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ArtVerona 2019: 5 artisti per 5 gallerie

Cari amici dell’arte contemporanea,
anche quest’anno mi sono addentrata tra gli stand di ArtVerona 2019 per offrirvi una visione un po’ discostata dai soliti blasonati.

Non troverete qui giudizi sulla qualità della fiera, né numeri e tendenze di mercato, ma solo un contributo autentico a un’ipotetica collezione immaginaria che va componendosi di fiera in fiera.

La selezione che vi presento oggi fonda su amori vecchi e nuovi: nomi che stimo da tempo, altri che meritano una maggiore attenzione, alcuni che non ho avuto occasione di approfondire prima, nuovi incontri da celebrare.

Come sempre, parola ai galleristi.

PS: I link a FONTI e APPROFONDIMENTI su artisti e gallerie sono in fondo all’articolo; qui potete vedere la visita alla scorsa edizione di ArtVerona 2018; qui invece è possibile leggere di tutte le fiere che abbiamo visitato.

ArtVerona 2019
installation view: ArtVerona 2019 | ph. Skymind Images

@ Officine dell’Immagine, Milano
Perchè hai scelto di presentare Maïmouna Guerresi ad ArtVerona 2019?

Marco Massaro: In occasione di quest’ultima edizione di ArtVerona 2019 abbiamo presentato un progetto fotografico con artisti che spaziavano dal Medioriente all’Africa.
In questo contesto abbiamo anche esposto il lavoro di Maïmouna Guerresi, artista italo-senegalese di origini venete.
In particolare, erano presenti 3 fotografie di medio formato tratte dalla serie “I Giganti”.

Maïmouna Guerresi si relaziona costantemente con temi di attualità come l’identità e la multiculturalità, creando un dialogo allusivo fra la cultura europea e quella africana.
Nella sperimentazione di un’umanità universale, dove l’armonia fra culture e fedi diverse prende il posto della paura e della sorda negazione, l’artista conquista un’audacia espressiva carica di seducenti simbolismi e contemplazioni estetiche.

Crediamo che l’argomento sia fortemente attuale e degno di essere affrontato anche tramite il mezzo artistico.

Nell’urgenza di interiorizzare e poi svelare il messaggio artistico, la simbologia del corpo diventa allegoria della dimensione interiore: il corpo come luogo d’incontro di fedi diverse, il corpo come manifestazione della forza umana, il corpo come dimora sacra di una trasformazione in continuo divenire.
Gestualità, cromatismo, scelta degli abiti e degli scenari, costruiscono un istante immortalato nella sua complessa elaborazione, un istante che regala ai personaggi degli scatti una monumentalità quasi eterea, sospesa fra realtà e trascendenza.

La giustapposizione fra l’oggetto, il suo utilizzo e il suo significato culturale è da sempre essenziale nel mondo visionario dell’artista e si confronta con i richiami della credenza sufi, una specifica pratica musulmana dal carattere mistico e ascetico che colloca l’uomo al centro dell’universo, in rapporto diretto con il divino.

Non per ultimo, abbiamo deciso di portare Maïmouna Guerresi ad Artverona poiché sarà la protagonista della nostra prossima mostra in galleria a Milano: RÛH / SOUL, a cura di Silvia Cirelli, è il titolo della sua personale che inaugura giovedì 14 novembre e termina il 18 gennaio 2020.

Maïmouna Guerresi: Rey Bouba, 2010
Maïmouna Guerresi: Rey Bouba, 2010 – Lambda print, 114 x 71 cm – Edizione di 5 | Courtesy Officine dell’Immagine

@ Ca’ di Fra’, Milano
Perchè hai scelto di presentare Carla Bedini ad ArtVerona 2019?

Manuela Composti: La galleria Ca’ di Fra’ lavora con Carla Bedini dal 2007 e portiamo avanti un progetto molto attento di divulgazione del suo lavoro, attraverso mostre in gallerie prestigiose e istituzioni. L’artista è presente in collezioni molto note del panorama italiano, oltre che in quelle di tanti piccoli nuovi amanti dell’arte.

Quest’anno abbiamo avuto anche una piacevole conferma di gradimento e fiducia da parte del pubblico di ArtVerona 2019 che, in più di un’occasione, ci ha rivelato di aver partecipato appositamente per vedere dal vivo gli ultimi lavori di Carla Bedini.

Dal comunicato stampa della mostra Carla Bedini – La mia anima è vento, in galleria fino al 27 novembre 2019.

“La sua è una pittura impegnata e spesso di denuncia, sempre mascherata dietro una delicata, ironica veste di semplicità fiabesca.

Nulla è solo ciò che appare agli occhi.
Il lavoro di Carla Bedini merita una lettura paziente e curiosa poichè s’incammina attraverso percorsi lontani dalla logica razionale, addentrandosi nel territorio intuitivo dell’inconscio collettivo.

La sua ricerca s’inabissa nelle profondità dell’animo umano e in tematiche filosofiche che in ogni periodo storico hanno affascinato artisti e pensatori: il rapporto tra Uomo e Natura, la realizzazione della personalità come sintesi di ombra e luce, la ricerca del senso del nostro essere ed esserci qui ed ora.

