anni ’90, ed è stato generato da più fattori, principalmente dalla necessità di creare un tratto distinguibile e unico -di cui poi ho capito in seguito avere anche la potenzialità di essere traducibile tridimensionalmente in scultura-, poi dalla felice frequentazione con Alighiero Boetti che mi mostrò nel suo studio i bozzetti degli arazzi che realizzava su carta a quadretti, cosa che mi colpì profondamente e dette il via ai miei primi disegni che feci utilizzando la griglia quadrettata. Dopo un anno di disegni in full immersion in studio, ho abbandonato lo schema della carta a quadretti e la mia mano tracciava naturalmente linee orizzontali e verticali, ormai era divenuta una geometria esistenziale. Negli anni poi ho tradotto lo zigzag in pittura, dipingendo “quadrati” che compongo immagini che sembrano costituite da pixel, e certamente anche l’influenza dei videogame di prima generazione ha avuto un impatto estetico e visivo sulla mia formazione.
Le linee zigzaganti delle tue opere presentate alla recente mostra personale alla G21 e alla collettiva Progressiva al Museo della Città di Livorno disegnano una sorta di archeologia a 8 BIT. C’è un forte legame tra i tuoi lavori e il pixel che compone l’immagine digitale. Una critica all’ormai incessante modo di vedere il mondo attraverso lo schermo o l’intento di rivolgere una nuova riflessione all’oggetto ritratto?
Michele Chiossi: Il mio lavoro ha differenti layers, sia esecutivi, di realizzazione, che di informazione/messaggio, quindi non mi spiace che l’osservatore possa dare letture plurime, ma certamente nell’installazione ELLADE DIGITALE al Museo della Città di Livorno e nella mostra INTER CAELUM ET TERRAM alla Galerie21, ho voluto creare un corto circuito fra il soggetto ritratto e la tecnica, visioni di colonne greche e romane, in un immaginario antico e di rovine, con tonalità mediterranee, ritratte con una tecnica che rimanda immediatamente all’estetica digitale e virtuale, una narrazione arcaica con microprocessori a 8 BIT. Una “archeologia del presente”. Al Museo della Città di Livorno, lo sfondo dell’installazione era costituito da un grande wallpaper che era la riproduzione di uno dei quadri in mostra alla Galerie21, un setting ideale che in prospettiva, da lontano, sembrava un affresco realistico, ma avvicinandoti i quadretti prendevano campo trasformando la visione da realistica ad astratta
Perché l’ossessione per le colonne greche in questa tua ultima produzione di quadri e sculture, piene e vuote?
Michele Chiossi: Durante il primo lockdown agli inizi del 2020, in forzata cattività e con tempi dilatati e sospesi, ho riflettuto sulla caducità e precarietà del tempo che stavamo vivendo e di come quello status, potesse essere stato apparentemente generato dall’uomo e dalle sue azioni. Da sempre il mio lavoro, rifacendosi alla storia della Natura Morta, si serve di simboli per comunicare, quindi questa instabilità di azione e di pensiero andava contrastata e combattuta attraverso un simbolo che avesse una sintesi fisica ma anche morale, e l’ho trovato nella colonna. Equilibrio, forza, perfezione, vittoria, simbolo della figura umana sia femminile che maschile, limite fra lo spazio sacro e profano, tramite fra terra e cielo. Così ho creato quadri, sculture e fontane.
Con la computer grafica in qualche modo “scolpisci” nuovamente l’immagine enfatizzandone i pixel costitutivi. Che rapporto hai con il mondo tecnologico/digitale? …e con i social network?
Michele Chiossi: Amo molto la tecnologia, il mondo digitale e tutto ciò che ha sviluppato anche a livello di produzione industriale, ho un ottimo rapporto con quel mondo che come ho anticipato, è stato il mio kindergarten con i videogames e che dagli anni ’80 è sempre più presente nella nostra quotidianeità, l’ho semplicemente magnificato ingrandendone e sfocando la percezione. Quasi un percorso o tracciato che ogni giorno transitiamo e idealmente disegniamo mappe personali che sono un ipotetico diario di navigazione di una vita.
I social network sono un sistema di comunicazione fantastico che ti permette di esprimerti ormai creando storie, narrazioni, tableaux vivant attraverso immagini, musica, parole. Li utilizzo tutti.
Utilizzi diverse tecniche e materiali. Che rapporto hai con la materia?
