“The Artist-Collector’s Dream (a nice thing)” è il titolo della particolarissima mostra ideata dall’artista bulgaro Nedko Solakov alla Galleria Continua di San Gimignano. Solakov s’impegna contemporaneamente in più ruoli: artista, collezionista e regista della mostra.
Cuore dell’esposizione è la grande installazione multimediale “Some Nice Things to Enjoy While You Are Not Making a Living” (“Alcune cose carine da goderti mentre non ti guadagni da vivere”) ideata nel 2008. In questa occasione, Solakov aggiunge un’altra “Bella Cosa”: la passione che condivide con la moglie Slava per il collezionismo, costruendo negli anni una vasta collezione composta principalmente da disegni e collage. Solakov seleziona diciannove artisti, fra cui tre, Chen Zhen, Anish Kapoor e Carol Rama, di cui gli piacerebbe avere un’opera ma che ancora non fanno parte della sua collezione . Scrive dunque agli artisti invitandoli a prendere parte al progetto: le loro opere sono esposte insieme ai suoi lavori.
In mostra, a fianco di Nedko Solakov, opere di Monica Bonvicini, Geta Bratescu, Daniel Buren, Chen Zhen, Hans-Peter Feldmann, Ceal Floyer, Shilpa Gupta, Ilya & Emilia Kabakov, Anish Kapoor, Sol LeWitt, Andrei Monastyrski, Rudi Ninov, Dan Perjovschi, Raymond Pettibon, Carol Rama, Karin Sander, Roman Signer, Dimitar Solakov, Artur Zmijewski.
Fantasioso, ironico e osservatore acuto del mondo contemporaneo, Nedko Solakov si auto-definisce ‘narratore nello spazio’. Usa disegno, pittura, video, installazione e performance, dove testi e immagini formano un campo discorsivo fluido di storie interconnesse, che mettono a nudo cliché e nodi esistenziali con uno humour irresistibile, spesso surreale. La regolare partecipazione di Solakov a Biennali internazionali e mostre importanti, tra cui il documenta 12 (2007) e 13 (2012), la Biennale di Venezia (1993, 1999, 2001, 2003 e 2007), la Biennale di Mosca (2007) e la Biennale di Istanbul (1992, 1995, 2005) lo rendono uno dei maggiori protagonisti dell’arte contemporanea.
Lo abbiamo incontrato in occasione dell’inaugurazione della mostra, ecco cosa ci ha raccontato (some nice things…)
Alcuni sostengono che per molti versi, gli artisti sono i collezionisti ideali. Vedono più arte di chiunque altro e hanno occhi ben addestrati. E’ d’accordo?
Nedko Solakov: Dipende. Gli artisti a volte possono avere strane preferenze: collezionare artisti sconosciuti, amatoriali oppure sottovalutati. Anche mia moglie ed io abbiamo alcune opere di artisti che sono totalmente al di fuori del sistema dell’arte, sia provenienti dalla Bulgaria che da altri paesi.
Quando avete iniziato a collezionare?
Nedko Solakov: Nel 1986. La prima opera fu un piccolo disegno degli anni quaranta di un bravo pittore bulgaro. Abbiamo iniziato con i disegni, ovviamente perché erano più economici, anche perché all’epoca i galleristi bulgari si occupavano quasi esclusivamente di dipinti.
Oltre a una collezione sostanziale di disegni, abbiamo alcuni lavori importanti di maestri bulgari, ma anche piccole installazioni di artisti occidentali. Mi sento estremamente a mio agio quando sono circondato dalla nostra collezione, che include opere di Raymond Pettibon, Paul McCarthy, Geta Bratescu, Daniel Buren, Shilpa Gupta, Ilya & Emilia Kabakov, Sol LeWitt, fra moltissimi altri.
