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Roberto Pugliese

Roberto Pugliese: tecnologia per audio-visioni

Seguo la ricerca dell’artista Roberto Pugliese (Napoli, 1982) sempre con molto interesse: egli ha la grande capacità di condurmi a braccetto verso altri lidi immaginativi.

Nel 2018 ho incontrato le sue opere in diverse occasioni.

In febbraio, al Teatro Anatomico di Bologna con l’esposizione di Equilibrium Variant all’interno del progetto Transanatomy, a cura di Felice Moramarco e incentrato sui processi di ibridazione tra uomo e macchina, animato e inanimato, naturale e artificiale.

In primavera, presso Studio La Città di Verona, ho visitato Risonanze: la doppia personale curata da Valerio Dehò che vede le opere di Roberto Pugliese e di David Leverett sotto il comune denominatore della composizione.
L’intervista che segue prende spunto proprio dalle riflessioni scaturite da questa mostra.

Roberto Pugliese: ritratto dell'artista presso Studio La Città - Verona, 2018
Roberto Pugliese ritratto durante l’opening della mostra “Risonanze David Leverett – Roberto Pugliese” presso Studio la Città a Verona, 2018.

 

Ecco alcuni dei prossimi appuntamenti che lo vedono protagonista:

  • Concerto per Architettura inaugura il 18 settembre 2018 alle ore 18 presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano. La personale è curata da Flavio Arensi per la Project Room – La stanza di Proust che si propone di “recuperare, attraverso il loro lavoro, l’idea di una coscienza allargata che non usa i mezzi più tradizionali della scultura ma ne ricerca i concetti più profondi attraverso la tecnologia e lo spazio”. Durante il concerto inaugurale, Roberto Pugliese eseguirà una composizione che verrà riproposta con un’installazione ad hoc per tutta la durata della mostra, fino al 18 ottobre.
  • Dal 25 settembre fino al 25 ottobre parteciperà alla mostra International Exhibition of Contemporary Art a Yerevan, in Armenia. Artisti internazionali sono invitati a dialogare con artisti armeni sul titolo Soundlines of Contemporary Art.
Roberto Pugliese, la tua ricerca è estremamente interessante e tocca corde finemente intrecciate alla vita contemporanea.
Una nota, semplice e importante, si rivela nel tuo approccio iniziale all’arte: tu sei un compositore e questa tua dedizione si declina innanzitutto nel campo musicale.
La tua storia con la musica è strettamente connessa alla tua storia di artista visivo, due discipline apparentemente distanti, ma che battono all’unisono nel nome dell’innovazione.
Come si sono manifestate e come interagiscono queste due anime?

Roberto Pugliese: Ci sono stati due avvenimenti principali nella mia vita che mi hanno avvicinato alle arti visive.
Il primo a 10 anni al Centre Pompidou di Parigi dove subii una forte fascinazione e curiosità.
Il secondo durante la mia formazione. Sono stato studente in un momento di riforme cruciali per il Conservatorio. In quel periodo militavo in un gruppo di politica studentesca e dato che i conservatori e le accademie di belle arti hanno uno statuto molto simile ho iniziato a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Napoli per delle assemblee. In quelle occasioni ho conosciuto degli studenti con i quali ho iniziato le prime collaborazioni realizzando musiche per alcuni video d’arte e sonorizzazioni per installazioni.
In seguito ho maturato una mia personale poetica che tutt’ora porto avanti.
La creatività non ha dei modi operandi prestabiliti, si manifesta seguendo tutte le strade possibili e in me è capitato che l’aspetto visivo e quello sonoro in qualche modo abbiano trovato un equilibrio, una simbiosi.
Non ragiono né per suoni né per immagini, bensì vengo sedotto da “audio-visioni”, ovvero è come se nella mia mente i due linguaggi confluissero in uno; se penso ad una forma questa per me ha già un senso sonoro e viceversa.

Roberto Pugliese: Acustiche tensioni matematiche, 2013 – speakers, cavo audio, cavo metallico, composizione audio, 245 x 285 x 48 cm.

 

Oggi è facile ricorrere alle etichette, come quella della Sound Art o del Visual Artist, scoprendo spesso il vuoto intorno a esse.
Al contrario, uno dei tuoi punti di forza è la padronanza della materia: la composizione, sia musicale che visiva, unita a un’invenzione che non ne compromette il metodo scientifico, ma che ha a che fare con la creazione del nuovo, con la sperimentazione di una visione altra e comprovata. Proprio questo dato certo conferisce un valore universalmente riconosciuto a un risultato immaginativo potente, in grado di superare il limite del virtuosismo fine a sé stesso.
Esiste un sottile legame tra arte e scienza, tra creatività e metodo, tra sublime e regola.
All’interno della tua ricerca, questo avviene a doppio filo: per la musica e per l’estetica.
Come ti poni in questo contesto, in bilico tra l’essere uno scienziato e un visionario?