La sua opera è colta e ambiziosa, nata da una profonda conoscenza della storia dell’arte. Nulla è lasciato al caso, nemmeno la scelta dei materiali che veicolano il suo messaggio. Legno e garza creano quel rapporto diretto con la Natura, punto focale della sua ricerca.

Contemporanea nelle tematiche sociali e ambientali affrontate; Contemporanea nell’uso del racconto, della favola come veicolo per trasmettere degli Universali, degli archetipi; Figure e situazioni radicate nel nostro profondo.

La sua opera parla non solo e non tanto ai nostri occhi, quanto al nostro inconscio, ai nostri fantasmi e si pone davanti a noi come uno specchio, suscitando reazioni e risposte mai scontate.”

ArtVerona 2019 | Carla Bedini: Erbacce, 2019
Carla Bedini: Erbacce, 2019 – Legno e garza, 80×90 cm | courtesy Galleria Ca’ di Fra’, Milano
ArtVerona 2019 | Carla Bedini: Ragazza con betulla, 2019
Carla Bedini: Ragazza con betulla, 2019 – Legno e garza, 80×90 cm | courtesy Galleria Ca’ di Fra’, Milano

@ Nuova Galleria Morone
Perchè hai scelto di presentare Eros Bonamini ad ArtVerona 2019?

Diego Viapiana: Eros Bonamini è innanzitutto un artista veronese che rappresento e credo sia giusto far conoscere un artista di “nicchia” a un vasto pubblico di visitatori, differente dagli “habitué” della galleria. Già dalla scorsa edizione avevo diviso lo stand tra una parte espositiva storica, in cui presentavo tra gli altri opere di Eros Bonamini, e una parte espositiva di giovani artisti.

In questa edizione ho voluto concentrarmi e far emergere la contemporaneità delle opere di Eros Bonamini, confrontandole con una generazione di artisti molto più giovani che usano linguaggi e medium differenti.

Il lavoro che cerco di portare avanti in galleria, e che quindi presento nelle fiere, è proprio quello di affiancare nuove e vecchie generazioni di artisti che pur nelle loro differenze stilistiche dialoghino tra loro dimostrando l’universalità e la trasversalità temporale dell’arte “di livello”.

Con Eros Bonamini in particolare sto sviluppando, in collaborazione con l’archivio, un discorso trasversale da qualche tempo. Dopo la presentazione della monografia alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, lo scorso 7 febbraio ho inaugurato la prima mostra in galleria, focalizzando l’attenzione sulle opere degli anni ’80 per semplificare la conoscenza dell’artista al grande pubblico.
Il progetto prevede diversi appuntamenti tra cui anche la presentazione in fiere internazionali dei lavori dell’artista, la cui produzione è molto ben scandita nell’excursus degli anni della sua carriera artistica.

Il tempo e il segno dalla metà degli anni ’70 divengono il luogo privilegiato della ricerca artistica che l’artista evolverà anche attraverso medium differenti. I segni, oltre che derivare da un processo che genera forme in sé pittoriche, assumono esplicitamente il carattere di “parole” e “numeri”.

Le cronotopografie che caratterizzeranno la produzione di Eros si evolvono con gli anni. Si passa dai cementi, dove il tempo ed il segno sono “incisi” sulla stesura, alle “acque ossigenate” come processi oggettivi di temporalità. Negli anni ’80 la cronotopografia è come misurazione del tempo individuale, dove l’artista si sofferma sui segni tracce che rispettano i tempi di esecuzione dichiarati.

Successive varianti del “segno traccia” si evolvono nelle “vanitas” come consumazioni del tempo e un lavoro dove il medium è il plexiglass ed acciai (la tipologia di lavoro che ho deciso di presentare quest’anno ad ArtVerona 2019).

Concludo dicendo che Eros Bonamini è un artista ancora da ri-scoprire, che certamente non deluderà a chi si avvicinerà al suo lavoro con occhio attento.

ArtVerona 2019 | Eros Bonamini: Cronotopografie, 2004
Eros Bonamini: Cronotopografie – Segni tracce in-per 20 40 60… secondi, 2004 – intervento con pirografo su plexiglass fluorescente, 100 x 100 cm | courtesy Nuova Galleria Morone, Milano
Eros Bonamini. Tempo Numeri Spazi, a cura di Francesco Tedeschi, | Nuova Galleria Morone – Milano, 2019
installation view: Eros Bonamini. Tempo Numeri Spazi, a cura di Francesco Tedeschi, | Nuova Galleria Morone – Milano, 2019

@ Galleria Patricia Armocida
Perchè hai scelto di presentare Aldo Sergio ad ArtVerona 2019?

Patricia Armocida: Ho scelto Aldo Sergio (Salerno 1982, vive e lavora a Milano) perché il tema di quest’anno era #backtoitaly e credo che Aldo rappresenti molto bene questo ritorno alle origini, sia per i soggetti scelti sia per la pittura ad olio, entrambi cari alla nostra tradizione ma resi contemporanei dall’artista.