Sul muro proprio di fronte al mio letto c’è un bellissimo disegno colorato a matita che Jimmy Durham mi ha inviato nel 1996, quando ci siamo conosciuti, che gioca con il mio nome: sul disegno è scritto: “Nedko Solatief è il mio artista preferito”. A poco a poco abbiamo ampliato la nostra collezione, soprattutto dopo che il mio lavoro ha iniziato a circolare all’estero, quando ho iniziato a scambiare opere con i miei colleghi artisti. Ci sono voluti diversi anni prima che fossi riconosciuto nei paesi dell’ovest.
Questo quando è avvenuto?
Nedko Solakov: Nel 1991, ho preso parte per la prima volta a una grande mostra collettiva a Glasgow, Expressions, a cura di Andrew Nairne al Third Eye Centre (ora CCA Glasgow, Centre For Contemporary Art). Ma ho ottenuto per la prima volta una vera attenzione internazionale alla terza Biennale Internazionale di Istanbul nel 1992, diretta da Vasif Kortun, con una delle mie prime l’installazioni narrative, New Noah Ark.
Da allora ho iniziato a scambiare opere con altri artisti, anche molto importanti. Daniel Buren mi ha inviato un disegno che purtroppo si è perso nella posta! Quando l’ha saputo, ne ha prontamente inviato un altro. Ho pensato “Wow”! Ero ero molto contento che un artista così importante avesse fatto questo per me,.
Com’è nata l’idea di questa mostra e come sono state selezionate le opere?
Nedko Solakov: L’idea di utilizzare l’installazione Some Nice Things to Enjoy While You Are Not Making a Living come centro della mostra, viene dalla Galleria Continua. Da quest’idea, io ho elaborato il concetto di aggiungere un’altra “bella cosa”: The Artist-Collector’s Dream.
Con alcuni artisti siamo amici da molto tempo, con Dan Perjovschi ad esempio, che è stato una delle mie prime scelte insieme a Daniel Buren. Il criterio principale di selezione è stato la diversità, il denominatore comune è che sono tutti grandi artisti.
La critica d’arte Vessela Nozharova ha scritto a proposito della vostra collezione che lei e sua moglie prestate particolare attenzione al modo in cui le opere vengono acquisite e al processo di comunicazione che circonda l’acquisizione. Si riferisce al processo di scambio con altri artisti?
Nedko Solakov: Sì, esattamente. Oltre ad artisti affermati, scambio con artisti giovani che sono contenti di ricevere un mio lavoro, recentemente ad esempio con Nikita Kadan, artista ucraino fra i più interessanti oggi. Scambio anche con artisti giovani meno conosciuti per aiutarli, e con i miei galleristi, principalmente con Massimo Minini: piccole opere di Hans-Peter Feldmann, Luigi Ghirri, Francesca Woodman, Sol Lewitt, Dan Graham e un disegno a matita di Robert Barry, che mi rende davvero felice!
Con un gallerista di Bucarest ho scambiato due disegni di Corneliu Baba, un bravo pittore classico rumeno. Ho anche un disegno di Renato Guttuso che rappresenta un suo soggetto tipico, i tetti di Roma. Non è nulla di speciale, ma soddisfa un mio un desiderio quasi infantile di possedere una sua opera originale. Guttuso è molto noto in Bulgaria, non sono sicuro se sia per i suoi orientamenti politici di sinistra. Anche il modo in cui costruiamo la collezione è molto diversificato.
Lei è spesso critico nei confronti della mancanza di supporto da parte dello Stato bulgaro per l’arte contemporanea, e il suo sito web ‘ufficiale’ molto originale, ne è un esempio. Com’e’ cambiato il mondo dell’arte in Bulgaria?
Nedko Solakov: La storia dell’arte contemporanea in Bulgara è peculiare. Per cinque secoli abbiamo fatto parte dell’Impero Ottomano, quando l’arte consisteva principalmente in icone e dipinti religiosi. La prima arte non religiosa emerse fino alla fine del diciannovesimo secolo. Quindi, quando parliamo di “arte classica” bulgara, intendiamo piu’ o meno quel periodo.