Roberto Pugliese: Uno scienziato, oltre ad essere uno studioso ed un ricercatore, necessita di una buona dose di creatività per arrivare a risultati non consueti.
Storicamente le due figure coesistevano e spesso gli scienziati erano anche artisti e/o musicisti; non a caso la parola “tecnica” è una parola composta derivante dal greco “tékhne-logìa”, cioè letteralmente “trattato sistematico su un’arte”. L’arte e la scienza dialogano costantemente l’una con l’altra e si ispirano a vicenda supportate dal progresso tecnologico.
La figura del musicista inventore è una figura che ha segnato la storia della musica e ancor di più quella della musica elettronica. Con l’avvento dell’elettricità le possibilità strumentali sono aumentate esponenzialmente permettendo dapprima la progettazione delle prime macchine proto-elettroniche e infine di arrivare alla sintesi del suono, ma non solo; più in generale il compositore elettronico del secolo scorso ha dovuto necessariamente fare i conti con questioni tecniche fino ad allora inedite e confrontarsi con la liuteria elettronica, la matematica e l’informatica.
In quel contesto nasce una tradizione di compositori che necessitano dapprima di costruirsi dei nuovi strumenti, poi imparano ad usarli e successivamente compongono per essi.
Parallelamente nell’arte i nuovi mezzi tecnologici portano all’arte cinetica e programmata, alla video arte e così via. Io mi sento figlio di questa tipologia di approccio e tradizione.

Roberto Pugliese: Risonanti pressioni materiche, 2014, Ed. 2/3 – trombe acustiche in ceramica, plexiglas, composizione sonora, sistema di riproduzione audio, 60 x 60 x 35 cm.

 

Negli anni 60, la tecnologia è entrata a pieno titolo nel concetto di creazione e di opera d’arte, grazie anche a quella che Lea Vergine definì come “ultima avanguardia”: l’arte cinetica in generale, quella programmata più nel dettaglio.
Quanto pesa la programmazione sul risultato estetico e sonoro delle tue installazioni?

Roberto Pugliese: Ci sono molti livelli di approccio all’arte definita tecnologica. Uno di questi è quello di re-interpretare la tecnologia esistente dandogli un significato altro e ricontestualizzandolo secondo la propria sensibilità.
Altra storia è quella legata ad una progettualità profonda nella quale la necessità è quella di inventare mezzi tecnologici che non sono disponibili per arrivare a soluzioni estetiche e concettuali totalmente inedite. La programmazione è una parte attiva di questo processo ed io la ritengo indispensabile; senza di essa sarebbe per me impensabile riuscire a dare vita ai miei progetti sia dal punto di vista visivo che sonoro.
Realizzo autonomamente tutti i software delle mie installazioni, sia quelli che prevedono l’utilizzo della robotica o della cinetica, sia quelli che utilizzano sensori o dati prelevati da internet; anche tutti i suoni che utilizzo nelle mie composizioni sono prodotti grazie a dei software che realizzo ad hoc di volta in volta.
Solo in questo modo la mia ricerca può spingersi verso nuovi orizzonti e posso piegare la tecnologia a favore delle mie visioni e dei miei obiettivi.

 

Oggi assistiamo a una massiccia presenza di virtualità, di digitalizzazione, di automazione, di robotica, di software e hardware che, dalle sperimentazioni nei primi ambienti immersivi della metà del ‘900, ha portato l’interattività a livelli così alti da confondere e disorientare lo spettatore proprio sul concetto di arte che sta dietro l’operazione senso-percettiva.
Anche l’immediatezza con cui si instaura (o si rompe) la relazione fondante alla base della triade artista-opera-fruitore comporta il rischio di una perdita di consapevolezza.
Invece, nelle tue installazioni ambientali tutto è equilibrato, rapportato a misura umana.
Che ruolo ha l’uomo in uno scenario in cui vengono processate e amplificate le relazioni che egli stabilisce con l’ambiente circostante, sia esso naturale o artificiale?

Roberto Pugliese: L’equilibrio da te citato è quello a cui punto; in particolare credo sia fondamentale cercare un equilibrio tra tre fattori: l’estetica, il concetto e la tecnica.
Quando si manifesta quest’equilibrio, l’opera acquisisce diversi livelli di lettura ovvero la sua complessità si trasforma in semplicità di comprensione del suo messaggio.
Non ho mai creduto nel ruolo aristocratico della cultura.
Se l’arte è un’estrema necessità di comunicazione, allora è compito dell’artista rendere il suo messaggio più chiaro e coinvolgente possibile a prescindere dalla sua complessità.
Trovo estremamente facile il nascondersi dietro a “concetti profondi” o “ricami intellettuali” per nascondere la propria inadeguatezza comunicativa estetica o tecnica.
A mio avviso l’opera d’arte deve prima sedurre e poi successivamente far porre dei quesiti a chi ne fruisce, o quanto meno è questo il mio modus operandi.

Roberto Pugliese: Emergenze acustiche, 2013 – plexiglas, speakers, cavo audio, cavo metallico, computer, software, composizione audio, dimensioni ambientali.

 

Maggiori informazioni sul sito di Roberto Pugliese : www.robertopugliese.com

Alice Traforti

Founder e Redazione | Vicenza
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