Questa è la seconda parte dell’intervista che Antonio Barrese ha rilasciato ad ArTalkers in occasione della prossima uscita della monografia che ripercorre tutte le tappe della sua carriera di artista, designer, scrittore e inventore di nuovi linguaggi, dal 1960 ad oggi.
Se non l’hai ancora fatto, puoi leggere la prima parte qui: Antonio Barrese #1: Dalla Luce all’Energia
Nel 2009 realizzi l’Albero di Luce: un’opera ambientale, cinetica e luminosa, installata a Milano in occasione del centenario della nascita del Futurismo.
Non voglio soffermarmi qui sul lavoro di progettazione, sull’estetica o sul valore dell’opera, aspetti su cui Marco Meneguzzo si è espresso molto chiaramente nel saggio che ho letto all’interno della monografia.
Ciò su cui vorrei invece fermare l’attenzione è la finalità pubblica che assume l’opera, la sua accessibilità e disponibilità per la città, la dimensione sociale di cui viene investita.
E, ovviamente, le intenzioni del suo autore alla base di queste nuove direzioni.
Antonio Barrese: Sono contento che parli di arte con finalità pubblica e non di arte pubblica perché sotto questo nome oggi si ascrivono anche i murales, il graffitismo, i flash mob e altre manifestazioni che hanno a che fare più con la marginalità e l’intrattenimento che con l’arte.
Dico subito che, realizzando opere a dimensione urbana se non addirittura geografica, non ho mai avuto velleità sociali o politiche, non credendo che l’arte possa farsi portavoce di istanze diverse da quelle che le sono proprie.
L’arte non offre contributi parziali, per suo statuto e ruolo dona al mondo ben di più, mette a disposizione di tutti la lingua del mondo che si sta avverando, non fa altro, tantomeno diventa cassa di risonanza di favole politiche o assessorili.
Ho sempre avuto interesse per le opere grandi, quelle che superano la dimensione domestica.
Quando ho ripreso il lavoro da artista non volevo ricominciare da dove mi ero fermato trent’anni prima.
Tutto era cambiato, io stesso ero un altro. Però le ricerche sulla luce offrivano ancora ampi spazi di sperimentazione, inoltre volevo occuparmi delle vicende del MID che, per vari motivi, si erano sfilacciate.
Per questo ho cominciato dalle opere Shadow, che usano l’ombra, l’opposto della luce.
In seguito poche opere di transito, tra cui Strobo_Cyl.
Poi ho sviluppato progetti con il Lytec, una fibra elettroluminescente che mi ha suggerito di mettere in movimento direttamente le fonti luminose, delle aste ricoperte di LED: e nacque Visual_Bells, un’installazione progettata per lo ZKM e, purtroppo, mai realizzata.
Da Visual_Bells deriva l’Albero di Luce, la più grande installazione cinetica mai prima realizzata (alta 33 m. diametro 18 m. rotante a 40 rpm) installata a Milano davanti al Castello Sforzesco dal dicembre 2009 a marzo 2010, in occasione delle celebrazioni per il Centenario della nascita del Futurismo.
Queste grandi opere, per la loro complessità realizzativa, dimostrano la possibilità di una diversa economia dell’arte, integrata in un contesto diverso dal consueto.
Mi interessa attivare un lavoro collettivo basato sul perseguimento della massima qualità operativa e metodologica.
È un lavoro che fonde arte, progetto, scienza, tecnica e comunicazione.
Dar vita a iniziative che cominciano dal progetto e proseguono con l’ingegnerizzazione, il reperimento di risorse economiche e di sponsorizzazioni e la relativa gestione di relazioni delicate, il rapporto con le amministrazioni del territorio, il sistema di comunicazione, la possibilità di fare diventare esemplare l’esito a cui si perviene dal punto di vista del modello qualitativo e processuale, la necessità di gestire un gruppo di lavoro multidisciplinare…
Un lavoro svolto anche in coworking o in teleworking, mettendo insieme su un unico progetto i migliori cervelli disponibili, compensati dalla possibilità di contribuire a sviluppare un progetto eccezionale e raro, che richiede autentica competenza e immaginazione, partecipando al quale le competenze si massimizzano.
Questo modo di lavorare è praticato – da Stefania Gaudiosi e da me – nell’attività di ScholaFelix che, appunto, gestisce i nostri grandi progetti.
Tuttavia, nulla di nuovo sotto il sole!
È un lavoro simile a quello delle botteghe rinascimentali, dove si realizzavano anche opere grandissime e impegnative e si produceva anche arte pubblica: feste, spettacoli, scenografie…
Insomma, amo questa possibilità essendo un orizzonte del tutto diverso da quello in cui solitamente bazzicano gli artisti.