Un altro problema è che l’arte bulgara non ha circolato realmente in Occidente fino a dopo la caduta della Cortina di Ferro, nel 1989. Fino agli anni ’90, gli artisti dell’Est europeo non erano conosciuti, forse con l’eccezione di Nikolai Diulgheroff, designer e architetto attivo in Italia come rappresentante del Secondo Futurismo, o George Papazov, pittore surrealista attivo a Parigi. E ovviamente di Christo, nato a Gabrovo, che è anche la mia città natale.
Nel 1995, ho realizzato Private Property, un progetto che prevedeva la distruzione e la trasformazione di sette disegni classici della mia collezione. Volevo tagliarli, bruciarli, ridurli in cenere per farne un nuovo lavoro. Reagivo, per frustrazione, al fatto che i nostri “grandi maestri”, considerati i padri dell’arte contemporanea bulgara, erano illustri sconosciuti fuori dal paese.
Stavo lottando per far conoscere il mio lavoro nell’ovest, e mi rendevo conto che c’era interesse da parte di critici e curatori internazionali, ma non era loro chiaro il background da cui provenivo. E poi naturalmente in quel periodo c’era una vera invasione di artisti provenienti dall’est europeo.
Il sistema artistico occidentale ha impiegato del tempo per rendersi conto che l’eclettismo visivo del mio lavoro poteva essere un valore che lo rendeva interessante al pubblico, e che c’è un atteggiamento comune alla base di tutta la mia produzione artistica: lo “storytelling”, la narrazione.
Il problema in Bulgaria oggi è che nonostante la presenza di una National Gallery, oggi accorpata al Museum for Foreign Art (strano nome se ci pensa), non ci sono altre collezioni d’arte contemporanea. La National Gallery costruisce la collezione principalmente attraverso donazioni.
Faccio parte di The Institute of Contemporary Art con sede a Sofia, un’organizzazione privata senza fini di lucro focalizzata sullo sviluppo della scena artistica contemporanea in Bulgaria. L’Istituto è stato fondato nel 1995 e nel 2008 lo spazio espositivo era diventato insufficiente. Mia moglie ed io abbiamo donato all’istituto una nuova sede, acquistando, restaurando e accorpando due piccoli appartamenti. Ogni mostra che viene organizzata è completamente diversa. Per l’inaugurazione dello spazio, Dan Perjovschi ha coperto interamente i muri con i suoi disegni. L’Istituto aiuta a realizzare molti progetti che altrimenti non troverebbero le risorse per affittare uno spazio proprio.
Qualche tempo fa ha scritto “Ho fatto così tante mostre e personali. Continuo a cercare di renderle diverse se non altro per divertirmi e divertire gli spettatori. A volte funziona, a volte no.” È chiaro il modo in cui ha ideato questa mostra in molto originale, ma potrebbe darmi un esempio di quando qualcosa non ha funzionato?
Nedko Solakov: Bella domanda! Francamente non ricordo, forse ho fatto questa affermazione per non dire che tutto quello che faccio è ben fatto! Tendo sempre a incorporare concettualmente gli errori nel mio lavoro quando qualcosa va storto, cosa che inevitabilmente puo’ succedere. Anzi li sottolineo. Le faccio un esempio.
Nel 2012 ho partecipato a Documenta 13 a Kassel, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, con Knights (and other dreams), il progetto più complesso che io abbia mai realizzato. Un’enorme quantità di lavoro, volevo che tutto fosse perfetto. Tre giorni prima dell’inaugurazione avevo finito di montare e ho avuto un vero crollo nervoso.
E il giorno dell’anteprima è successo di tutto. Ero con i maggiori collezionisti del mio lavoro, Monique e Max Burger, e stavo spiegando loro l’installazione quando una delle guardie si è appoggiata a un lavoro sospeso che si è schiantato proprio mentre entrava il figlio dei Rubell, altri grandi collezionisti di Miami! Poco dopo Maurizio (Rigillo, gallerista della Continua N.d.A.) mi ha avvisato che la mia mostra, che si teneva al Museo Fratelli Grimm, non era sulla mappa ufficiale. Ho fatto il diavolo a quattro! Ma ho provato a trasformare una situazione negativa in positivo. Ho raccolto circa 50 di queste mappe e ne ho fatto un’edizione, scrivendo “Missing” al posto del mio lavoro.