Le opere proposte ad ArtVerona 2019 sono un estratto di quelle esposte in occasione della sua ultima personale Santo Cielo presso la mia galleria, lo scorso settembre 2018.
Il titolo ha una duplice lettura, quella popolare e quella spirituale che l’autore sviluppa in due serie distinte ma compenetranti.

Per la prima, Aldo Sergio mette in luce la connotazione prettamente terrena dell’espressione attraverso soggetti che fanno parte della memoria visiva collettiva, icone popolari della contemporaneità, come le patatine del Mac Donald, nuova natura morta, e la Madonna di Lourdes, i cui significati vengono ironicamente alterati attraverso la scomposizione in pixel dell’immagine.

La seconda serie riguarda l’aspetto spirituale, sono preghiere visive. I soggetti, quali lo zampirone e il muffin, dipinti con una abilità esecutiva dell’artista estremamente realistica, rappresentano la sacralità del quotidiano.
Queste opere di piccole dimensioni sono ad olio su carta montate su legno, il cui retro è dipinto con un colore rosa fluo che, riflettendosi sulla parete, crea una luce, un’aurea rosa che inquadra l’opera nei giorni nostri.
Il quotidiano quindi diventa sacro mentre il sacro diventa terreno.

Trovo sia molto attuale il contrasto tra apparenza e sostanza, da sempre fortemente presente nella sua ricerca.

L’utilizzo del pixel, per esempio, per l’artista solo un pretesto, è una maniera per creare delle scomposizioni sottili. Il linguaggio digitale della comunicazione veloce e a bassa risoluzione contrasta la lentezza della pittura ad olio con cui l’artista le realizza. Una pittura a strati fatta di attesa, pratica analogica per eccellenza.

Il pixel in primo piano non riesce a rendere riconoscibile l’immagine da vicino, ma come nella realtà, è solo con la giusta distanza che ne comprendiamo la visione d’insieme. Inoltre, seppur con la giusta distanza, il pixel sembrerebbe rispettare l’immagine nella sua completezza ad un primo sguardo, a un’analisi più attenta invece ci fa notare come in verità ne modifichi radicalmente il contenuto.

ArtVerona 2019 | Aldo Sergio: Salty Icon I, 2018 + Healty Icon I, 2018
Aldo Sergio: Salty Icon I, 2018 – oil on linen , 115×80 cm + Healty Icon I, 2018 – oil on linen, 115×80 cm | courtesy Galleria Patricia Armocida, Milano
Aldo Sergio: Mosquito Coil Prayer, 2018
Aldo Sergio: Mosquito Coil Prayer, 2018 – oil-painting on-paper mounted onto wooden panel, 24×20 cm | courtesy Galleria Patricia Armocida, Milano

@ galleria massimodeluca, Mestre
Perchè hai scelto di presentare Giovanni Sartori Braido ad ArtVerona 2019?

Marina Bastianello: Ho presentato il lavoro di Giovanni Sartori Braido all’interno di un progetto dedicato a pittori under 35 che studiano o hanno studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Ho voluto ricreare l’interno di un salone veneziano che facesse da cornice alle opere degli artisti.

Tra le altre, la scelta è ricaduta sull’opera “Elementi in uno spazio” concepita come un dispositivo in grado di suscitare emozioni nell’osservatore.
Giovanni Sartori Braido porta avanti la sua ricerca artistica utilizzando la pittura come mezzo attraverso il quale lo spazio espositivo viene trasformato, modificando così l’ambiente circostante che diventa un tutt’uno con l’opera d’arte.

Come ha voluto sottolineare Pedro Velez in occasione della mostra personale “Sedici sfumature di grigio” ospitata presso la galleria massimodeluca nell’anno 2014, “l’artista comprende il valore della riflessione personale in questo XXI secolo ad alta velocità e il modo in cui questa si inserisce nella cronologia virtuale della storia dell’arte. Le sue intime nature morte di monitor obsoleti, hardware amorfi, forme geometriche astratte e mobili sfocati sono state ambientate o, per utilizzare un termine migliore, curate all’interno di freddi cubicoli di uffici”.

Anche l’opera presentata ad ArtVerona 2019 rende difficile ad un primo sguardo distinguere se l’immagine sia effettivamente stata dipinta a mano piuttosto che stampata sulla superficie della tela, dal momento che Sartori Braido è sinceramente abile a lavorare sui sottili contrasti coloristici, in grado di trasmetterci un senso di spiazzamento.

ArtVerona 2019 | Giovanni Sartori Braido: Elementi in uno spazio, 2018
Giovanni Sartori Braido: Elementi in uno spazio, 2018 – acrilico su tela, 140×140 cm | courtesy galleria massimodeluca, Mestre
FONTI e APPROFONDIMENTI: 
- sito ufficiale Officine dell'Immagine, Milano (link)
- sito ufficiale Ca' di Fra', Milano (link)
- sito ufficiale Nuova Galleria Morone, Milano (link)
- sito ufficiale Galleria Patricia Armocida, Milano (link)
- sito ufficiale galleria massimodeluca, Mestre (link)

Alice Traforti

Founder e Redazione | Vicenza
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