Nel 2011 ti sposti in Brasile, invitato da un gruppo industriale a dare seguito a un progetto transnazionale sulla scia dell’arte pubblica innescata con l’opera Albero di Luce.
Nasce il progetto FlowingRiver_RioAmazonas.
Di che cosa si tratta?
FlowingRiver_RioAmazonas assume una dimensione geografica, non solo per l’ampiezza della sua estensione, ma intesa come naturale evoluzione dello stesso concetto di arte pubblica cui risponde l’Albero di Luce.
In questo contesto, come si connota il rapporto con l’ambiente e con la società?
Antonio Barrese: La definizione di Arte geografica è di Stefania Gaudiosi (e credo che gli derivi dalla conoscenza dell’opera di Iannis Xenakis), mia compagna e partner nel lavoro.
A me è immediatamente piaciuta anche perché mi sento più gratificato a entrare nella Geografia, piuttosto che nella Storia, considerato com’è manomessa.
FlowingRiver_RioAmazonas è un’opera di Arte geografica. Un’opera cinetica, programmata e interattiva, a scala territoriale.
Nel 2010 Osram mi chiese il progetto di un grande evento transnazionale per il lancio di un’iniziativa legata alle energie rinnovabili.
La richiesta incrociava un’idea che stavo elaborando da alcuni anni: grandi opere ambientali, di dimensione quasi geografica…
Immaginai di far fluitare lungo il Danubio – fiume transnazionale per eccellenza che attraversa gran parte dell’Europa – un numero imprecisato di natanti, trasportati dalla corrente. Ero incerto se affidare il loro movimento solo alla corrente del fiume, valorizzando il caso, o se la navigazione dovesse essere controllata, facendo arrivare la flotta nelle grandi città in concomitanza con le manifestazioni promozionali.
Naturalmente le difficoltà logistiche sarebbero state molte, ma superabili per il prestigio del committente che poteva disporre di tante risorse.
Il progetto, per difficoltà di marketing, non andò a buon fine, ma Osram mi suggerì di adattarlo all’area BRIC (Brasile, India, Cina).
Il consiglio è stato illuminante: il Brasile sarebbe stato il Paese più adatto.
Il Brasile è l’unico Paese ad aver dichiarato di voler perseguire uno sviluppo sostenibile, è attraversato dal Rio Amazonas, autentico simbolo dell’ecologia, e desidera dimostrare innovazione, cultura, capacità imprenditoriale e organizzativa.
Inoltre è un Paese magnifico, che ritenevo popolato da persone affabili e desiderose di fare bene (ma che in seguito scoprii corrotte oltre ogni limite, tanto da impedire qualsiasi iniziativa che non divida il malloppo!).
Ho portato avanti il progetto FlowingRiver_RioAmazonas assieme a Stefania Gaudiosi, che ha curato parte degli aspetti di comunicazione e promozione, nonché ne ha elaborato lo storytelling.
Qui ne parlo al futuro in quanto il progetto per il momento è fermo.
Una colossale installazione composta da 100 natanti legati assieme, che occupano una superficie pari a dieci campi di calcio. Navigherà lungo il Rio Amazzonas, partendo da Manaus per raggiungere l’Oceano.
Farà tappa nelle principali città fluviali e poi nelle più importanti città costiere.
Ciascun natante sarà sormontato da una vela nordestina, la vela tipica della jangada, realizzata in materiale fotoriflettente che di giorno, sventolando, animerà di colori iridescenti il corso del fiume, contrastando con l’intensità del verde della foresta.
Di notte, illuminata da oltre 50.000 LED RGB stroboscopici alimentati da cellule fotovoltaiche, riempirà di colori e di lampi l’oscurità delle acque e la cupezza della foresta segnata dai gridi degli uccelli.
Un pallone aerostatico seguirà costantemente la flotta, registrandone le trasformazioni. Il viaggio durerà circa sei mesi.
Si tratterà, tra l’altro, di una smisurata opera interattiva.
La gestione degli effetti luminosi sarà controllata da un computer e sarà possibile acquistare in rete porzioni temporali d’interazione con l’installazione e modificarne gli effetti cromatici e dinamici in tempo reale. Il ricavato di questa vendita sarà devoluto interamente a un fondo per la salvaguardia dell’Amazzonia.
FlowingRiver_RioAmazonas esprimerà la riconciliazione tra ambiente e tecnica, tra natura e necessità energetiche, tra spettacolo e benessere.
Promuoverà i valori dell’ecologia nella consapevolezza che la nostra sorte è connessa al nostro grado di competenza ecologica.