Ha spesso reclamato il diritto di ‘raccontarsi’ e curare il suo lavoro. In modo preponderante in uno dei suoi pezzi più noti e controversi, Top Secret (1989/1990), un cassetto pieno di schede che documenta la sua collaborazione con la sicurezza dello stato bulgaro dal 1978 al 1983.
Nedko Solakov: Sono maniaco del controllo, mi piacciono le cose fatte in modo corretto. Sono stato particolarmente sensibile riguardo alla presentazione di Top Secret, perché è una storia complessa e unica nell’ est europeo, che in passato è stata riportata dai media occidentali in modo errato. Non sono mai stato “esposto” come agente, mi sono auto-denunciato.
In effetti, in Bulgaria le cose non hanno funzionato affatto come in altri paesi dove dopo grandi cambiamenti politici i file segreti sono stati distrutti o resi pubblici. In Bulgaria, non sono stati rivelati solo per essere usati come merce di scambio. Di fatto i file sulla mia collaborazione sono rimasti chiusi per altri 28 anni dopo che avevo realizzato Top Secret, fino ad aprile 2018: solo allora il mio nome in relazione alla mia collaborazione, da giovane studente e soldato, è stato reso pubblico.
Dopo la Perestrojka, a poco a poco, avevo iniziato a essere disilluso dal passato socialista del Paese e a fare opere che avessero uno sfondo di critica politica. La mia collaborazione è stata un vero peso per me. Infatti nel 1988 avevo già realizzato due dipinti su questo argomento, Repentance, che si trova alla galleria nazionale di Sofia, e My Conscience Tormenting Me, oggi nella Collezione Van Abbemuseum, Eindhoven, insieme a Top Secret.
Quando ho esposto per la prima volta Top Secret in Bulgaria nell’aprile 1990, non ha suscitato scandalo. I problemi sono arrivati due mesi dopo, quando sono stato eletto vicepresidente dell’Unione degli Artisti e volevo trasformare la sua struttura piramidale in una piu’ orizzontale. Allora ci fu una pesante campagna contro di me, e alla fine lasciai la carica spontaneamente, concentrandomi sulla realizzazione dei miei progetti nell’ovest, dove Top Secret è stato esposto per la prima volta nel 1995, al Museum of Contemporary Art di Chicago nella mostra Beyond Belief. Da allora ha sempre fatto parte di tutte le mie grandi retrospettive.
Il mio gesto di auto-denuncia rimane il solo nella Bulgaria post-comunista. La verità è che il mio senso di colpa era tanto grande, che nel 2007, invitato per la prima volta a Documenta, realizzai un video di 40 minuti che rileggeva il contenuto del cassetto datando l’inizio della mia collaborazione 1976. Ma in realtà era iniziata nel 1978 e durò fino al 1983, quando mi rifiutai di essere ancora usato. Mi ero accollato due anni in più! Ora questa documentazione, incluso il mio errore, è diventata una parte del lavoro.
La sua narrazione è piena di umorismo ma spesso ha delle ombre … leggeva molte fiabe da bambino?
Nedko Solakov: Sì, le mie storie sono a volte un po’ “dark”. Devo ringraziare mia madre che ha trascorso molto tempo con me a leggere favole, soprattutto quando da bambino ebbi un grave problema di salute e dovetti trascorrere del tempo in ospedale.
C’è una stanza nella mostra dedicata a un progetto di Dimitar Solakov, suo figlio, anch’egli artista. Ha scritto che per Dimitar è stato un po’ difficile affrontare il fatto che lei sia un artista molto affermato. Gli inizi sono stati difficili anche per lei, come figlio di un noto scultore?
Nedko Solakov: Mio padre era un grande scultore, ha realizzato cose molto importanti, e io gli devo davvero tanto, perché mi ha sempre supportato. L’anno scorso a Gabrovo abbiamo organizzato una grande mostra che raccoglieva opere di mio padre, mio figlio e mie.
