BAU non è il comune verso del cane, bensì una rivista d’artista d’assemblaggio, fondata a Viareggio nel 2004, che si ispira ai dettami del Bauhaus, dove il verbo tedesco “bau” significa letteralmente “costruire”.
Si autodefinisce come un contenitore di cultura contemporanea che ogni anno invita artisti, outsider, viaggiatori, gastronimi creativi e scienziati anomali a realizzare delle opere originali multiple, firmate e numerate.
Per omaggiare il prezioso lavoro di costruzione e diffusione delle voci della nostra attualità, al CAMeCCentro Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia è in corso fino al prossimo 7 Giugno 2020 un’importante retrospettiva, a cura di Mara Borzone.
Nella mostra BAU contenitore di cultura 2004-2020 possiamo trovare tutti i 16 numeri realizzati, ognuno con una precisa tematica e un formato che la rispecchia, sempre diverso ad ogni edizione, con la partecipazione di numerosi artisti.
Tra i tanti nomi dell’attualità, ne citiamo alcuni storici: Vincenzo Agnetti, Alain Arias-Misson, Enrico Baj, Nanni Balestrini, Irma Blank, Ugo Carrega, Luciano Caruso, Giuseppe Chiari, Philip Corner, Claudio Costa, Corrado Costa, Vanni Cuoghi, Gillo Dorfles, Geoffrey Hendricks, Maurice Henry, Emilio Isgrò, Richard Kostelanetz, Arrigo Lora-Totino, Gualtiero Marchesi, Giò Marconi, Maria Mulas, Ben Patterson, Lamberto Pignotti, Sarenco, Arturo Schwarz, Paolo Scirpa, Gianni Emilio Simonetti, Adriano Spatola, Aldo Spoldi, Grazia Varisco, Ben Vautier, Sandro Veronesi, Emilio Villa, William Xerra.
Ecco l’intervista alla redazione di BAU, che ad oggi annovera le voci di Antonino Bove, Luca Brocchini, Giuseppe Calandriello, Gabriele Menconi, Guido Peruz e Tommaso Vassalle.
Da chi è stato ideato e perchè è nato BAU?
BAU: BAU è nato nel 2004 a Viareggio, ad opera di un ristretto gruppo di artisti visivi con l’intento di dare voce ai giovani e a tutti quegli autori che sviluppano, spesso da anni, con serietà e passione un lavoro artistico nell’ambito dei linguaggi contemporanei.
Unitamente a questo proposito vi era, e tutt’ora è vivo, il desiderio di mantenere una memoria storica, di non dimenticare l’opera dei protagonisti della ricerca e della sperimentazione che hanno agito in questi decenni.
Riuscite a raccontarci come si origina ciascun numero, se c’è un iter di genesi o delle linee guida comuni dietro a contenitori così diversi l’uno dall’altro?
BAU: Ogni numero è il frutto di una attenta analisi e individuazione delle tematiche più attuali e urgenti che oggi viviamo.
Gli artisti sono scelti sulla base del loro essere contemporanei, nell’interpretare le esigenze e le necessità attuali, mediante anche l’uso di materiali e linguaggi innovativi.
Quali sono i maggiori traguardi raggiunti, ma anche le sfide affrontate con BAU in 17 anni di attività? Certamente questa mostra sarà annoverata tra le grandi soddisfazioni.
BAU: è recente l’acquisizione del numero 15 del Contenitore BAU da parte della Biblioteca V. Kandinsky del Centre G. Pompidou di Parigi. BAU è presente in importanti musei, collezioni, archivi, biblioteche universitarie e di Accademie di Belle Arti italiane e internazionali come nel Museo del Novecento, nell’archivio della Triennale, nel Palazzo della Permanente, nella Biblioteca Nazionale Braidense e nel Castello Sforzesco di Milano, al MART di Rovereto, al MACRO di Roma, alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, presso la Fondazione Maramotti di Reggio Emilia, la Yale University e la Tate Library di Londra, solo per citare alcune sedi…
La mostra attualmente in corso sulla storia di BAU presso il CAMeC della Spezia, curata da Mara Borzone e allestita con la piena disponibilità delle conservatrici del CAMeC, Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati, del Sindaco e Assessore alla cultura, Pierluigi Peracchini, e del Dirigente dell’Area Servizi Culturali, Massimiliano Curletto, che ringraziamo, rappresenta un riconoscimento importante che gratifica il duro e non facile lavoro sviluppato in questi anni, nonché una grande soddisfazione per tutti gli autori che hanno creduto e partecipato al progetto BAU.