Dal suo centro espressivo s’irradiano occasioni molteplici di trasferimento di valori ecologici, economici, politici, etici e anche di marketing, funzione assolta dalla Casa dell’Innovazione (realizzata in collaborazione con la Triennale di Milano) che accompagnerà il viaggio di FlowingRiver_RioAmazonas, ospiterà gli eventi collegati e seguirà l’installazione in streaming, momento per momento.
FlowingRiver_RioAmazonas nel suo itinerario, diventa polo di attrazione di attività comunicative e promozionali, connesse all’ecologia e alla sostenibilità.
Naturalmente FlowingRiver_RioAmazonas ha problematiche molto complesse.
In primis il costo: sei milioni di dollari.
Inoltre il Brasile è uno Stato federale, e transitare da uno Stato all’altro comporta una moltiplicazione burocratica praticamente insormontabile, che mobilita maneggi e intermediazioni di ogni tipo.
Vedremo…
E il rapporto con l’industria?
Antonio Barrese: L’industria esiste, anche se in ambito artistico neppure si sa cosa sia, conoscenza sostituita da un’immotivata diffidenza o da speranze mal riposte. È una parte del mondo contemporaneo che sarebbe insensato ignorare e tantomeno demonizzare.
Nessuno si è occupato di mettere in contatto le due cose, ma dall’incontro tra Arte e Industria è nato il Design.
Non vorrei essere frainteso, non penso che il design sia un po’ di bello sovrapposto alle merci. Credo che il design sia una delle possibili forme delle avanguardie artistiche.
Naturalmente il Design a cui mi riferisco non è quello corrivo che si vede al Salone del Mobile o nelle riviste di arredamento.
È quello dei Maestri che, pur lavorando per l’industria, hanno elaborare paradigmi utili alla globalità del mondo produttivo… Persone che lavoravano con gli stessi intendimenti e gli stessi modi degli artisti.
Essendo quel design una delle possibili forme delle avanguardie artistiche, è finito quando è finita l’epoca che ne aveva bisogno e per sviluppare la quale esso era nato.
Quello attuale non è design, per quanto ne conservi il nome: è styling e/o ingegneria, progetto industriale diverso…
Fatta questa precisazione sostengo che Design e Arte siano la stessa cosa, senza che uno sia confuso o penalizzato dall’altro.
Sono consapevole che il mondo dell’arte storce il naso davanti al design, considerandolo al servizio della peccaminosa merce – e fingendo di ignorare l’analoga mercificazione che l’arte subisce…
So anche che gli industriali sono, per vari ed opposti motivi, considerati nemici. Chi lo pensa forse non conosce le efferatezze dei Medici che pagavano Michelangelo, e trascurano di informarsi delle nefandezze dei vari Papi di Santa Romana Chiesa che, dell’arte, per secoli, sono stati i principali committenti.
Il rapporto con l’industria, per me, è imprescindibile: ricco di possibilità, mi permette di lavorare, guadagnare, sperimentare, conoscere e agire nella contemporaneità e non nel mondo delle favole, delle illusioni e dell’idealismo.
Nella monografia sono presenti parecchi link: direttamente cliccabili nella versione digitale, o accessibili tramite QR code nella versione cartacea.
Com’è nata l’idea di rendere interattivo questo volume?
Antonio Barrese: Anche in questo caso si tratta di non rinunciare a ciò che il mondo offre.
Ho già detto che non ho rinunciato ai media che ho trovato disponibili, quindi non mi sono limitato a fare il pittore, cioè usare solo tela e colori, in ossequio alla tradizione e al conformismo.
Analogamente non vedo perché un libro sul mio lavoro di artista cinetico avrebbe dovuto limitarsi alle fotografie e alle illustrazioni stampate.
Forse solo perché i libri sono oggetti mitizzati, che in passato sono stati straordinari veicoli di cultura e di intrattenimento?
Non lo nego, ma bisogna riconoscere che sono limitati nel mostrare cose che si muovono e con le quali si interagisce.
Qualcuno dirà che, per un libro che tratta di balletto, la fotografia è più che sufficiente a comunicare la tensione emotiva e la spazialità delle coreografie e la grazia delle ballerine…
È vero, ma se si può fare di più e di meglio, perché non farlo?
Da anni non ho più fiducia nell’editoria, un settore produttivo povero e malconcio, senza idee e senza iniziative. Ormai si sfornano solo libri prepagati, in larga misura inutili e destinati al macero. Libri non distribuiti, se non quando gli editori organizzano anche mostre, e li vendono come cataloghi nei book shop…
Infine, nonostante il mito della grande tiratura (e l’illusione di successo clamoroso, del bestseller), i libri interessano a poche persone. Anche quando se ne vendono alcune centinaia di copie quelle effettivamente lette sono poche decine e quei lettori sarebbero facilmente raggiungibili direttamente.