Penso che per mio figlio sia più difficile, oggi è un mondo molto diverso e più competitivo. Dimitar è molto interessato all’arte che ha attenzione per l’ambiente, lavora su progetti, piuttosto che su singoli pezzi e racconta storie in modo completamente diverso dal mio. Sono stato felice di poter mostrare questo progetto in particolare, che include Permafrost e Icecaps (2019), lavori che parlano dell’emergenza dello scioglimento dei ghiacci artici.
Quando ha iniziato a introdurre testi nel suo lavoro?
Nedko Solakov: Piuttosto tardi. Ho frequentato la Sofia Art Academy dal 1981 e mi sono laureato in Pittura Murale. Essere un pittore murale o uno scultore allora era molto prestigioso, a differenza di oggi. Mi sono diplomato in matematica, con una medaglia d’oro, e non sapevo nulla di pittura, all’inizio facevo degli errori davvero sciocchi! Ma intorno al terzo anno, mi sono messo al passo con miei compagni di studi, e ho iniziato a realizzare piccoli quadri che contenevano delle storie. Allo stesso tempo, partecipavo a tutte le mostre nazionali organizzate dall’Unione degli Artisti Bulgari, di cui ero diventato il membro più giovane.
Dopo la laurea, sono stato arruolato nell’esercito per due anni. Ma avevo la possibilità di avere uno studio e realizzai parecchi lavori con la tecnica dello sgraffito (alcuni dei quali esistono ancora) e dipinti. Nessuno dei miei comandanti prendeva sul serio quello che facevo, in realtà vendevo parecchio guadagnando molto più dei miei superiori, che fortunatamente non ne hanno mai saputo nulla!
Nel 1986, mi sono unito a un gruppo di pittori d’avanguardia, chiamato The City Group, abbiamo esposto nella soffitta che apparteneva ai miei suoceri, che poi è diventato il mio studio a Sofia. L’attico era pieno di cose vecchie e antiche, e fu lì che iniziai a lavorare sugli oggetti e a fare piccoli assemblaggi. In modo naturale la mia pratica si è evoluta nell’attuale forma di narrazione, nonostante il fatto che i miei colleghi dell’Unione degli Artisti, che erano grandi artisti, non capissero, pensavano che la pittura non dovesse essere contaminata con la letteratura.
Oggi, quando mi viene chiesto di definire il mio lavoro in poche parole, dico che racconto storie nello spazio. Cito spesso anche il mio vecchio professore di pittura murale all’Accademia, Mito Ganovski: “quando come artista, entri in un ambiente architettonico, anche se è stato realizzato per le tue opere, tu sei sempre secondo lì”. Questo mi ha aiutato molto a gestire spazi complessi, in questo sono diventato abbastanza esperto.
Montare questa mostra deve essere stato complicato, la grande sede della Galleria Continua qui a San Gimignano è molto particolare, in parte teatro degli anni trenta e in parte una sequenza di piccoli spazi irregolari.
Nedko Solakov: Niente affatto, in effetti galleristi e curatori sono spesso sorpresi della mia velocità. Nel 2011/12, un’iterazione della mia mostra itinerante “All in Order, with Exceptions” è stata mostrata al Museo di Arte Contemporanea di Serralvers, a Porto. Progettato da Alvaro Siza, il museo è un complesso edificio di volumi collegati.
Joao Fernandez, allora direttore del museo e curatore della mostra, era scioccato che fossero bastati circa quindici minuti per decidere dove collocare ogni lavoro, quando di solito s’impiegano settimane. Con la pratica ho sviluppato un senso dello spazio, lo percepisco con tutto il corpo. Lo stesso vale per i testi, non pianifico mai in anticipo, parto e basta.
Parlando dal punto di vista di un gallerista, questo non sempre aiuta come strategia di vendita. Se il lavoro è davvero ben integrato in uno spazio, allora diventa difficile per i collezionisti immaginarlo nella propria casa.