Nel corso delle diverse presentazioni in gallerie e luoghi istituzionali avete invitato diverse personalità che hanno dato il loro contributo teorico e/o performativo. Quale tra questi è stato quello più entusiasmante?
BAU: Nei vari cofanetti prodotti, consapevoli che l’arte e la cultura contemporanea sono una fitta stratificazione e connessione di saperi, esperienze e pratiche diverse, abbiamo cercato di coinvolgere non solo artisti visivi, poeti, scrittori, attori ma scienziati anomali, astronomi, speleologi, stilisti, chef, collezionisti di bizzarrie, entomologi, palombari, viaggiatori…
Personaggi di assoluto rilievo ospitati sono stati, tra gli altri, Arturo Schwarz, Nanni Balestrini, Gillo Dorfles, Emilio Isgrò, Giuseppe Chiari, Irma Blank, Gian Emilio Simonetti, Jean Francois Bory, Jean Jaques Lebel, Julien Blaine, George Hendricks, Richard Kostelanetz, il master chef Gualtiero Marchesi, lo scrittore Sandro Veronesi, l’architetto Lisa Ponti (figlia di Gio Ponti), gallerie come quella di Franco Toselli, Giovanni Bonelli e Giorgio Marconi di Milano.
Abbiamo coinvolto soggetti come la Fondazione Enrico Baj, la Fondazione Vincenzo Agnetti, la Fondazione Maurice Henry, la Fondazione Adriano Spatola, che ci hanno concesso di pubblicare opere inedite di questi autori.
Numerosi sono poi i giovani emergenti vincitori di concorsi e premi nazionali.
Una delle presentazioni forse più entusiasmanti è stata quella tenuta nel 2006 presso il Museo del Novecento di Milano, in occasione della presentazione del numero 13.
Questa scatola è, al momento, la più grande realizzata. Le sue dimensioni sono di cm 60x42x12 e raccoglie 62 opere originali, numerate e firmate.
All’evento parteciparono come relatori Bruno Corà, presidente della Fondazione Alberto Burri, artisti come Maria Mulas, Guido Peruz, critici, studiosi, collezionisti come Paolo Della Grazia, curatori, il direttore della Libreria Bocca… In quei momenti tutti convergevano la loro attenzione su BAU.
Quello presentato in questa mostra è il contenitore numero 16. La “leggenda” narra che l’intento iniziale era quello di arrivare al numero 7. Come mai proprio il 7?
BAU: All’inizio il traguardo del N.7 (2010) sembrava lontano e irraggiungibile. Pensavamo che mai saremmo arrivati a tanto. Bisogna considerare che le difficoltà economiche di un progetto totalmente autofinanziato sono notevoli.
Successivamente, invece, lentamente riuscimmo a creare una rete di piccoli e medi collezionisti, estimatori, sostenitori, conoscenti, simpatizzanti e amici che ci aiutarono in questa avventura.
Come rispondono i collezionisti a BAU?
BAU: Dopo 16 anni il Contenitore BAU si sta confermando, per continuità, qualità, originalità e dimensione materiale, come l’unica rivista ad assemblaggio di livello nazionale, avendo ospitato circa 1000 autori di 35 nazioni diverse.
Da ricerche fatte sulla scena internazionale non si trovano casi come BAU, se non per qualche episodio sporadico.
Tale situazione si sta riverberando positivamente sulla richiesta di acquisire esemplari di BAU da parte di musei, gallerie e collezionisti di rilievo come quella di Carlo Palli di Prato, di Luigi Bonotto oppure di Giobatta Meneguzzo.
Con un prezzo contenuto chi ha BAU può disporre di una panoramica raccolta di testimonianze sul contemporaneo.
Chi sono i vostri più “accaniti” sostenitori?
BAU: Con il tempo sono cresciuti coloro che credono nel futuro di BAU. Mettendo in gioco le loro esperienze e conoscenze si sono sempre più impegnati a supportare BAU.
Non dimentichiamo che ogni progetto culturale vive in base alla propria possibilità economica. Se viene meno questa tutto crolla.
Quali prospettive e sogni per il futuro di BAU?
BAU: BAU non nasconde l’ambizione di diventare sempre più un soggetto culturale e un centro di aggregazione, fare massa critica per interpretare e raccontare la contemporaneità.
Più che mai, oggi, l’arte e gli artisti hanno il compito di contribuire ad un sano sviluppo dell’ambiente, evolvere i linguaggi, esplorare l’impossibile…
FONTI e APPROFONDIMENTI: - sito ufficiale BAU (link) - mostra: BAU. Contenitore di cultura contemporanea 2004 - 2020, dal 22 febbraio fino al 07 giugno 2020 - Camec (Centro Arte Moderna e Contemporanea) - La Spezia (link)
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