Con Stefania Gaudiosi abbiamo fondato ScholaFelix che, oltre alla produzione di eventi culturali opererà anche come casa editrice – col nome ScholaFelix Edizioni – e questo sarà appunto la sua prima pubblicazione.
La monografia:
ANTONIO BARRESE
Due volumi indivisibili:
Volume 1
Dall’Arte cinetica all’Arte geografica. Dalla luce all’Energia
Volume 2
Dal Gruppo MID al Design fino alla Narrativa visuale e oltre
Con due saggi di Giovanni Anceschi e Stefania Gaudiosi.
Contiene testi di Eugenio Alberti Schatz, Getulio Alviani, Giovanni Anceschi, Silvana Annicchiarico. Gillo Dorfles, Stefania Gaudiosi, Marco Meneguzzo, Margit Rosen, Lea Vergine e altri.
Caratteristiche:
Formato A4
Composta da 360 pagine complessive.
Tutta a colori.
Prodotta in due versioni.
— Formato PDF (dotata di un centinaio di link direttamente attivabili)
— Stampata on demand (dotata di un centinaio di QR Code direttamente attivabili)
Sarà disponibile da ottobre/novembre 2018.
Chi fosse interessato ad averla prima della pubblicazione può rivolgersi direttamente a me tramite FaceBook.
Approfondendo i tuoi scritti, ho letto alcuni quesiti che muovono tutta la tua indagine.
Ne riporto un estratto.
“Perché rifugiarsi nel passato e non riconoscere la centralità del futuro?
Perché accontentarsi di riprodurre, invece che produrre ciò che ancora non esiste?
Perché ripetersi, invece che pensare l’impensato?”
Ora voglio chiedere a te: quali nuove direzioni percorrerai per dare forma a quello che ancora non c’è?
Antonio Barrese: Credo che quelle domande retoriche, che ho formulato da qualche parte del libro, diano la risposta a quel che mi chiedi.
L’esortazione più importante delle tre è quella che riguarda il futuro.
Il principale strumento che la specie umana ha inventato per accrescere le sue stesse sofferenze, è il legame col passato, da cui derivano mali e nevrosi, lacerazioni, repressioni variamente indirizzate.
L’importanza del passato, dal quale tutto nascerebbe, è semplicemente un crimine!
La vita si fonda invece sul Progetto, ed esso riguarda il futuro: lo immagina, lo prevede, si attiva per dargli forma…
Insomma, uno come me non può che essere un artista di avanguardia… Notare che questa esortazione mette Arte e Vita sullo stesso piano rendendo il lavoro per l’una valido anche per l’altra, e viceversa.
Io, quindi, che ho ampiamente sublimato il Grande dolore dell’essere venuto al mondo (e di alcune disavventure successive) e avendo archiviato il passato, posso continuare a guardare avanti.
Anni fa avevo pensato a qualcosa che avevo malamente definito Arte neuronale, ma adesso mi sembra una sciocchezza.
Comunque, ho sempre l’impressione di aver fatto poco, per questo ho davanti a me una lunga serie di cose in attesa, che elenco:
— FlowingRiver_RioAmazonas
Da finire.
Sarebbe l’opera d’arte più grande fatta finora, e pareggerebbe il conto che ho in sospeso con l’amico Christo, che in questo è stato più bravo di me e che ammiro e invidio (assieme ad Anish Kapoor, altra spina nel fianco).
— Ambienti immersivi portatili
Si tratta di oggetti recentissimi, pensati e prototipati solo pochi mesi fa, che attendono di essere sviluppati e declinati.
Mi piace molto l’idea di spazi ultra–percettivi portatili… non dico altro.
— Light_Night
Da fare.
Una grandissima installazione ambientale progettata per una bella città del Sud Italia e bloccata dagli sviluppi politici di quest’anno e dalla detronizzazione del politico committente.
— Progetti in corso
Continuare e sviluppare.
Per affermare la mia identità artistica individuale, dopo una vita spesa, nel bene e nel male, nel e per il Gruppo MID. Voglio riuscire a fare tante installazioni, come per esempio Zeus_Playing e altre immersive di cui sto realizzando i primi esemplari.
— La convocazione
Pubblicare il romanzo.
Realizzare il film lungometraggio.
— ScholaFelix
Sviluppare e consolidare, attivando i suoi vari rami di attività: formazione per bambini e adulti, produzioni area media ed editoria ecc.
Progetti complessi ai quali non intendo rinunciare.
Altre cose per il momento sono top secret!
Credo di averne abbastanza:
Che il corpo regga, che l’anima non vacilli!
Maggiori informazioni sul sito dell’artista Antonio Barrese.
Disponibili anche video e approfondimenti.
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