In una serie di piccoli acquerelli su carta molto intriganti dal titolo An Art World (2014), descrive gli incubi dell’artista contemporaneo. Mi hanno fatto sorridere l’artista “blue chip” che si sveglia la mattina per scoprire che “out of the blue” è diventato semplicemente cheap (economico), e l’artista che sta per essere schiacciato dal suo prezzo in picchiata. Almeno in parte, si riflette nei personaggi che crea?
Nedko Solakov: In quello che faccio c’è sempre un riflesso di quello che sento, da quando ho iniziato a dipingere. Naturalmente, se il lavoro di un artista si basa sull’esperienza di vita, deve incorporare una certa dose di autoironia, altrimenti è solo presuntuoso. Detto questo, sono ben lungi dall’essere un artista blue-chip, il mercato non corrisponde necessariamente al riconoscimento pubblico e critico.
Certamente a volte uno e’ ansioso, si domanda se il lavoro avrà successo o meno. La mia performance Life (Black and White) (1998 – in corso) è stata acquistata da Tate Modern nel 2009. Mentre parliamo, la performance viene mostrata in contemporanea a Londra e a Lahore, Pakistan, e sarà parte delle celebrazioni per il ventesimo anniversario dell’apertura della Tate Modern a Londra, a maggio. La sua iterazione di maggior successo è stata nel 2001, alla Biennale di Venezia di Harald Szeemann, dove lavoro era stato veramente molto popolare tra il pubblico. Allora pensai che avevo raggiunto la vetta, da quel momento sarebbe stato tutto in discesa.
Ma nel 2007, sempre alla Biennale di Venezia, Discussion (Property) ha anch’esso attirato un gran numero di visitatori. La storia che raccontavo, necessitava minimo un quarto d’ora di lettura, ma moltissimi si fermavano ugualmente a leggere fino in fondo. Quindi alla fine ho pensato che potevo rilassarmi. [Discussion (Property) trattava della disputa tra Russia e Bulgaria sui diritti di proprietà intellettuale per produrre il famoso fucile AK47, Kalashnikov. Ha ricevuto la migliore partecipazione nazionale alla 52a Biennale di Venezia a cura di Robert Storr N.d.A.]
Torniamo al collezionismo, questa volta in versione “sospetta”. A chiusura della mostra c’è un video-film in DVD molto divertente, Confidentiality Guaranteed (2006-2008). Potrebbe parlarmene?
Nedko Solakov: La performance su un “modo divertente di ottenere, vendere e collezionare arte” ( con i tuoi soldi in nero) è stata girata alla Fiera d’arte di Bruxelles in collaborazione con la Sint-Lukas Galerie, ed è una storia sul traffico illegale d’opere d’arte. I due attori, nel ruolo di Alan il gallerista e Luigi l’intermediario, sono incredibilmente bravi nell’impersonare due personaggi loschi del mondo dell’arte e inventare storie intricatissime e esilaranti. Fra le cartelle con la documentazione dei capolavori rubati, ce n’è una intitolata “Isabella Stewart Gardner Museum”, uno dei furti più clamorosi e misteriosi nella storia dell’arte.
Qui a Continua l’audio è confuso perché il video è esposto in un corridoio. Ma in realtà, questo concettualmente si adatta al lavoro, quindi nel mio testo a muro scrivo che è per ragioni di sicurezza.. tutto diventa ancora più equivoco. In un certo senso, il video è la conclusione ideale della mostra, che inizia con un dipinto (parte di una serie di sei, intitolata Collezionisti) in cui il collezionismo viene mostrato come un equilibrio ‘sbilanciato’ tra cuore e mente. Nel mezzo c’è tutto il resto.
Per concludere, ha un suggerimento per i giovani artisti ‘globali’?
Nedko Solakov: È difficile sfondare oggi, anche se alcuni artisti raggiungono la notorietà addirittura nei loro vent’anni. A un artista giovane direi: se vuoi essere interessante, sii fedele a te stesso. Cercare di essere qualcun altro può funzionare a breve, ma certamente non nel lungo termine.
Fonti e Approfondimenti: Sito dell'artista: http://nedkosolakov.net/content/index_eng.html Galleria Continua: https://www.galleriacontinua.com/
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