Prosegue l’approfondimento con gli artisti che operano intorno a una logica di attraversamento tra architettura partecipativa e light art. Intervistiamo oggi Balint Bolygo, artista ungherese classe 1976.
Quali sono le relazioni che i tuoi interventi stabiliscono con lo spazio e con il pubblico?
Balint Bolygo: I miei interventi presentano un ambiente che cambia: il movimento cinetico e i processi di lavoro, creano esperienze sensoriali dello scorrere del tempo. Il pubblico diventa consapevole della lentezza del “tempo” o della velocità con cui accadono certe cose. Di solito nel mio lavoro si tratta di rallentare le cose – e di creare un’opera che usa lo spazio cambiando forse il suo normale ‘periodo di tempo’.
Spesso la tecnologia utilizzata nei miei lavori si riferisce alla tecnologia del passato: ingranaggi, ruote dentate e movimenti meccanici sono normalmente associati agli approcci della “vecchia scuola”, in contrasto con la nostra rapida era digitale. Avere il funzionamento di un sistema manifesto e trasparente, presenta un’opportunità di esplorazione e scoperta per il pubblico.
L’installazione presuppone un coinvolgimento diretto dello spettatore nel lavoro; qual è il ruolo dello spettatore in relazione alle tue opere?
Balint Bolygo: Il ruolo dello spettatore è molto importante. Senza lo spettatore l’opera non funzionerebbe. C’è un’importanza fondamentale nell’esperienza dei processi alla base del mio lavoro. Il processo di scoperta, l’esperienza della scala temporale che il lavoro presenta e talvolta l’interazione fisica, sono tutte cose che fanno parte del coinvolgimento dello spettatore. L’idea che il mio lavoro sia una scultura basata sul tempo è importante per me come artista, oltre al fatto che queste opere sono “esperienziali” in quanto tali, in opposto agli oggetti statici.
Qual è, nel tuo lavoro, la relazione con i concetti di spazio e tempo?
Balint Bolygo: L’esperienza del tempo, lo spostamento dello spazio dentro una costruzione di passaggio del tempo. Le mie opere rispondono allo spazio (sono molto spesso site specific oppure adattate agli spazi specifici) e vi introducono il loro unico elemento temporale. Il loro elemento performativo che con l’evento si immette nello spazio, crea inevitabilmente il senso del tempo che passa. Una macchina da disegno, ad esempio, disegnando per ore, giorni o addirittura mesi, crea uno specifico “spazio-tempo” che l’osservatore sperimenta. Questo processo solitamente presenta un aspetto che potrebbe essere piuttosto unico ed effimero per l’individuo.
Un pensiero sull’arte pubblica e la valorizzazione di alcuni spazi della città: come un intervento nel tessuto urbano può secondo te stabilire connessioni tra l’arte di oggi ed un pubblico eterogeneo e variegato, anche di non abituali fruitori d’arte?
Balint Bolygo: Penso che l’arte debba essere accessibile a tutti i livelli. L’arte di qualità dovrebbe avere molti livelli di esperienza, come la buccia di una cipolla. La percezione e l’interpretazione dovrebbero consistere in molti livelli che possono essere tutti accessibili sia se sei un critico d’arte o un bambino di 2 anni. Alcune persone sono felici sbucciando i primi strati, mentre altre sbucciano sempre di più per avere un’esperienza più profonda.
È più importante catturare e coinvolgere il pubblico inizialmente con i primi strati, rispetto ai tanti livelli di interpretazione che si possono ottenere. Gli interventi artistici devono offrire un “punto di partenza” che dia inizio ad un tipo di impegno. Una volta fatto questo, spetta al pubblico decidere la profondità a cui giungere con l’interpretazione.
Penso che l’arte oggi abbia un momento difficile ma un ruolo importante. È visivamente in competizione con così tante immagini istantanee e a causa delle distrazioni di cui le persone si circondano giorno per giorno, ci si aspetta che anch’essa sia istantanea soprattutto per gli spettatori non abituali.
In che direzione stanno andando secondo te i nuovi linguaggi della creatività nello spazio urbano, e cosa oggi si può definire come creativo a livello di trasformazione dello spazio ambiente?
Balint Bolygo: Come in molti aspetti della vita, c’è una grande velocità con cui le cose stanno progredendo e avanzando nei nostri spazi urbani. C’è una sfocatura di discipline, in cui arte, design, architettura e pubblicità sono tutte in competizione all’interno dello stesso spazio, e il loro impatto dovrebbe essere istantaneo. Penso che sia sempre più difficile trovare spazi urbani dedicati solo all’arte.
I rapporti tra il contesto urbano e la multimedialità costituiscono attualmente un vivace campo di ricerca. Cosa ne pensi delle potenzialità e dei suggerimenti creativi della luce nella città contemporanea?
Balint Bolygo: Penso che, a causa delle tecnologie avanzate e dell’efficienza energetica nell’illuminazione, il problema non sarà proprio quello di illuminare i nostri spazi urbani, ma di mantenere le aree oscure in modo da poter sperimentare il contrasto. Penso che le nostre città stiano diventando più luminose e più luminoso è anche ogni progetto urbano che cerca di superare il suo vicino, ed in questo processo restiamo con uno spazio urlante e rumoroso in termini di luce. Siamo in pericolo o diventiamo de-sensibilizzati guardando unicamente nella direzione della forza e della durezza, ignorando i delicati spazi tranquilli e contemplativi mentre annegano nelle luci di un sviluppo la cui proprietà è spesso brutale.
Sei interessato a condividere la paternità del tuo lavoro con il pubblico? Se sì, come si verifica in pratica?
Balint Bolygo: Alcune delle mie macchine da disegno hanno qualità interattive in cui il pubblico può interagire fisicamente con esse e avere un input diretto nei disegni creati dal lavoro. Questi disegni di solito avvengono per molte ore anche giorni, quindi accumulano le interazioni di moltitudini di persone. Si può sostenere che la paternità dei disegni sia condivisa da me artista e dal pubblico.
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