Michele Chiossi: Ho sperimentato tanti materiali e tecniche diverse, credo che testimoniare con il mio lavoro anche le realtà tecniche sia una forma di preservazione e trasmissione nel tempo. Penso spesso alla pittura scientifica nel filone della Natura Morta che ha anticipato la fotografia come termine di catalogazione. Fin da bambino sono stato attratto dalla materia, dalla sabbia con cui costruivo forme in spiaggia in estate, al Pongo e la plastilina, fino a quando ho scoperto l’universo della cucina. Ho una grande passione e mi piace molto cucinare, soprattutto gli impasti, dolci e salati. Una delle mie prime sculture è stata in pasta all’uovo. Quindi l’atto creativo, il formare ma anche lo sformare, sono sempre stati parte di me e prediligo la tridimensionalità, e la mia indagine su tecniche e materiali va avanti.
Da Lucca, dove sei nato, nel corso degli anni hai vissuto poi a New York, a Milano e infine sei tornato in Toscana, a Cinquale. Ognuno di questi luoghi ha influenzato differentemente i tuoi cicli lavorativi?
Michele Chiossi: Senza alcun dubbio. Lucca e la sua provincia, ma anche i soggiorni a Carpi dalla mia famiglia paterna sono stati un incubatrice, New York un immensa palestra di esperienze visive, personali, che mia ha costretto a sviluppare una mia forte e distinta personalità espressiva. Milano ha raffinato il mio senso estetico grazie al mondo del design e della moda. Il Cinquale mi riporta a dimensioni più arcadiche nella contemplazione di una natura dove convivono elementi come l’acqua, la pietra, l’aria.
Nel tuo periodo newyorkese hai avuto modo di incontrare due grandi artisti come Louise Bourgeois e Alighiero Boetti. Quale impatto hanno avuto queste due forti personalità sul tuo lavoro? Puoi raccontarmi qualche aneddoto?
Michele Chiossi: New York negli anni ’90 era il centro dell’arte contemporanea globale e tutti passavano da li. La proposta delle Gallerie, Musei, spazi privati o no profit era altissima, facilmente incontravi artisti con i quali potevi confrontarti e l’approccio americano era molto friendly, quindi ho conosciuto Patty Smith, Rosemarie Trockel, David Hammons, Kiki Smith, Donald Baechler, Tom Sachs fra i vari. Poi c’erano i tea della Domenica nello studio di Louise Bourgeois, delle performance sciamaniche, sedute d’arte preziosissime! Louise aveva un energia generatrice intensa che dissonava dalla sua piccola e minuta figura. Ma certamente Alighiero è stato quello che ha segnato maggiormente la mia vita. Come uomo e come artista. E’ stata la chiave di volta per l’ideazione del mio zigzag e il suo lavoro resta per me uno dei più importanti nella Storia dell’Arte.
Come hai vissuto il recente lockdown? Ha influito sul tuo lavoro e sulla tua attività espositiva? Stai lavorando a nuovi progetti?
Michele Chiossi: Inizialmente la cattività forzata è stata difficile, insidiosa, c’era il nemico invisibile ancora sconosciuto, poi lentamente il restare fermi, a casa, è diventato una grande opportunità per studiare, leggere, pensare. Ho riflettuto molto sulla caducità della vita che ho da sempre affrontato nel mio lavoro, così sono nati prima i quadri della mostra INTER CAELUM ET TERRAM, di cui ho parlato, ho costruito un architettura estetica di sostegno, intellettuale, come una comfort zone visionaria che si andasse a contrapporre al disagio e alla pandemia. Ho anche coniato un nuovo motto che è SAVE THE FATE, un messaggio di fiducia nel destino che sto declinando in forma di neon, quadri e sculture.
Adesso ho una mostra collettiva “diffusa” in corso in Puglia, dal titolo PROSSIMAMENTE, nei cinema che purtroppo in questo momento sono chiusi, sono state utilizzate le vetrine con i manifesti che abbiamo ideato e realizzato, anche come catalogo collettivo, che con una donazione aiuterà il Comune di Bari per l’emergenza Covid-19. Sto lavorando ad una capsule collection di wallpaper su miei soggetti per l’azienda italiana CREATIVESPACE, e alla nuova collezione di oggetti in marmo per MMAIRO, una serie di portacandele e vasi ispirati alle forme geometriche primarie del Bauhaus. A Maggio inauguro un progetto a Pietrasanta nella Vetrina Banco BPM a cura di Enrico Mattei, dove presenterò un installazione fra nuovi quadri, sculture e wallpaper, e poi sto lavorando ad un libro sul mio lavoro che presto presenteremo.
FONTI e APPROFONDIMENTI: - sito ufficiale Michele Chiossi
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